Una vera fabbrica di soldi targata clan dei casalesi. Tra versamenti fittizi di prestanome, aumenti di capitale farlocchi e contratti d’oro da dipendente, ecco come Nicola Schiavone monaciello ha costruito il suo impero economico

14 Luglio 2022 - 20:55

Continuiamo ed elaboriamo ulteriormente la questione dell’organizzazione, ovviamente criminale, attraverso cui il parente e amico per la pelle di Francesco Schiavone Sandokan ha controllato decine di imprese, centinaia di milioni di euro di appalti facendo ritornare nelle sue tasche i quattrini attraverso improbabilissimi contratti di lavoro in cui poi lui da direttore generale della TEC, risultava dipendente di un’azienda controllata da Luca Caporaso e Carmelo Caldieri, cioè due signori nessuno totalmente sotto il controllo di questo abile affarista 

 

 

CASAL DI PRINCIPE – (g.g.) Nel precedente articolo, da noi dedicato a questo lungo approfondimento della piuttosto complessa ordinanza sui fratelli Nicola e Vincenzo Schiavone, divenuti ricchissimi e in grado di fare man bassa di appalti pubblici, portando dentro a quel sistema che coinvolge direttamente lo stato, il loro retroterra di uomini  vicinissimi alla vita e alle attività di Francesco Schiavone Sandokan e di suo fratello Walter Schiavone, fondatori del clan dei casalesi, abbiamo cominciato ad affrontare il tema della messa a punto di una mappa, di una complicatissima mappa delle società messe in opera da Schiavone attraverso un sistema veloce ed efficiente grazie al quale un vero plotoncino di prestanomi mettevano a disposizione le proprie firme e la propria opera in nome e per conto dei due fratelli, i quali, dai tempi dell’inchiesta Spartacus, avevano sfilato le loro carte d’identità dalle dirette partecipazioni societarie.

E nel primo articolo abbiamo anche fatto cenno ad un meccanismo che metteva insieme l’esigenza dei due Schiavone di monetizzare, di intascare sotto mentite spoglie, quelli che erano proventi aziendali a tutti gli effetti, con quella conseguente di un drastico abbassamento della parte attiva dei bilanci, con una ricaduta ovviamente molto positiva sulla determinazione degli importi riguardanti gli utili d’impresa, Ires e Irap prima di tutto.

Oggi facciamo un esempio concreto, più dettagliato. Nicola Schiavone monaciello, dopo essere entrato attraverso i suoi due prestanome Luca Caporaso e Carmelo Caldieri, uno assunto come direttore tecnico, l’altro nella veste di procuratore speciale institore, ciò accadeva nel 2013, della TEC ha acquisito definitivamente il controllo nel 2015, quando i due soci iniziali Antonio De Simone e Raffaele Nappo Geremia hanno ceduto le loro quote rispettivamente a Luca Caporaso e a Carmelo Caldieri.

Caporaso ha comprato, ovviamente sulla carta, l’80% delle quote per un importo di 24mila euro. Sulla carta perchè sapete com’è stata effettuata l’operazione? Emettendo un assegno postale dal suo conto pari a 6mila euro pari a quarto del prezzo delle quote acquistate. Lo stesso giorno, quindi non 24 ore dopo, ma lo stesso giorno, a scanso di equivoci, Caporaso, mano a dirlo incassa esattamente 6mila euro, cifra tratta dallo stesso conto corrente della società e indirizzata sul conto corrente personale di Caporaso.

Secondo la Dda si tratta di un acquisto simulato, finanziato da terzi, che poi i terzi sono i fratelli schiavone. Stesso discorso pressappoco per il 20% residuo che vale 6mila euro e che Raffaele Geremia Nappo cede a Carmelo Caldieri. Anzi, in questo caso, risulta un versamento ugualmente di un quarto della quota, cioè 1.500 euro da parte dell’acquirente Caldieri.

Nel giugno 2017 la TEC viene attraversata da un improvviso benessere e delibera un aumento del capitale sociale che passa da 30mila euro a 135mila euro. Dunque un aumento di 105mila euro. In questo caso, la “carta” è ancora più carta della precedente carta, l’aumento di capitale, infatti è sottoscritto interamente da Carmelo Caldieri ma, osserva il gip che fa propria una narrazione della Dda non c’è traccia di questa somma, nè su conti correnti di Caldieri, nè sui conti correnti intestati alla TEC.

In poche parole dal conto di Caldieri non sono mai partiti 105 mila euro, anzi non è partito nemmeno un euro in direzione del conto della TEC.

Ora, è vero che un articolo di giornale è cosa ben diversa dalla costituzione di una prova all’interno di un processo, ma in questo caso siamo contenti di essere giornalisti, perchè per noi, al di là di quelli che saranno poi gli esiti giudiziari, Caldieri e Caporaso sono dei prestanomi mentre Nicola Schiavone senior e il fratello Vincenzo erano gli effettivi controllori, proprietari della TEC.

Padroni, ma anche dipendenti. Ed ecco il giochino che fa bene alle tasche di Nicola Schiavone e alla struttura del bilancio della TEC. Monaciello risulta assunto come dipendente della TEC, ruolo dirigente. Presumibilmente direttore generale. Presumibilmente perchè nell’ordinanza non è specificato ma si deduce facilmente dal passaggio in cui vengono illustrati alcuni contenuti del contratto di lavoro firmato da Nicola Schiavone senior.

Il direttore generale è legato da un contratto per lavoro a tempo pieno e si impegna a non assumere determinazioni a favore di aziende concorrenti. Il che non significa un tubo e rende verosimile l’ipotesi che questa cosa sia stata scritta in modo da lasciare ampio margine di manovra a Nicola schiavone senior in altre attività professionali. Da un contratto di lavoratore dipendente, seppur negli organici dirigenziali, è fondato proprio sulla esclusività dell’impegno professionale.

Una condizione che emerge chiaramente dai contenuti del contratto nazionale di lavoro a cui viene agganciata l’assunzione farlocca di monaciello. Carta di credito aziendale utilizzabile per viaggi, alberghi, pranzi, cene legate ad attività societarie, ma non solo, Nicola Schiavone è autorizzato anche all’utilizzo delle carte di credito anche per spese personali, con l’unica clausola che questi importi andranno recuperati e compensati.

Giusto per gradire, anche un bel rimborso spese mensili, ovviamente riguardanti spese di rappresentanza, ovviamente con presentazione di giustificativi in limiti ragionevoli, che sono tutte cose che avrebbero un senso se il presunto dipendente Nicola Schiavone senior non fosse anche e soprattutto il dominus e il proprietario reale della stessa TEC.

Fin qui lo stralcio di oggi. Da domani entreremo sperabilmente in maniera sintetica nella carrellata delle varie società che hanno svolto funzioni imprenditoriali significative nel raccattare appalti lucrosissimi consentendo poi attraverso questo meccanismo delle assunzioni, delle consulenze, eccetera, ai due Schiavone, alle loro mogli, alle loro famiglie di far passare gli utili, frutto di quegli appalti di Rfi, per emolumenti corrisposti a dipendenti a dir poco improbabili.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA