ARCHEOPOLITICA. “Camomillo” Lorenzo Cesa propone la candidatura di Mario Landolfi a capolista di Noi Moderati
19 Agosto 2022 - 14:06
La notizia gira insistentemente da diversi giorni ed è arrivato il momento di esprimere il nostro punto di vista
AVERSA/MONDRAGONE – (g.g.) Si tratta sicuramente di un nostro limite. Ma di questo limite noi andiamo fieri, perchè ci consente di mantenere una rigorosa posizione liberale sulal questione dello stato di diritt e delel variabili subordinate costituite dal cosiddetto garantismo, che poi non è altro che la ovvia adesione, totale e senza riserve, al principio della non colpevolezza di un imputato, fino a sentenza passata in giudicato.
Questo nostro limite che per noi invece è una virtù, ci permette, contemporaneamente, di tracciare una linea di demarcazione chiara, nitida, evidente tra tutto ciò che attiene all’esercizio dello stato di diritto, attraverso la legge e ciò che allo stato di dirittonon appartiene, facendo parte però della ugualmente nobile sfera della politica.
E allora non c’è dubbio che la valutazione nostra su Mario Landolfi ex ministro della Poste di uno dei governi di Berlusconi, ex dirigente di Alleanza Nazionale ed ex titolare di seggio parlamentare, debbaavere il chiaro connotato di quello che dovrebbe essere e, purtroppo, qualche volta non è, no dei principali connotati dei uno stato di diritto.
Mario Landolfi, condannato in primo grado ad epilogo del processo sulle relazioni improprie tra politica e imprenditori in odore di camorra all’interno del consorzio rifiuti CE4, è assolutamente, indiscutibilmente un non colpevole, perchè la sentenza di primo grado non sancisce la colpevolezza di un individuo, ma è solo il primo round di un match che si concluderà qundo la sentenza passerà in giudicato, all’indomani del pronunciamento definitivo della Corte di Cassazione o, eventualmente, nel momento in cui l’imputato decidesse di non presentare appello ricorso alla Corte d’Appello o alla stessa Corte di Cassazione.
Chiarito questo, possiamo con un processo logico, nitido e, riteniamo, intellettualmente onestissimo, affermare che molta della considerazione che nutrivamo per questo politico, è venuta meno quando abbiamo potuto leggere i documenti dell’indagine che lo hanno riguardato. Soprattutto quelli contenenti le intercettazioni. Non abbiamo studiato il caso giudiziario in maniera tanto approfondita da poter esprimere oggi una nostra idea, un nostro punto di vista sull’esito del primo grado.
Quelle carte, invece, le abbiamo consultate a sufficienza per elaborare un punto di vista riguardante l’altra sfera, quella della politica nella quale non c’è da decidere se, per la legge, una persona sia colpevole o innocente, ma si può valutare gli elementi emersi in un’indagine, per una valutazione di tipo politico, vieppiù quando di mezzo c’è un personaggio del rilievo di Mario Landolfi.
E allora, con franchezza diciamo che quelle conversazioni, quelle intercettazioni, la disinvoltura, la facilità e, diciamocela tutta, anche quella spavalderia con cui il Landolfi si rapportava a Sergio Orsi e ad altri attori di quella stagione e di quella vicenda tutt’altro che edificante, hanno radicalmente modificato, per quel che conta, il nostro punto di vista suquesto politico.
L’episodio della giacca dimenticata e recuperata da Sergio Orsi con contestuale inserimento in una delle tasche di una bustarella, di una somma di danaro a titolo di tangente, non è detto che abbia effettivamente portato alla commissione di un reato, l’accertamento del quale risponde a meccanismi, a strutture normative rispetto alle quali la formazione della prova costituisce affare molto più complicato rispetto ad una valutazione di ordine politico.
Ma sicuramente quel parlare, ripetiamo, il modo con cui Landolfi si rapportava a quei personaggi, ci ha fatto cambiare idea su di lui e se avete notato, negli ultimi anni, questo giornale non si è più rapportato al politico mondragonese. Tutto sommato, quello che è successo dopo, cioè quando l’ex ministro delle Poste si è aggregato al carro di Giovanni Zannini, cioè a quell’area politica che lui aveva sempre avversato e che attraverso questa modalità gli aveva consentito di creare una sorta di brand del contropotere o di un “potere nuovo” rispetto a quello del passato.
Landolfi ha sicuramente votato per il cartello elettorale di Zannini alle ultime due elezioni comunali. Non c’è dubbio che abbia contribuito pure alla formazione di liste a sostegno delle figure sbiaditissime di Virgilio Pacifico e ora di Francesco Lavanga. Landolfi dunque ha votato per un cartello politico che oltre ad essere monopolizzato da Zannini, si è collegato e si collega direttamente al governatore della campania Vincenzo De Luca, ex Pc, ex Ds, oggi diversamente Pd, domani chissà.
Non è affatto detto, dunque, che in un voto con significato ancor più marcatamente politico, qual è stato il voto per le elezioni regionali del 2020, Landolfi non abbia votato centrosinistra, scrivendo il nome di Giovanni Zannini sulla scheda e non utilizzando lo strumento del voto disgiunto che gli avrebbe consentito di non votare il candidato governatore del centrosinistra, a Zannini collegatissimo, al punto che quest’ultimo è stato l’autentico dominus e mattatore della lista civica denominata, per l’appunto, “De Luca presidente”, sul cui simbolo si è poggiata la matita dell’ex esponente di alleanza Nazionale.
E a questo punto, anche ex esponente della destra, visto e considerato che uno come “camomillo” Lorenzo Cesa, persona rispettabile, per carità, ma dotato di una vitalità meno pronunciata di uno zombie e per di più rincoglionito, lo ha proposto come capolista di Noi Moderati, che raccoglie gli apporti dell’Udc, del Movimento dell’ex ministro Maurizio Lupi, di quello che l’attuale sindaco di Venezia, nonchè patron del gigante dell’alimentazione neonatale Humana, Luigi Bugnaro e quello del governatore della Liguria Giovanni Toti, nel collegio plurinominale di Caserta e Benevento.
Naturalmente, per i motivi appena detti, non possiamo certo pensar bene, ripetiamo, per quello che conta, di questa candidatura.