La Domenica di Don Galeone. La Parola sul lebbroso. Oggi lebbrosi sono quanti vivono nelle baracche, sono i falliti, i bruciati dalla società dei consumi, quanti portano handicap, sono gli anziani, sono i carcerati…che la società vede come un peso e un pericolo

10 Febbraio 2024 - 09:18

11 Febbraio 2024 ✶ Sesta Domenica del TO (B)

Se vuoi, puoi guarirmi … Lo voglio, guarisci!

“Colui che è affetto da lebbra non entra in città né mantiene rapporti con gli altri persiani perché, dicono, se è malato, ha certo commesso qualche mancanza contro il dio Sole”. Con queste parole lo storico Erodoto, nel V sec. a.C., registra la credenza dei popoli dell’antico Medio Oriente. I lebbrosi sono da sempre considerati impuri e perciò esclusi dalla comunità. Presso alcune tribù il lebbroso non viene neppure sepolto assieme ad altri defunti: nessuno lo vuole vicino né da vivo né da morto. Presso gli antichi, il mondo era diviso in due zone: una occupata dalle forze della vita (Dio, gli angeli e le persone pure), l’altra occupata dalle forze del male (gli dèi pagani, i diavoli e i peccatori).

Rimaniamo impressionati nel leggere le minuziose disposizioni contenute nel Levitico, fatte passare come volontà di Dio. Per gli ebrei, l’anima era legata al corpo in una unità maggiore di quanto non credesse la filosofia greca. Perciò ogni malattia fisica era l’espansione di una malattia morale. La lebbra era per eccellenza il segno del peccato; non era solo una distruzione fisica ma comportava anche una morte sociale, un’esclusione dal culto, una reale scomunica. Sono crudeli le misure ordinate da Mosè: i lebbrosi dovevano vivere fuori dall’accampamento, in solitudine, vestire abiti stracciati, e gridare: “Sono

immondo!”. Gesù, nel racconto di Marco, “si impietosì” (ὀργισθεὶς), fino a stendere la mano per guarire il lebbroso, violando così la legge. Alcune notazioni sono necessarie:

> “Se vuoi puoi purificarmi!” (Ἐὰν θέλῃς δύνασαί με καθαρίσαι). Non chiede di essere guarito, ma di essere purificato. In tutto il brano mai apparirà il verbo “curare … guarire”, ma sempre per tre volte – il che indica la completezza – il verbo “purificare” (καθαρίζω), cioè lui vuole almeno il contatto con Dio. Ha perso tutto, perché la religione lo ha emarginato. La sua disperazione è totale!

> “Guarda di non dire niente a nessuno”. Perché Gesù non voleva che si divulgassero i prodigi che compiva? La cosa era impossibile in quei piccoli villaggi di Galilea! È certo che ai dirigenti religiosi dava fastidio il fatto che Gesù aiutava la gente e che lo faceva andando contro i comandamenti della religione, per esempio curare di sabato o mangiare con peccatori.

> Mostrati al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè” – non Dio! – “ha prescritto”. I sacerdoti dovevano certificare che la persona era sana. E naturalmente questa visita non era gratuita, ma si dovevano pagare ben tre agnelli, o uno se la persona era povera. Il Dio dei sacerdoti è un Dio a pagamento. Il Dio di Gesù è tenerezza gratuita. Chissà che faccia avranno fatto quei legulei, davanti al lebbroso guarito! Essi vivono tra le carte, i codici, i tariffari, i modelli, le ricette, le notifiche, i permessi … nell’illusione che il loro sportello sia l’ombelico del mondo, che ogni problema si possa risolvere grazie ad una legge canonica o civile, che una persona si possa ridurre a un numero, a una pratica, che quando le carte sono a posto, tutto è a posto!

> “Il lebbroso cominciò a proclamare il fatto”. Questo lebbroso ci insegna che la volontà di Dio non sempre coincide con le nostre teologie e le nostre legislazioni, anche se contrabbandate come “volontà di Dio”. Quanto male e quante menzogne abbiamo coperto con questo santo Nome! Quante guerre abbiamo organizzato al grido di “Dio lo vuole!”.

Possiamo anche scandalizzarci di come venivano trattati i lebbrosi nel mondo antico, ma anche oggi noi segreghiamo i “diversi” con leggi di copertura sacralizzate da quella gente per bene che Gesù ha bollato come ipocriti e sepolcri imbiancati. Gesù ha restituito non solo ai lebbrosi la loro dignità (direi: il loro privilegio!), ma ha gridato contro l’accampamento, ha scoperto che i potenti dell’accampamento erano guide cieche. Tutti, chi più e chi meno, siamo integrati organicamente nell’accampamento.

Oggi ci sono tante altre categorie di esclusi nella nostra società, tenute fuori dell’accampamento, cioè fuori da una società dove si decide per loro e su di loro. Oggi lebbrosi sono anche quanti vivono nelle baracche, sono i falliti, i bruciati dalla società dei consumi, quanti portano handicap, sono gli anziani, sono i carcerati … che la società vede come un peso e un pericolo. Come ci comportiamo? Solo difendendoci, isolando i malati? Un gesto di bontà fa del bene al malato ma anche a noi. Ricordiamo che Francesco di Assisi iniziò una nuova vita dopo avere incontrato e abbracciato un lebbroso.

Buona vita!