IL FOCUS. La tangentopoli capuana si è sgonfiata. Le tesi del giudice, il 100% dei mancati riscontri sulle dichiarazioni del pentito Ciccio Zagaria e perchè è inaffidabile

5 Settembre 2023 - 18:29

Attenzione, a scriverlo è il giudice che, il 4 febbraio 2019 fece una grande apertura di credito allo Zagaria-pentito nel momento in cui realizzò degli arresti a carico di politici e tecnici. Ed oggi è lo stesso giudice, colui cioè che parla con maggiore cognizione di causa della storia recente di Ciccio ‘e Brezza, a considerare la sua collaborazione finanche meno di zero. Chi come noi ha studiato passo passo, non solo questo processo, ma tutti quelli istruiti sulle propalazioni di questo pentito, riesce a leggere alcuni brevi passaggi contenuti nella motivazione della sentenza e, forse, anche in controluce altre espressioni valutative. L’unica cosa certa è che Zagaria, è come ha affermato, un camorrista e per questo va condannato

CAPUA (g.g.) Probabilmente il giudice Fabio Provvisier vorrebbe scrivere ed affermare qualcosa in più in merito alla collaborazione del pentito Francesco Zagaria, nativo di Casapesenna, insediato da diversi anni a Capua, detto Ciccio ‘e Brezza, oppure Zazà oppure ancora a’ sentenza. A dirla tutta cioè è proprio con la sua sentenza che Provvisier dice anche quello che non scrive nelle sue premesse valutative, Nel processo sulla presunta tangentopoli di Capua, infatti, assoluzioni e prescrizioni tombali, attingono tutti gli imputati, mentre a Francesco Zagaria vengono appioppati 4 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo camorristico senza il riconoscimento delle attenuanti generiche e riconoscendo, invece, forse solo perchè strettamente necessario per formulare la motivazione, dei benefici di pena garantiti ai collaboratori di giustizia.

Il giudice Provvisier presidia la trincea del mancato riscontro dentro al quale si legge, però’, in controluce, anche una impossibile riscontrabilità delle accuse formulate da Ciccio ‘e Brezza nei confronti dei politici a partire dal sindaco Antropoli proseguendo con i vari Marcio Ricci, Guido Taglialatela fino ad arrivare al dirigente dell’ufficio tecnico Francesco Greco.

In pratica, lo stesso giudice nel febbraio 2019 firma l’ordinanza di applicazione di misure cautelari a carico dello stesso Zagaria e dei politici suddetti, ravvisando dunque l’esistenza di indizi di colpevolezza, oggi dice – e gli va riconosciuta pienamente la propria onestà intellettuale – che non esiste lo stralcio di una prova per formulare delle condanne a carico di chi fu arrestato in quanto tutta la costruzione accusatoria si basa solo e solamente sulle dichiarazioni di Francesco Zagaria detto Ciccio ‘e Brezza.

Vorrebbe dire di più, il giudice Fabio Provvisier, rispetto a quello che pur afferma nei confronti di quel pentito che caso più unico che raro, costituisce l’unico elemento, l’unica arma a disposizione dell’accusa in un processo che aveva l’ambizione di rifilare condanne durissime ai politici dopo aver stabilito che erano stati collusi con il clan dei casalesi.

Ed allora, chi segue come noi, in ogni pur piccolo dettaglio, le dichiarazioni rilasciate da Francesco Zagaria in questo, ma anche in tutti gli altri processi istruiti in base alle stesse, non può non considerare, qualificare, apprezzare in un modo particolarissimo l’affermazione che il giudice fa sul tempo limitatissimo che ha separato l’arresto in carcere di Francesco Zagaria, la percezione da parte sua di rischiare una lunga o addirittura lunghissima detenzione, cosa a cui non era assolutamente abituato, e il momento in cui questi si pente, divenendo un collaboratore di giustizia. Non è che questo di per se rappresenti la dimostrazione della non genuinità di questo pentito ma è chiaro che il dettaglio appena esplicitato, unito al fatto che, per quanto riguarda le dichiarazioni relative al suo rapporto con la politica capuana, al suo rapporto con l’ufficio tecnico del Comune di Capua non abbiano provato, sempre e comunque, sempre e immancabilmente riscontri materiali ad esempio in una dettagliata e sovrapponibile ricostruzione effettuata da almeno un altro pentito porta il giudice Provvisier ad affermare che a suo avviso Francesco Zagaria abbia provato ad accreditarsi agli occhi della magistratura inquirente, con racconti in cui sviluppava il concetto di una sua concreta connessione con i poteri della politica e dell’amministrazione di un ente locale.

Un’attività – osserva il giudice Provvisier – che se non ha portato in altri contesti processuali, alla emissione di una sola sentenza di condanna definitiva delle persone oggetto delle propalazioni di Francesco Zagaria, consente allo stesso giudice di affermare quello che afferma e che scrive nella sentenza che forse di pensare quello che non scrive e cioè che Francesco Zagaria sia uno che le spara grosse, provando a incrociare quelle geometrie che hanno rappresentato il legittimo sospetto investigativo che ha dato la stura ad una particolare direzione assunta dalle indagini, portate avanti dai magistrati della direzione distrettuale antimafia.

