ESCLUSIVA. VERGOGNE CASERTANE. Da 22 anni il Consorzio Idrico è fuorilegge anche nelle modifiche dei suoi statuti. Il peccato originale dei prefettizi e quello che non può succedere martedì 16 febbraio

9 Febbraio 2021 - 18:23

Ci siamo sciroppati le solite due ore e mezza di ricerche storico-documentali per venire a capo di una vicenda incresciosa che però fa ben capire quale sia stato il livello operativo delle istituzioni casertane, a partire dalla Prefettura, rispetto alle quali la politica poi ha fatto letteralmente man bassa. IN CALCE TUTTI I DOCUMENTI

CASERTA (g.g.) – Ma figuriamoci se con tutto quello che hanno combinato questi del Consorzio Idrico, ora si fanno impaurire da un problema a nostro avviso molto grave, causato ovviamente dai “soliti prefettizi” che, a voler essere generosi, si dimostrarono quantomeno, correva l’anno 1998, incapaci di svolgere il proprio lavoro.

Però, a pensarci bene anche Al Capone fu fregato da un’accusa per un’evasione fiscale dalla quale non riuscì più a disincagliarsi. E allora, soprattutto perché a noi piace e siamo appassionati della pratica del districarsi in queste cose noi procediamo e sappiamo che a al Di Biasio, al rubizzo Palmieri, a quel Iovinella da Sant’Arpino o a quel Vitaliano Ferrara da Sparanise queste cose non faranno nemmeno il solletico, anche perché non crediamo siano in grado di comprenderle, men che meno sono interessati ad assimilarle facendone buon pro.

Martedì prossimo, 16 febbraio, nella sede del Consorzio Idrico, che si trova a pochi metri dalla nostra (attenzione

Di Biasio e co., potremmo controllarvi appostati dove mai immaginate) si svolgerà un’assemblea. All’ordine del giorno (lo pubblichiamo in calce all’articolo assieme ad altri fondamentali documenti) c’è l’ennesima modifica dello statuto. Noi non sappiamo quale altra diavoleria vorranno realizzare gli appena citati, ma se modificano uno statuto che è stato già cambiato dalle stesse persone poco più di due anni fa, cioè nel gennaio 2019, non si deve trattare di un qualcosa di tranquillo ma del solito film a luci rosse. Toccare uno statuto dopo due anni, infatti, è un atto senza precedenti, perché fino ad oggi, ciò che è stato approvato per la prima volta nel 1998 da una sgangheratissima commissione speciale prefettizia, viene modificato nel 2009, cioè undici anni dopo, poi cinque anni dopo, precisamente nel 2014, e nel gennaio 2019, con una progressione di quattro anni.

Nella modifica statutaria di due anni fa, la formula di rito che incardinava la procedura ad una norma, richiamava l’articolo 31 del Testo unico sugli enti locali. Ovviamente, arronzoni come sono questi qua, mancava ogni altro riferimento specifico. Per cui, riteniamo che il richiamo riguardasse l’intero articolo del Tuel e non uno o più dei suoi commi.

L’articolo 31 del Tuel, fotocopia della legge-Gava

Affermiamo, l’intero articolo del Tuel, riferendoci alla reiterazione del modello costitutivo del consorzio tra i comuni. Per la precisione, l’articolo 1 dello Statuto del Consorzio oggi vigente, recitava e recita: “Tra i Comuni di cui all’allegato “A” del presente Statuto e la Provincia di Caserta, è costituito ai sensi dell’art. 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n° 267 (T.U.E.L.), un Consorzio per la gestione del servizio idrico integrato“.

Il riferimento all’articolo 31 è comparso per la prima volta nello statuto in occasione della sua prima modifica, datata 2009, visto e considerato che nel 1998, anno in cui il Consorzio è stato realmente costituito, l’articolo 31 non esisteva, perché ancora non esisteva il Tuel, approvato dal governo su delega del Parlamento il 1° agosto del 2000, decreto legislativo n°267.

