GUARDA IL VIDEO E LE FOTO. AVERSA è diventata una barzelletta: un consigliere indossa la fascia tricolore al concorso delle miss di Rosaria Miale. Fellini aiutaci tu

13 Settembre 2021 - 19:03

AVERSA (g.g.) – Se uno decide di indossare, durante un concorso di miss, la fascia tricolore, estensione plastica e solennemente istituzionale, della città di cui si è rapprentanti, mettendosi in posa com’è mostrato nella foto in alto in evidenza, non si può lasciare la cosa appesa senza formulare qualche breve riflessione. La fascia in questione l’ha indossata Mariano Scuotri, consigliere comunale della città di Aversa, il quale non può non essere da noi gratificato, inserendolo, seppure in ritardo, nella galleria dei personaggi cosiddetti felliniani.

Perché, diciamocela tutta, guardando la faccia vagamente soddisfatta, che incornicia uno sguardo felino e un ghigno solo apparentemente enigmatico, ma un po’ famelico, Scuotri riscatta, a quasi 60 anni dall’uscita del capolavoro del regista riminese, la mitica figura di Teo, lo zio matto che in Amarcord sortiva improvvisamente dalla cima del frondoso albero sul quale si era rifugiato nella campagna romagnola, emettendo l’immancabile e disperato grido “voglio una donna”, prima di riscomparire tra le fronde di quella mastodontica pianta.

L’avrebbe dovuto sapere il meraviglioso Teo, uno dei personaggi della fantastica galleria onirico-grottesta di Fellini, che per avere una donna sarebbe bastato fare il consigliere comunale.

Non ce ne voglia Mariano Scuotri se l’abbiamo collegato ad un universo felliniano di antropologia surreale. Ma è la prima volta che vediamo un politico, un componente di un comune, peraltro importante come quello di Aversa, indossare la fascia tricolore con la quale riassume in se la città, l’amministrazione comunale e anche il consiglio, durante un concorso di bellezza, in una serata di miss più o meno autoctone.

Non è che dobbiamo interpellare il maestro delle cerimonie del Quirinale o il cerimoniere del Vaticano, o quelli dei comuni più grandi d’Italia, d’Europa e del Mondo per apprendere che la fascia tricolore è utilizzabile solo e solamente durante eventi ufficiali. Chessò, la commemorazione di tutti i caduti nelle guerre, il 25 aprile, ovviamente il 2 giugno, festa della Repubblica o anche il 4 novembre, oggi emendata quale festa delle forze armate, una volta giornata dedicata alla celebrazione dell’unica vittoria riportata dal nostro Paese in conflitti bellici, ad epilogo della prima guerra mondiale, o durante qualche ricorrenza religiosa. Abbiamo scritto in qualche, non in tutte. Solo in quelle in cui la ricorrenza si collega, direttamente o indirettamente, all’identità della” città civile e laica”.

L’esempio palmare è quello delle feste patronali le cui processioni, almeno quando queste in epoca pre-covid si facevano, vedevano il sindaco o un suo rappresentante, schierati in prima fila con fascia tricolore d’ordinanza. E’ chiaro che anche uno Stato laico non può non assorbire la devozione ampiamente diffusa che una comunità civile esprime nei confronti del suo Patrono. Dunque quella fascia tricolore è la sanzione ufficiale e protocollare di questo trait-d’union.

Un tempo, oltre alla festa patronale, per la quale, tra le altre cose, i Comuni decretano la chiusura di ogni attività come se fosse domenica o un festivo di calendario in rosso, i sindaci indossavano la fascia anche durante la processione del Corpus Domini. E anche questo aveva un senso, perché si tratta della ricorrenza cristiana in cui le comunità erano direttamente, laboriosamente, entusiasticamente impegnate nell’iniettare bellezza, attraverso composizioni floreali geometricamente definite, e spesso per davvero splendide, alle strade di un borgo o a quelle di un pezzo di città. La saldatura tra motivazione spirituale e rappresentanza secolare era ed è facilmente comprensibile.

