Schiaffi e parolacce contro il sacerdote. Violenza in una chiesa del Casertano

9 Giugno 2023 - 19:22

TEANO/CALVI RISORTA (Elio Zanni da teanoce.it) «Questo matrimonio non s’ha da fare – se non dopo aver risolto alcuni problemi per i quali lei, oggi, non può dirsi ancora veramente libera». Tutto è partito da una situazione più o meno come questa, di manzoniana memoria, la storia del rancore sfociato in violenza che una parrocchiana ha cominciato a nutrire nei confronti del suo parroco: don Fernando Russo.

Rancore che, proprio l’altro giorno, si è trasformato in violenza fisica. Così sono volati schiaffi, spintoni e parolacce sporche nei confronti del parroco che si è allontanato dalla scena, senza reagire; evitando il peggio.

Più noto come «prete coraggio», don Russo, di San Paolo Belsito era reduce da una manifestazione durante la quale era stato insignito del Premio Legalità città di Calvi Risorta, organizzato dal comitato locale capeggiato da Vito Taffuri in tandem con una nutrita delegazione di collaboratori della vicina Teano. Un riconoscimento pubblico, per il parroco un bel momento, distrutto però dal successivo, orribile, faccia a faccia con la donna che da mesi lo teneva nel mirino.

C’è stato un tempo in cui la parrocchiana sembrava aver inteso bene cosa fare per risolvere la vicenda e mettersi l’anello nuziale al dito, nel rispetto delle indicazioni di don Russo. Poi, la fretta di convolare a nozze e l’esteriorità di un secondo parroco che, non andando troppo per il sottile, le ha messo a disposizione un ben più veloce altare e don Ferdinando Russo si è guadagnato la fama di antipatico temporeggiatore.

 «La cosa più triste è che mi ha messo le mani addosso» ha dichiarato al telefono la vittima dell’aggressione più nota come «prete coraggio». Infatti, don Ferdinando ebbe il coraggio, è proprio il caso di dire, di abbandonare la processione in onore alla Madonna del Rosario quando il corteo osò autonomamente di fare tappa sotto il bancone di un noto malavitoso del posto.

Don Ferdinando Russo non sentiva certo il bisogno di vivere un altro incubo «anche se di tono minore», precisa lui stesso avendo alle già spalle: un agguato di camorra, tentativi di delegittimazione, minacce ai parrocchiani per isolarlo, decine di chiamata da parte dei carabinieri per non meglio precisate sommarie informazioni, una serie di lettere minatorie e un tentativo d’incendio dell’automobile. Tutto per non aver ceduto alla logica corruttiva, per non aver chiesto o accettato denaro e per essersi opposto all’inchino di camorra.

Nei suoi confronti, in queste ore, si sta levando un corso di solidarietà da parte di chi lo conosce bene mentre, avvinto da un velo di comprensibile sconforto dichiara: «Mi domando oggi più che mai quale debba essere il ruolo di un prete in una comunità». Non solo pe forze dell’Ordine, le Istituzioni pubbliche, ma anche i suoi stessi superiori, il porporato, a questo punto dovrebbero interessarsi al caso.