Tanto è vero che l’articolo 1 dello statuto 1998 incardinava la costituzione del Consorzio Idrico alla famosa legge di riforma delle autonomie locali: la legge 142 del 1990, nota anche come legge Gava, dal nome di Antonio Gava, ministro degli Affari Interni: “(Il Consorzio Idrico) è costituito, per trasformazione, ai sensi dell’articolo 25 della legge 142 dell’8 giugno 1990“.

E’ indovinate qual era il contenuto testuale dell’articolo 25 del 1990? Esattamente il medesimo dell’articolo 31 del Tuel. Un acronimo che se significa Testo unico relativo alle leggi sugli enti locali ci sarà stato anche un perché, visto che si trattava di un’operazione di riordino e razionalizzazione di tutto ciò che fino ad allora era stato sparso in ogni dove intorno alle questioni relative agli ordinamenti e alle funzioni delle amministrazioni provinciali, dei comuni e degli enti derivati come i consorzi.

Il “quadro d’autore” dei quattro prefettizi

E qui ci dobbiamo fermare un attimo, perché va spiegato il capolavoro (si fa per dire) compiuto dai prefettizi del 1998. Questi, precisamente i tre commissari straordinari cioè Giuseppe Urbano, Vincenzo D’Errico, Vincenzo Panico e il direttore generale Domenico Libertino, da un lato costituiscono il Consorzio Idrico di Terra di Lavoro ai sensi della legge 142 del 1990, quindi collegando chiaramente e incontestabilmente la solenne fase iniziale, cioè la stipula di una Convenzione tra i comuni aderenti e l’approvazione contestuale, ma conseguente, dello Statuto, all’intervento deliberativo di ogni consiglio dei comuni aderenti, dallo stesso lato ancora rafforzano questo principio, estendendolo anche alle modifiche statutarie, come si legge nell’articolo 9 della citata convenzione (“tra le materie di competenza dei consigli comunali ci sono le modifiche allo statuto“). Dall’altro lato, dopo aver fornito allo statuto una delega vincolata all’intervento di ogni singolo consiglio comunale sulle modifiche, affinché fossero descritte le modalità di questa procedura, i quattro sopracitati, vanno a violare, perché non c’è dubbio, la violano senza se e senza ma, la delega vincolata che stesso loro, incredibilmente, avevano messo nero su bianco nell’articolo 9, comma 1, lettera e, che perentoriamente definiva come materia modificabile solo con l’intervento dei consigli comunali quella relativa alle modifiche statutarie.

Dunque, l’articolo 9 dello statuto da cui nasce tutto questo imbroglio è un’autentica follia. Così, infatti, recita: “Le modificazioni allo Statuto sono approvate da parte dell’assemblea consorziale a maggioranza assoluta di voti, calcolati in base alla quota di partecipazione di tutti i comuni consorziati“.

Avete letto bene cosa hanno combinato 22, quasi 23, anni fa i prefettizi? Nella convenzione hanno scritto una cosa, nello statuto l’esatto contrario. E non l’hanno scritto marcando a letterd i fuoco le materie per le quali sarebbe stato necessario l’intervento dei consigli comunali, ma a tutto ciò hanno dato riscontro declinando dettagliatamente le materie definibili e regolabili da interventi dell’assemblea consortile. Lo stesso articolo 9 della convenzione, al comma 3 così dice, allineandosi, com’era dovuto, al contenuto letterale della legge 142/90, articolo 25, stavolta comma 5: “sono riservati all’approvazione dell’assemblea le delibere concernenti i seguenti atti […]”. E come potrete vedere nel link in basso, all’assemblea non viene affidato nessun diritto di modifica allo statuto del Consorzio Idrico.

Quello che lo Statuto può fare e quello che non può fare

E rispetto a una possibile obiezione sul non assorbimento dell’articolo 31 del Tuel di questa specifica formulazione, diciamo già da adesso che non questa non conta un fico secco, perché nella Convenzione costitutiva sono stabiliti norme e principi che non possono essere contrastati, modificati o addirittura ribaltati da alcuno statuto senza che vi sia un procedimento di modifica della convenzione. Circostanza che nella storia del Citl non si è mai avverata.

