LE SCOMMESSE DEI CASALESI. Per il pentito Attilio Pellegrino era l’uomo che collegava il clan alle banche, condannata annullata in Cassazione per Angelo Bamundo

19 Febbraio 2021 - 17:55

CASAL DI PRINCIPE – Nella giornata di ieri, giovedì, la prima sezione della corte di Cassazione ha affrontato l’udienza per il processo a carico di Angelo Bamundo e Michele O’ Sceriff Fontana. Il processo di primo grado e poi in Appello ha seguito le orme dell’inchiesta denominata Zenit, che aveva portato all’arresto di membri del clan dei Casalesi, ritenuti responsabili di associazione mafiosa, estorsione, gestione illecita del gioco d’azzardo on line e raccolta illegale di scommesse su eventi sportivi.

Le indagini del Ros, condotte nei confronti di un’articolazione del clan riconducibile a Michele Zagaria, accertarono la gestione monopolistica, da parte del sodalizio, di sale giochi, centri scommesse e internet point in alcuni comuni del Casertano nonché l’imposizione e la distribuzione esclusiva di slot machines illecitamente modificate. Furono inoltre documentate numerose estorsioni in danno di imprese e attività commerciali e modalità di riciclaggio dei proventi attuate con il concorso di funzionari di banca compiacenti in favore di prestanome del sodalizio.

Bamundo, originario di San Marcellino, era stato condannato a 8 anni e 8 mesi di reclusione per partecipazione all’associazione di stampo mafioso e intestazione fittizia dei beni riconducibili alla fazione Zagaria. Una decisione di colpevolezza che la Cassazione ha ribaltato. Infatti, gli ermellini hanno annullato con rinvio ad altra corte d’Appello di Napoli, rispetto a quella che decise in secondo grado, la decisione per Bamundo. Niente da fare, invece, per Fontana.

La difesa dei legali di Bamundo, gli avvocati Marta Esposito e Giovanni Aricò, tra i vari motivi inseriti nel loro ricorso, hanno sottolineato come il grande accusatore del 60enne sammarcellinese, Attilio Pellegrino, il cassiere del clan, definisse il loro assistito come il “l’uomo che collegava il clan alle banche“, l’anello di congiunzione tra gli istituti finanziari e la criminalità, senza però uscire dal campo della genericità quando si trattava di definire cosa facesse Bamundo per i Casalesi.

Una sentenza, quella della Cassazione, che possiamo arrivare definire sorprendente, in considerazione del fatto che la pena ad 8 anni e 8 mesi in primo grado decisa dal giudice per l’udienza preliminare, era stata confermata anche in Appello in toto. Una sorpresa, la nostra, che si trasforma in soddisfazione per l’avvocato Esposito, difensore di Bamundo: “Il mio assistito ha passato un calvario – dichiara la legale -. Dal 2016 portiamo avanti una battaglia per dimostrare che il signor Angelo è estraneo ai fatti. Dopo 5 anni, una vittoria importantissima che ribalta ben due sentenze conformi. E’ un qualcosa di cui i giudici di Appello non potranno ignorare“.