IL PENTITO. Antonio Iovine ‘o ninno: “Vi spiego come funzionavano gli appalti e i rapporti con i politici e gli imprenditori”

27 Maggio 2021 - 12:48

Nelle motivazioni rese pubbliche dalla Corte di appello, della sentenza che ha ribaltato il verdetto di primo grado a carico dell’ex consigliere regionale ed ex sindaco di Villa Literno Enrico Fabozzi, dei due Mastrominico e di altri, è inserita una lunga e, a nostro avviso, molto interessante deposizione che il boss di San Cipriano ha reso durante il processo napoletano di secondo grado

 

SAN CIPRIANO D’AVERSA – La Corte di Appello di Napoli deve aver preso, in tutta evidenza, molto seriamente ciò che il collaboratore di giustizia ed ex super boss del clan dei casalesi Antonio Iovine detto ‘o ninno, ha dichiarato in sede di processo di secondo grado nei confronti dell’ex consigliere regionale nonchè sindaco di Villa Literno Enrico Fabozzi, dei due imprenditori Pasquale e Giuseppe Mastrominico, dei Caiazzo e compagnia….nota.

Anche se non le ha considerate sufficienti o meglio sufficientemente riscontrate o argomentate in alcune delle sue parti, il fatto che abbia pubblicato per intera quella testimonianza che occupa ben 9 pagine del documento che illustra le motivazioni di una sentenza totalmente assolutoria per gli imputati che dunque si sono visti ribaltare il verdetto delle due condanne di primo grado, significa anche in qualche modo esporsi al confronto che ci sarà di qui a qualche mese, tra le tesi che la Procura generale esporrà nel ricorso in Corte di Cassazione che sicuramente ha già presentato o si appresta a presentare e quelle esposte dal collegio della corte di appello che questa sentenza e le sue motivazioni ha scritto.

In attesa di affrontare, diciamo tra un paio di puntate, il discorso con il quale i giudici dell’Appello hanno dato motivazione giuridica al loro verdetto, in attesa di capire perchè le 9 pagine di Iovine non sono state considerate un mezzo di prova e di riscontro sufficienti, partiamo dall’inizio in modo da potervi illustrare sinteticamente ciò che il boss di San Cipriano ha raccontato in tempi recenti sugli appalti e sulle relazioni politico-camorristico-imprenditoriale che anche a suo dire erano fortemente radicati sulla piazza di Villa Literno.

Vi diciamo sin da ora che lo stralcio che esaminiamo oggi, lo proponiamo, come sempre, nella sua versione integrale in calce all’articolo, quale suo documento, perchè riteniamo che l’approccio tipico dello storico non possa prescindere da una profilazione anche mediamente commentata degli eventi, il profilo storico per l’appunto, e dalla presenza di un altro libro, che è quello dei documenti. Insomma, “documenti e profilo storico”.

Antonio Iovine conferma dei presupposti già esposti in passato. Considera i fratelli Mastrominico una sorta di propaggine dei propri interessi. Non è che stesse lì ogni ogni minuto a fargli le pulci in relazione agli appalti a loro aggiudicati. Però sulle cose importanti, racconta Iovine, i Mastrominico si consultarono con lui. Ciò viene in pratica confermato dalle testimonianze di un altro imprenditore, quel Giovanni Malinconico, il quale deduce dalla frase minacciosa dettagli da uno die Mastrominico fuori dal comune di Villa Literno (CLIKKA QUI E LEGGI IL PASSAGGIO), che questi si facevano, come si suol dire spalle forti del loro rapporto con Antonio Iovine che però va anche detto, nel momento in cui questi fu arrestato, e anche un pò prima quando i Mastrominico non erano soddisfattissimi di come andassero le cose in questa relazione, chiesero asilo al gruppo di Nicola Schiavone.

Tra le altre cose, Antonio Iovine aveva costruito con Giovanni Malinconico un rapporto forse addirittura più intenso che avrebbe trovato l’unico momento di tensione, quando l’imprenditore non comunicò ad Antonio Iovine di aver vinto una importante gara d’appalto nella zona di Piedimonte Matese, cioè nell’area di cui Malinconico è nativo essendo lui residente ad Ailano, cioè nell’area del medio Volturno confinante con il Molise e la provincia di Isernia.

Per Iovine il rapporto con Malinconico era importante. e lui spiega bene il perchè: non essendo nato, non essendo residente in agro aversano e possedendo delle indubbie competenze relativamente ai procedimenti amministrativi riguardanti gli appalti pubblici, il capoclan lo vedeva come una carta importante per entrare nella partita di lucrosi appalti in aree in cui Malinconico, da ingegnere matesino, poteva presentarsi senza generare grandi sospetti.

O ninno declina anche una breve biografia dei rapporti tra Malinconico e il clan dei casalesi. Da questo racconto si capisce che quello per Antonio Iovine fu, per l’estroso imprenditore, tutt’altro che il primo amore. In principio, infatti, Malinconico si collegò al gruppo Bidognetti attraverso Pasquale Apicella. Ed era con Apicella che si orientava nelle aree in cui c’erano appalti importanti da prendere. Quando poi Pasquale Apicella fu arrestato e il gruppo Bidognetti sembrò in seria difficoltà, Malinconico avrebbe cercato e trovato un contatto con Antonio Iovine che avrebbe utilizzato, come interfaccia sua, visto e considerato che in quegli anni era latitante, la figura di Ernesto De Luca, il quale si interfacciava con Giovanni Malinconico, a partire dagli importanti lavori che questi aveva acquisito nei cantieri dell’alta Velocità.

Iovine entra nel merito dell’appalto più importante trattato in questo processo: il famoso piano di riqualificazione di Villa Literno su cui ci siamo soffermati, spiegando bene di cosa si trattasse, in un recentissimo articolo (CLIKKA QUI PER LEGGERE). Al riguardo afferma che i Mastrominico che in quell’affare erano entrati e che però aggiungiamo noi, secondo Giovanni Malinconico avevano dovuto mordere il freno (di qui la loro incazzatura di cui sopra) non avendo ottenuto dallo stesso Malinconico la condivisione del ruolo di capofila dell’Ati aggiudicataria dell’appalto e dunque si erano dovuti accontentare solo di due dei 7, 8 cantieri aperti, precisamente quelli di via delle Dune e via San Sossio.

Comunque, Iovine afferma che i Mastrominico consegnarono la somma della maxi tangente di 600mila euro a Nicola Schiavone che procedette alla sua ripartizione che, ribadiamo anche in questo articolo: 300mila euro al gruppo di Bidognetti che ricordiamo era egemone nell’area di Villa Literno dopo aver vinto sostanzialmente la guerra che molti morti seminò, con lo storico gruppo locale dei Tavoletta. Gli altri 300mila euro sarebbero stati ripartiti tra i Casalesi, quindi tra Nicola Schiavone e Antonio Iovine e tra i politici, cioè Enrico Fabozzi e Nicola Ferraro, al tempo consigliere regionale e protagonista dell’assegnazione, quale ristoro delle ecoballe, di 13 milioni di euro dati dalla Regione al comune di Villa Literno per il piano di riqualificazione.

Alla divisione della torta aveva partecipato anche Michele Zagaria, dato che i lavori si sarebbero avvalsi della fornitura in esclusiva di calcestruzzo da parte di CLS.

Il resto lo leggete nello stralcio in calce e intanto cogliamo l’occasione per darvi l’appuntamento alla prossima puntata che scriveremo presumibilmente, a meno di problemi di forza maggiore, nella mattinata di domani, venerdì.

 

QUI SOTTO LE DICHIARAZIONI DI ANTONIO IOVINE