LA NOTA. Velardi, e il difetto dell’autocelebrazione. Una storia di sceriffi, cowboy e dell’omm’ che adda’ puzza’ per essere un vero sindaco

6 Marzo 2023 - 13:43

Stavolta, per non incasinare i lettori, abbiamo separato fisicamente la notizia della richiesta di rinvio a giudizio che rende imputato l’ex primo cittadino per la vicenda della demolizione, a nostro avviso illegale, di tre impianti per le affissioni stradali

MARCIANISE (Gianluigi Guarino) – L’autoelogio è un esercizio espressivo, che, al di là delle ragioni psicologiche che ne attivano la manifestazione, è di certo poco utile a chi lo ascolta, lo legge o lo video-introita.
Noi di CasertaCe pecchiamo spesso, perché, sovente, auto-elogiamo il nostro lavoro. Ci riteniamo, però, peccatori che possono nutrire ancora una speranza di redenzione.

Ci si incendiano i lobi delle orecchie quando incrociamo la malapolitica e i suoi sotto-insiemi, costituiti dalla mala gestione del pubblico denaro, della tensione costante, continua verso quello che Machiavelli definiva “il particulare”.
La nostra indignazione si trasforma, insomma, in ipertensione arteriosa e, dopo le orecchie, vanno a fuoco anche le gote, molto meno leggiadre, in questo caso di quelle che Mogol consegnò all’arte di Lucio Battisti, peraltro al centro di tante rievocazioni in queste ore, in occasione degli 80 anni, che avrebbe compiuto proprio nella giornata di ieri, domenica 5 marzo.

Insomma, ci verrebbe da spaccare il mondo in quei momenti, come ben si evince, del resto, dall’alto numero di querele ricevute negli anni, di cui, al netto del pervicace e alla fine, realizzato desiderio del sottoscritto di entrare, a suo tempo e a tutti i costi, in un carcere della Nazione, per protestare pannellianamente

contro un codice penale, che, ancora oggi premia le querele temerarie e intimidatorie subite dai giornalisti “poveri” di tasca ma ricchi di passione e di etica pubblica, che rompono le uova nei panieri dei potenti, non si sono mai, e dico mai, tramutate in condanne definitive, neppure ad una banale multa, essendo bastato, semplicemente, che il sottoscritto si difendesse nei tribunali per rendere concreta l’evidenza della nostra e della sua innocenza rispetto alle denunce, sempre e comunque presentate da politici, da dirigenti di enti pubblici, che la Bassanini, legge troppo seria e civile per un Paese e per un Sud molto poco ser e ancor meno civili, ha reso degli autentici mandarini dell’impero del malaffare, oppure da imprenditori, che costruiscono il cento per cento dei loro fatturati con i proventi degli appalti, il più delle volte tutt’altro che limpidi, garantiti ed elargiti loro dai politici e dai burocrati querelatori di prima, i quali tradiscono, un giorno sì e l’altro pure, i valori della onestà e dell’imparzialità, per i quali hanno anche giurato, posando la loro mano infedele su una copia della Costituzione.

Orecchie rosse, viso rubizzo e lancetta della pressione alle stelle. Capita spesso, allora, che, per calmarmi e per moderare i termini del giornale, sfogo e sfoghiamo questa, indignazione da fuoco sacro, che, al contrario, ci chiamerebbe in automatico, all’invettiva, emendando ridimensionando e stralciando l’indignazione del sacro fuoco in una meno pericolosa auto celebrazione

Ma ne siamo consapevoli. Conosciamo e riconosciamo, infatti, questo nostro difetto, che, sempre a proposito di “auto”, diventa, in qualche modo, autolesionista, perché distrae il lettore, offuscando il lavoro enorme di documentazione, di analisi e di approfondimento normativo che ci sobbarchiamo ogni giorno e che vale in cifra direttamente proporzionale alla tenuta della protezione da ogni orpello retorico.

Così, scegliamo, come una sorta di espediente psicologico e psico indotto di buttarla in autocompiacimento e un autoelogio. Verrebbe da dire, a nostra parziale attenuante: “E che cavolo, dato che i meccanismi di repressione dei reati contro.la pubblica amministrazione, si muovono con il ritmo di consunzione di una vecchia candela di cera, ci perdonerete se qualche volta sfoghiamo una nostra debolezza, scrivendo che siamo alti, belli e fighi e che il nostro articolo contiene sicuramente inconfutabili verità.