E se poi qualcuno dovesse ulteriormente tentare la strada della confutazione, affermando che la riga specifica dell’articolo 9 che rimanda allo statuto le “modalità di approvazione dei suddetti atti da parte dei comuni consorziati” rappresenterebbe la motivazione di questo stravolgimento, vuol dire che non sa leggere. Perché nella stesura convenzionale viene stabilito con precisione il perimetro dettagliato dell’area regolatoria entro la quale lo statuto si potrà muovere. Non c’è dubbio, dunque, che le modifiche statutarie debbano essere approvate dai consigli comunali. Questo prevede la Convenzione che ha un nome che parla da se, che vale come costituzione e che ovviamente, sicuramente, scontatamente, pacificamente ha una prevalenza rispetto ad uno statuto che non può essere difforme dalla stessa.

Errare è umano, perseverare è diabolico

Uno strafalcione che ha reso in pratica inservibile, almeno per quel che riguarda il “nostro” Consorzio Idrico, il parere dato dal ministero nel 2003 e che rispondeva ad un preciso quesito proprio relativo alla potestà delle assemblea consortili o dei singoli consigli dei comuni consorziati, che pubblichiamo in calce assieme agli altri documenti.

Un errore quello compiuto nel 1998 dai prefettizi, che pesa ancora oggi. Perché non c’è stato uno dei mangiapane a tradimento, tra i politici, i dipendenti e i dirigenti, cioè tra tutti coloro che, in questi anni, si sono fatti una pancia così, con i soldi del Consorzio, riducendolo praticamente in mutande, ad essersi accorto di questa incredibile contraddizione che poteva essere sanata in un sol modo: omogeneizzando lo Statuto all’Atto Costitutivo. Non a caso oggi si polemizza e si discute di modifiche statutarie e non della convenzione costitutiva. Non se n’è accorto nemmeno uno di questi mangiafranchi a tradimento perché l’errore dell’articolo 9 dello statuto è stato confermato nella modifica del 2009, in quella del 2014 e in quella del 2018.

Ma qui dobbiamo tornare al punto di partenza. Nel 2009, con conferma nelle due successive e già citate modifiche, non si fa riferimento più (ovviamente) alla legge 142/90 ma all’articolo 31 del Tuel, a tutto l’articolo 31. Il quale contiene il riferimento che ispirò la convenzione costitutiva del Consorzio Idrico. E se quella convenzione stabiliva che le modifiche statutarie dovevano essere attuate da ognuno dei consigli comunali degli enti consorziati, il fatto che si sia sbagliato nella modifica statutaria del 2009, del 2014, in quella del 2018, che hanno reiterato il gravissimo errore compiuto nella relazione tra convenzione e statuto iniziale del 1998, non vuol dire che bisogna sbagliare anche martedì prossimo.

A nostro avviso, dunque (poi vedremo se sarà necessario e opportuno compulsare 2/3 avvocati amministrativisti di valore per un eventuale ricorso al Tar sulla delibera di approvazione dell’ordine del giorno), l’assemblea del 16 febbraio non potrà procedere ad una modifica statutaria per il semplice motivo che questa procedura è tassativamente esclusa in due diversi punti dell’articolo 9 della convenzione costitutiva, al comma 1 che specifica i comuni come soggetti che si occupano delle modifiche statutarie e al comma 3, nel momento in cui la Convenzione chiarisce cosa l’assemblea può fare.

 

CLICCA PER LEGGERE L’ARTICOLO DELLA CONVENZIONE COSTITUTIVA DEL CONSORZIO IDRICO (PAG 28) E L’ARTICOLO DELLO STATUTO DEL 1998 (PAG.9)

E CLICCA QUI PER LEGGERE IL PARERE DEL MINISTERO DATATO 2003 E L’ORDINE DEL GIORNO DELL’ASSEMBLEA DI MARTEDI’ 16 FEBBRAIO