STRAGE. 33mila bufale abbattute, allevatori distrutti, dall’Asl azioni sconcertanti. L’interrogazione di Giovanna Petrenga

20 Dicembre 2019 - 21:04

CASERTA – Le nostre battaglie e le nostre denunce, per lo più inascoltate, sulle modalità con cui fu sviluppata negli anni la produzione della preziosa mozzarella di bufala in provincia di Caserta, sono state tantissime.

Rimaniamo convinti ancora oggi che molta parte del latte di bufala, utilizzato dai caseifici titolari della produzione a marchio dop, non corrisponda ai requisiti, ai parametri previsti dal disciplinare da cui è scaturito il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta e che dunque esistono casi, mai repressi di frode commerciale.

Oggi torniamo ad occuparci della filiera bufalina, posizionandoci sempre dall’angolo visuale degli allevatori casertani. Di quegli stessi allevatori che hanno vissuto tempi difficili quando sono stati messi sotto scacco dai caseifici dei dop dove sfilavano, soprattutto di notte, tanti camion sospetti che magari trasportavano ottimo latte rumeno, vietnamita. Ottimo, ripetiamo, ma non certo il latte di prossimità così come è caratterizzato dalla disciplinare ministeriale, posto a garanzia del marchio di qualità.

All’interno delle stalle si è verificata ultimamente una vera e propria strage: ben 33mila capi di bufala italiana mediterranea sono stati abbattuti perché l’istituto zooprofilattico. La motivazione è sempre la stessa: sospetto d’infezione all’esito degli esami di laboratorio, esperiti dal citato istituto di zooprofilassi, che, insieme agli uffici della Regione Campania e dell’Asl di Caserta, chiude, inspiegabilmente o troppo spiegabilmente, la porta ad un serio, scientifico contraddittorio con periti di parte, naturalmente scelti dagli allevatori in elenchi ufficiali, costituiti da professionisti altamente qualificati.

Di fronte a queste cifre e di fronte al pericolo che il settore produttivo largamente più conosciuto e più remunerativo della provincia di Caserta (giro d’affari complessivo da 1.218 milioni di euro, di cui il 60% imputabile alla nostra provincia), si sono mossi i tre senatori di Fratelli d’Italia, la casertana Giovanna Petrenga, il salernitano Iannone, il capogruppo di FdI a palazzo Madama, Calandrini, e Ciriani i quali hanno presentato, nella giornata di ieri 19 dicembre una interrogazione al Ministro delle Risorse Agricole e della Salute, per ottenere risposte chiare su questa situazione che ha dell’incredibile.

Perché non solo la Regione e l’Asl bloccano la possibilità di un contraddittorio, ma ora anche il Ministero, attraverso un semplice parere, erogato dal direttore generale Silvio Borrello nell’aprile scorso si pone in contrasto con una direttiva dell’Unione Europea, la quale rende obbligatorio la presenza, qualora questa sia richiesta, di un rappresentante degli allevatori al momento delle verifiche.

Ma non finisce qui: l’istituto zooprofilattico, la Regione Campania e l’Asl di Caserta si rifiutano di adottare protocolli di analisi moderni e formalmente riconosciuti dall’UE.

Un esempio tra tutti: la tubercolosi bufalina. Si sa che determinati uccelli possono essere vettori di una tubercolosi non pericolosa né per gli animali, né per gli uomini. Per stabilire l’esistenza di questa forma innocua di patologia occorrerebbe adottare il test IDT Aviare, esattamente quello che non fanno le autorità sanitarie negli allevamenti della provincia di Caserta. E allora, è lecito domandare e se lo domanda la senatrice Giovanna Petrenga e gli altri interroganti, quante bufale sono state abbattute inutilmente, senza che potessero costituire un pericolo per la propria salute e, men che meno, per la salute umana? Probabilmente, tantissime.

Sul fronte brucellosi essendo arrivata ad un tasso del 10% la Regione Campania con delibera di Giunta n. 207/2019 ha inibito l’applicazione del regolamento CE 1226/2002 che prevede un accertamento suppletivo che è proprio lo stesso citato test IDT Aviare. Al contrario nelle stalle casertane avviene un controllo che può determinare tantissime diagnosi di “falsi positivi” perché viene utilizzato un test registrato per i bovini, che non è validato invece per l’applicazione sul bufalo mediterraneo, ovvero il test ?_interferone.

La speranza è che i ministri del Governo chiariscano al più presto i motivi di quello che si può definire un vero e proprio ostruzionismo nei confronti degli allevatori, i quali non chiedono, per carità di mungere latte da bufale infette, facendo, a riguardo, sentire la propria voce affinché riprendano le vaccinazioni antibrucellosi, applicate fino al 2013, ma domandano solo di partecipare, come parte interessata, a rischio disastro economico e fallimento con un proprio perito in contraddittorio con quelli dell’istituto zooprofilattico e dell’Asl.

Per concludere, avete mai sentito parlare di un esame autoptico, cioè di un’autopsia fatta solamente alla presenza del perito del pubblico ministero o di quello della presunta parte lesa? Mai. Per essere valido occorre che siano presenti anche i periti di chi è indagato per una morte sospetta.

Cercheremo di capire meglio questa storia, perché conoscendo gli omini dell’Asl, ci dev’essere qualcosa che al momento ci sfugge, per giustificare questa chiusura, arrivata al punto da indurre un direttore generale di un Ministero a bloccare l’equa applicazione di una direttiva comunitaria.

LEGGI IL TESTO INTEGRALE DELL’INTERROGAZIONE