Chi legge oggi la sentenza del giudice Provvisier, non conoscendo tanti antefatti e non conoscendo neppure gli esiti di tante altre indagini giudiziarie che Zagaria ha vissuto nella contemporanea veste di imputato e di collaboratore di giustizia, potrebbe essere portato a ritenere che la valutazione che questo magistrato, esprime oggi su Ciccio ‘e Brezza possa essere determinata anche da una sorta di esperienza emotiva molto personale. Proprio per aiutare, coadiuvare e incanalare nella giusta direzione questa valutazione, occorre sottolineare alcuni aspetti del ragionamento esposto nelle motivazioni della sentenza e che quelli come noi, i quali hanno letto centinaia, forse migliaia di pagine sulle dichiarazioni di Francesco Zagaria sono in grado di decifrare e di valorizzare come struttura solida di tipo motivazionale.

Ricordiamo, prima di tutto, che Provvisier aveva garantito nel febbraio 2019 un’ampia apertura di credito allo Zagaria-pentito, valutando “come gravi indizi di colpevolezza” ciò che lui aveva dichiarato su Antropoli, Taglialatela, Ricci, Greco etc. Per evitare di incorrere nell’errore, dettato dall’apparenza, non sufficientemente corroborata da un efficace conoscenza e da un efficace cognizione di causa di tutto quello che è successo a Francesco Zagaria dal 2017 ad oggi di ritenere che quello che Provvisier ha scritto nelle 40pagine della sua sentenza possa essere scaturito anche da da una sorta di esperienza emotiva molto personale, occorre sottolineare ed esplicare, fornendo loro una corretta chiave di lettura, alcuni aspetti del ragionamento esposto nelle motivazioni della sentenza, che quelli come noi, impegnati negli ultimi anni nella lettura di centinaia, anzi di migliaia di pagine sulle dichiarazioni di Francesco Zagaria sono in grado di decifrare e di valorizzare, al contrario di quello che può apparire da una lettura superficiale e iperletterale, come struttura solida di tipo motivazionale e non emotivo.

Insomma non è che Provvisier nel 2019 arrestava facendosi guidare da una valutazione apodittica e oggi, sempre in base ad una valutazione apodittica cioè basata su una verità a priori assolve i politici, i tecnici e gli imprenditori Verazzo inchiodando invece al contrario Francesco Zagaria al palo della sua inaffidabilità. Specialmente in questa occasione, è l’esperienza di vita professionale che permette a Provvisier di scrivere una sentenza pregna di consistenze, di valutazioni fondate sul vissuto professionale di un giudice. Ciò perchè, Fabio Provvisier conosce Francesco Zagaria detto Ciccio ‘e Brezza sin dall’inizio, sin dal giorno in cui per la prima volta, un giudice (lui) lo arresta per il reato principale di associazione a delinquere di stampo mafioso. Ed è per questo motivo che Provvisier è, oggettivamente, obiettivamente il più titolato. E’, senza ombra di dubbio alcuno, la toga dotata di maggiore esperienza e cognizione di causa per affermare oggi che Francesco Zagaria è sicuramente un pentito che dichiara tantissime cose tutte, poi, ineluttabilmente tutte prive di riscontro, ma anche per affermare, tra le righe di questa sentenza, che Ciccio ‘e Brezza persegue un obiettivo personale: quello di accreditarsi e di porsi in una condizione che gli consenta di evitare i rigori di un carcere duro e prolungato a cui non era abituato e che si materializza nel momento in cui, nel primo filone di questa indagine, il tribunale di Santa Maria Capua Vetere gli rifila ben 12 anni di reclusione per il concorso nell’omicidio di Sebastiano Caterino mettendo addirittura in quel caso nero su bianco che si tratta di un pentito totalmente inaffidabile e dunque neppure degno, se non ricordiamo male, di ottenere i benefici di pena che le norme prevedono per quei collaboratori di giustizia che veramente forniscono un contributo credibile e genuino.

Per cui valgono zero e sono processualmente nulle le dichiarazioni rilasciate da Francesco Zagaria sul suo presunto appoggio alla candidata sostenuta da Carmine Antropoli, alle elezioni regionali del 2015, e le ulteriori dichiarazioni, a queste connesse, su una fantomatica promessa ricevuta per l’appalto dei lavori di via Maiorisi, zona Cira, e ancora, le altre propalazioni su una sua presunta arrabbiatura, con annessa volontà di schiaffeggiare il dirigente Francesco Greco per l’assegnazione di quei lavori ad un’altra impresa e successivamente ai cugini Verazzo, ma quest’ultima è un’altra storia di cui vi parleremo nella terza puntata di questo focus.

Vale il fatto che, da noi già narrato, che il 4 febbraio 2019, dopo che nel 2017 a Francesco Zagaria era stato contestato il reato di concorso esterno, con immediata scarcerazione, disposta dal tribunale del Riesame che aveva ravvisato l’assenza di ragioni cautelari, dopo che il Tar aveva accolto i ricorsi, presentati dallo stesso Zagaria contro le prime interdittive antimafia a carico delle sue aziende, fu proprio Fabio Provvisier a formulare l’accusa più grave, quella precisa di associazione a delinquere di stampo camorristico, la prima che secondo il giudice fornisce una qualificazione dell’entità criminale dell’ indagato mentre prima nessuno dei politici, dei tecnici coinvolti poteva avere una concreta consapevolezza del rango dello Zagaria all’interno del clan dei casalesi.

Considerazione, questa, fondamentale perchè alla base della decisione di non riconoscere l’aggravante del 416 bis comma 1, ex articolo 7 ai danni dei politici e di Francesco Greco, con la conseguenza della sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione per la maggior parte dei reati contestati.

Ci vediamo e ci rileggiamo alla prossima puntata.