IL FOCUS. Sul disastro e sulle due vittime di SAN FELICE, Regione Campania due volte responsabile. Vi spieghiamo i motivi tecnico-scientifici di quella impressionante colata di fango

30 Agosto 2024 - 18:52

Accompagniamo questo approfondimento con due foto in cui si vedono tubi di plastica installati a suo tempo per una delle due tombature che hanno deviato il corso d’acqua e che si sono trasformate in un’arma letale nel momento in cui il canalone si è riempito di detriti, monnezza e tutte le porcherie possibili e immaginabili

SAN FELICE A CANCELLO – C’è modo e modo per affrontare una notizia come quella dell’alluvione subita da San Felice a Cancello, luogo complesso dal punto di vista idrogeologico, ma dove l’uomo, con la sua ignoranza spesso irrecuperabile, ci ha sempre messo molto del suo.
C’è modo e modo per raccontare certi fatti.
All’inizio

ci si deve dedicare quasi completamente alla cronaca, al racconto di eventi disastrosi che, oltre a provocare vittime innocenti, sono ulteriormente dolorosi perché condizionano, peggiorano, la vita di tante famiglie, che alla fine di un nubifragio (che nel 2024 dovrebbe rappresentare un evento atmosferico almeno sufficientemente compensato da opere di ingegno umano, che da quelle parti evidentemente non esiste), devono contare danni materiali, il più delle volte ingenti.

Successivamente, col passare dei giorni, pur sapendo che la stupidità umana di chi amministra la cosa pubblica a livello provinciale, regionale e locale, non sarà mai battuta attraverso uno sforzo culturale, tu, giornalista, hai il dovere di rapportarti al mondo della scienza e a quelle competenze professionali che ti possono dare qualche informazione attraverso la quale si riesce ad andare al di là delle formulette rituali che connotano gli articoli di ordinanza che girano, a centinaia, nella rete e nelle edicole, da quando il disastro naturale si è verificato.

Noi lo abbiamo fatto. Con umiltà abbiamo chiesto spiegazioni tecniche, scientifiche, raccomandando ai nostri interlocutori, gente che conosciamo da anni e consideriamo seria ed affidabile, di esporci nella maniera più semplice possibile le proprie spiegazioni e convinzioni. E allora oggi siamo pronti a mettere a disposizione questo nostro sforzo di quelli, purtroppo pochi, altrimenti in questa provincia non staremmo combinati così, è interessato a capire meglio cosa sia successo nella zona di quel maledetto vallone che ha letteralmente fatto scomparire i corpi di questa madre e suo figlio, indifesi quasi emblematicamente nella loro Ape car, travolta come un fuscello insignificante dalla furia degli elementi.

In tanti, nella mescolanza tra competenze scientifiche e conoscenze di un vissuto di chi in quelle aree ha costruito la propria esistenza, sono convinti che a causare la colata di fango (attenzione, non una frana) sia stato il tombamento di un tratto del canale che scende dalla montagna. Questa opera ingegneristica, anni fa realizzata dal Genio Civile, non ha mai beneficiato la manutenzione che meritava, perché se tu homo sapiens ritieni di poter incanalare un corso d’acqua naturale che nell’incedere dei millenni ha sempre camminato in quella direzione, poi devi anche provvedere alla sua pulizia dai detriti che, con il tempo, scendono con l’acqua dalla montagna e si depositano fino a occludere la sezione idraulica di ciò che tu hai costruito


Dopodiché, in conseguenza di quello che dal cielo è venuto martedì, oltre alla strozzatura causata dalla struttura di cemento armato della tombatura e dai detriti accumulatisi dentro di essa negli anni, sono scesi dalla montagna anche dei grossi tubi in plastica (molto probabilmente oggetto di una ulteriore tombatura più a monte), com’è stato evidenziato da qualche foto scattata dai nuclei specializzati dei Vigili del Fuoco e dai Carabinieri, che hanno contribuito a impedire all’acqua di defluire correttamente.


In sintesi: strozzature, tombature, detriti storici, tubi e monnezza varia, hanno fatto sì che il corso dell’acqua si accelerasse tanto, e che i 70 millimetri di pioggia caduti in poche decine di minuti, diventassero un’onda di acqua e fango che ha travolto i malcapitati sanfelicesi.

C’è anche da dire che il canalone naturale, che nei millenni ha accolto il corso d’acqua, poi divenuto strada nel corso degli anni, in casi di pioggia avrebbe dovuto confluire in una vasca di laminazione realizzata dalla Regione dopo i fatti di Sarno del ’98, ma a causa delle ostruzioni di cui sopra, questa vasca non ha fatto il lavoro che doveva, ovvero rallentare ed accogliere l’acqua montana.

Invece la vasca è rimasta quasi asciutta e tutto il paese è finito sotto il fango.

Regione due volte colpevole, una prima per non aver manutenuto (pulito ed asportato i detriti) del corso d’acqua tombato dal genio Civile (quindi la Regione stessa) e una seconda per aver speso fior di denari per costruire una vasca di laminazione che non è servita praticamente a nulla.