In nessun cerimoniale è scritto che un rappresentante di un’amministrazione comunale, cioè il sindaco o chi per esso, indossi la fascia rallegrandola al cospetto di gambe lunghe ed affusolate, di seni prosperosi e di costumini mozzafiato. In queste occasioni, il rappresentante del popolo può tranquillamente accogliere l’invito ricevuto e può tranquillamente essere presente in quanto sindaco, in quanto consigliere comunale, in quanto assessore, insomma non a titolo personale. Però, la fascia è la comunità e non la semplice persona anche quanto questa presenzia in quanto titolare di una carica istituzionale. E anche qui dobbiamo spiegare qual è la differenza: un sindaco o un suo rappresenante in carne ed ossa, partecipano ad un evento ludico testimoniando il consenso, il sostegno a chi organizza cose grazie alle quali la popolazione può godere di uno spettacolo, di una proposta culturale, ecc. Il perimetro si chiude lì. La fascia tricolore, invece, è qualcosa in pù, anzi molto di più,  perché esprime ufficialmente la frazione, oggi in epoca digitale, si direbbe il pixel, che ognuno degli ottomila e passa comuni italiani espone in quanto quota parte dello Stato e della Nazione. Perciò, quella fascia tricolore non rappresenta solo il comune, che, non a caso possiede un suo vessillo un suo gonfalone, i suoi colori, ma rappresenta, ecco perché è tricolore, lo Stato, l’Italia, attraverso una delle sue componenti territoriali che danno corpo al mosaico complessivo.

Ha visto consigliere Scuotri quante righe abbiamo dedicato alla spiegazione del nostro punto di vista in modo che lei si renda conto (in termini giuridici si parla di continenza) che lo scherzoso riferimento all’onirico felliniano non rappresenta una volontà di percularla, per carità, non ci permetteremmo mai.

Insomma, se dobbiamo trovare una ragione per cui lei ha deciso di indossare quella fascia ma soprattutto per cui questo sgangheratissimo sindaco di Aversa, che ogni giorno si mostra sempre più sprovveduto, banale, imbarazzante nella sua non conoscenza anche di fatti semplici, elementari come quelli relativi al cerimoniale che regola l’utilizzo di una fascia tricolore, l’ha concessa a Mariano Scuotri per rappresentare la città di Aversa e in quota parte la Repubblica Italiana, al cospetto di persone, per carità, rispettabilissime, ma che di professione non fanno il Prefetto, il Vescovo, il comandante dei Carabinieri, il soldato in missione di guerra, la crocerossina. Sicuramente la signora Rosaria Miale, superpromotrice dell’evento, di cui piacevolmente esibiamo in calce a questo articolo un kit di belle e significative foto, merita tutta la considerazione per le iniziative che realizza. Ma quella fascia, onestamente, ci è sembrata molto esagerata. Anzi, assolutamente scorretta, nel senso letterale di questo termine, da un punto di vista della sua utilizzabilità protocollare e istituzionale.

La fascia tricolore come ha commentato nelle ultime ore qualche aversano, nel social Facebook, non è un semplice drappo, ma un emblema, riteniamo di averlo spiegato bene il perché, altamente significante e significativo.

E allora, Mariano Scuotri e Alfonso Golia, possono essere giustificati e, perché no, anche perdonati, solo collegando le loro persone, ma soprattutto il modo con cui queste si manifestano le funzioni ricoperte, ad una considerazione che non può appartenere al reale, alla fredda applicazione di norme, di prassi e di protocolli. Quella fascia che si lega accanto alla ragazza dalle gambe lunghissime, ha senso solo se viene ascritta all’arte di un disegno cinematografico di fantasia realizzato da uno dei 5 registi, forse addirittura 3, più grandi di tutti i tempi che non a caso aveva cominciato da giovanissimo come vignettista di personaggi surreali.

Dunque, Mariano Scuotri, da oggi in poi, lo chiameremo Teo, personaggio monumentale nella storia del cinema mondiale. Teo, lo zio matto che è riuscito, a differenza del personaggio di Amarcord, a trovare il modo: “voglio una donna”. Con quella fascia, caro Teo, le tue possibilità di curare la tua astinenza sarebbero cresciute esponenzialmente.

P.S.: avete mai visto il sindaco di Sanremo consegnare i premi ai vincitori del Festival indossando la fascia tricolore?