MARCIANISE. Mimì Belforte “scarcerato” per l’omicidio di Angelo Piccolo. Ma ecco quando il boss potrebbe uscire dal carcere veramente
17 Luglio 2018 - 11:11
MARCIANISE – Il Tribunale del Riesame di Napoli, accogliendo la tesi dell’avvocato Massimo Trigari relativa alle ordinanze, che possiamo definire a catena, a carico di Domenico Belforte, ha decretato la scarcerazione tecnica di quest’ultimo per l’omicidio di Angelo Piccolo.
La storia, giuridicamente, è un po’ complessa. Cercheremo di semplificarla al massimo. E’ chiaro che c’è una strategia legittima, comprensibile, dei Pm della Dda, che, come è giusto che sia, si contrappone ad una controstrategia della difesa.
Salvatore Belforte ha accusato il fratello Domenico di ben 25 omicidi. Due anni fa, quando queste dichiarazioni furono sigillate giuridicamente, Domenico Belforte fu colpito dall’ordinanza per l’omicidio Tallarino.
Solo per questo e per nessuno degli altri 24.
A due anni di distanza è arrivata un’altra ordinanza per il già citato omicidio di Angelo Piccolo. E qui la difesa si è opposta, chiedendo al Gip la revoca del provvedimento, che lo stesso Gip non ha invece cancellato. Di qui il ricorso al Riesame che, sulla scorta della giurisprudenza della Cassazione, ha accolto il ricorso decretando la scarcerazione di Domenico Belforte per questo omicidio.
Sembra una partita oziosa, tutto sommato irrilevante visto il carico di crimini e dunque di processi che dovrà affrontare il capo del clan Mazzacane.
In realtà non è così, perchè l’unica condanna definitiva è passata in giudicato e in via di espiazione da parte del boss è quella relativa a un solo omicidio.
Poi c’è il procedimento Tallarino aperto e ora quello su Angelo Piccolo. Entrambi in primo grado e dunque con tempi piuttosto lunghi davanti a loro, per cui quello delle nuove ordinanze di custodia cautelare potrebbe essere una ripetiamo legittima tecnica della Dda per far in modo che Domenico Belforte non esca dal carcere.
Facciamo quattro conti. Mimì Mazzacane è stato arrestato nel 1998, dunque nello stesso anno in cui fu catturato l’altro super capo Francesco Schiavone Sandokan.
Ha scontato dunque 20 anni e a quanto ci risulta ha accumulato alcuni anni di bonus per quella che una volta si chiamava buona condotta. Un meccanismo che in carcere si attua periodicamente in base alle relazioni della direzione dei penitenziari, che ispirano la decisione sullo sconto di pena accolta o respinta dal Tribunale di Sorveglianza.
Secondo i calcoli, mese più mese meno, dunque, a Mimì Belforte mancano da scontare due anni.
Gli omicidi di cui lo accusa il fratello sono, come abbiamo scritto prima, 25. L’idea della Dda probabilmente è questa: chiedere e ottenere periodicamente ordinanze di custodia cautelare in modo che, quando Belforte arriverà a fine pena, rimarrà comunque in carcere come indagato o imputato di altri processi, con tutte quante le possibilità di allungare i termini di carcerazione fornite dalla legislazione antimafia.