SANITA’ E VERGOGNA. Le stecche e le tavole spinali piene di sangue e consegnate al personale 118 dai pronto soccorso. Rischi di gravi infezioni e tanta indignazione
23 Settembre 2024 - 19:39
Un’imbarazzante gestione della sanità, a Caserta e provincia in piena emergenza, si legge anche tramite vicende simili
CASERTA (g.g.) – Occupandoci spesso dei problemi, dell’emergenza sanitaria in provincia di Caserta e delle sue diverse ramificazioni, va da sé che chi ha qualcosa da segnalare, denunciare, qualcosa su cui discutere, trovi in CasertaCe una sorta di interlocutore naturale.
Questo giornale ne trova giovamento. Non tanto perché poi costruisce, dopo aver controllato, verificato 100 volte le informazioni ricevute, un articolo sui problemi della sanità, quando questa non fa (a dirla tutta, quasi mai) il suo dovere nei confronti dei cittadini-pazienti, ma perché noi, che su questo giornale scriviamo, impariamo sempre qualcosa di nuovo.
Mai, infatti, c’eravamo posti il problema dell’utilizzo, del trattamento, della manutenzione dei cosiddetti presidi sanitari. Se ci fermiamo alla definizione ordinaria, di scuola, per dirla alla Fantozzi, dicesi presidio sanitario, il discorso diventa ampio e anche un po’ dispersivo.
Se, invece, focalizziamo la nostra attenzione sui presidi sanitari cruciali, ossia quelli collegati all’emergenza, allora il discorso non diventa solo importante nel percorso di crescita del nostro bagaglio cognitivo, ma assume un significato quasi cruciale nel momento in cui accade che l’uso, il riuso e, per l’appunto, la manutenzione di questi dispositivi, può mettere anche seriamente a rischio la salute di quella parte del personale della sanità pubblica che li deve utilizzare a favore del paziente.
Abbiamo scoperto, infatti, che i problemi dei pronto soccorso casertani, a partire da quello dell’azienda ospedaliera, ma proseguendo anche con quegli degli ospedali ASL di Marcianise ed Aversa, incidono pesantemente sul rischio professionale.
Sappiamo bene che le barelle delle ambulanze 118 diventano, sciaguratamente e non sempre per colpa del personale che opera in un pronto soccorso, giaciglio, letto di attesa di un paziente. Per cui, il processo di restituzione dei presidi, spesso forniti da associazioni di volontariato, ossia di stecco band, tavole spinali, piccole e grandi, collare monouso, diventa lungo o comunque va al di là di un tempo funzionale alle necessità di chi nel territorio le va a soccorrere queste persone.
Ma questo non sarebbe nulla, visto e considerato che la stanzialità delle barelle, su cui il paziente rimane non visitato o solo superficialmente visitato da un medico per ore e ore, determina un deterioramento dei presidi che molto spesso si riempiono di sangue o altri fluidi biologici legati ad infezioni da trauma, specifiche su cui, anche per decenza, non è il caso di soffermarsi.
Il personale 118 riceve questi presidi sporchi e dunque dovrà occuparsi direttamente del loro lavaggio, della loro disinfezione, con il rischio di venirci a contatto diretto quando vengono consegnati, magari, in una busta di plastica e con tutte le conseguenze attinenti al rischio professionale che si immaginano.
Questo non è per niente giusto, non è serio, non è da Paese minimamente civilizzato.
Noi non vogliamo per forza seguire la vulgata del “qui è peggio che lì, là è peggio che qua”. Ma siamo curiosi di sapere come tali meccanismi vengono gestiti in Emilia, in Toscana o in Veneto, arrischiando la previsione che tali fenomeni si verifichino soprattutto in Campania e al sud, dove il senso civico e una politica, che colloca i soldi della spesa pubblica solamente con modalità che permettano di trasformarli in voti elettorali, in clientela, in bassa mangiatoia, sono assenti e casi simili avvengono costantemente, perché proprio l’emergenza sta ricevendo i colpi più duri proprio sulla mancanza di collocazione delle risorse da parte di chi la sanità dovrebbe gestire, ovvero le regioni, in primis la nostra