E allora, stante questa nostra consapevolezza, che attiva una introspezione da lettino dello psicanalista, possiamo sostenere che la nostra non è presunzione, ma un peccato di vanità, che, nel momento esatto in cui lo compiamo, siamo già pentiti di averlo scritto e messo in rete.

Ma cosa c’entra tutto questo con l’ex sindaco di Marcianise Antonello Velardi? C’entra eccome, perché, prima di tutto, il discorso della consapevolezza dei propri difetti, dà alle nostre note autocelebrative un senso differente da quelle che, per anni, hanno invaso le esternazioni social di Velardi, e poi perché, alla debolezza, che, purtroppo, appartiene, della vacua e fatua vanità abbiamo ceduto, frequentemente, proprio negli articoli che abbiamo scritto intorno alle vicende che Velardi hanno riguardato come primo cittadino.

Sono tante, infatti, le volte in cui gli abbiamo dato dell’ignorante, senza volerlo certo offendere personalmente, come abbiamo sempre e comunque precisato, visto che ognuno di quegli articoli era assolutamente ed esclusivamente connesso al racconto delle modalità con le quali il Velardi svolgeva la sua pubblica funzione.

Stavolta, però, di fronte all’ennesimo fatto, emerso dalle cronache giudiziarie, di fronte a una delle tante azioni sconcertanti per le quali è stato sempre difficile trovare un alfabeto del racconto che rimanga confinato nel perimetro della politica, della sue valutazioni e non esondi i in altri ambiti scientifici, per effetto della disarmante e sconcertante modalità di svolgimento delle trame degli eventi, terremo questi, solo questi al centro della trattazione, decentrando le immediate conseguenze valutative, pur potentemente stimolate bella loro trattazione dall’agire del Velardi.

Il lettore deve avere a disposizione, infatti, contenuti documentati e a noi tocca di porli nella loro disponibilità Proveremo, dunque, a tracciare una linea di demarcazione tra i fatti, così come questi trasudano dalla rigorosa lettera delle norme, unica bussola delle procedure di amministrazione della cosa pubblica, e le nostre valutazioni sugli stessi.
che abbiamo rappresentato, non a caso, in questo articolo, non distante, ma sicuramente distinto da quello contenente il racconto cronistico, distinguendo questo dalla manifestazione del nostro diritto di critica, del nostro diritto di satira, del nostro diritto di maturare, ad epilogo e non certo prima e neppure durante, di un processo logico- concettuale, una nostra opinione che metteremo a disposizione di tutti, specialmente di chi è oggetto di queste considerazioni su una storia, a nostro avviso, sconcertante. Una storia di impianti per le affissioni; una storia, l’ennesima, in cui, sempre secondo noi, si mettono insieme, fino ad incollarsi, a cementarsi, fra loro, sequenze, che solo, come si diceva, uno sforzo enorme, alimentato da una solida educazione istituzionale, riesce a tenere dentro a una trattazione solo e solamente politica.

Uno sforzo duro, stancante di self control. Domandiamo, conseguentemente, indulgenza e licenza ai nostri lettori, affinché possiamo rilassarci un attimo nella coda di questo articolo, domandandoci, in punto di goliardico cazzeggio, di satira, se magari, i marcianisani voteranno ancora, per la terza volta, un sindaco così connotato, se lo voteranno ancora in quanto, se a Ivano e a Jessica, estensione cinematografica della bravura di Carlo Verdone e Claudia Gerini, piaceva “farlo strano”, ai concittadini di “Velardi piace l’omm che puzza”, cioè l uomo virile, tutto muscoli e sinapsi rigorosamente congelate, che non sta lì a sottilizzare con le le leggi e le norme e, al grido di “quando ce vo’, ce vo'”, prende sega e martello e demolisce tre impianti per l’affissione della pubblicità, costati a chi li ha installati migliaia e migliaia di euro.

Un uomo “che adda’ puzza’”, cioè “un uomo vero e virile”, che innesca, probabilmente, nei marcianisani, un processo biologico di “ingrifamento”, dentro al quale un sindaco, non solo “adda’ puzza’” spargendo nell’aere particelle a go go del suo testosterone, ma deve anche essere, per dare piena compiutezza a questo registro di ancestrale mascolinità, rigorosamente ignorante, in quanto ignorante del diritto amministrativo e delle procedure a questo sottese.