La Cassazione dice no al risarcimento per ingiusta detenzione per l’amico di “Rafilotto”

9 Novembre 2024 - 12:49

Già la Corte d’Appello, nel 2012, aveva negato l’indennizzo sostenendo che la vicinanza di Figari ad ambienti criminali avesse contribuito all’adozione della misura cautelare

SAN CIPRIANO D’AVERSA – La quarta sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Patrizia Piccialli, si è pronunciata sul ricorso presentato da Armando Figari, 77enne di San Cipriano d’Aversa, a mezzo del suo legale, per ingiusta detenzione.

Figari, ritenuto dalla Dda di Napoli vicino a Raffaele Diana, alias Rafilotto, e di aver favorito, con la sua impresa, il reinvestimento di capitali illeciti nel settore dell’edilizia, ha promosso istanza contro il provvedimento della Corte di Appello di Napoli che ha rigettato la domanda di riparazione proposta nell’interesse del 77enne per la detenzione ritenuta ingiusta in virtù dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nel 2009 dal gip del tribunale di Napoli per il reato associativo con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa e per attività volte all’eversione dell’ordine democratico.

Nonostante l’assoluzione definitiva nel 2012 la Corte d’Appello aveva negato l’indennizzo sostenendo che la vicinanza di Figari ad ambienti criminali avesse contribuito all’adozione della misura cautelare

Per la Suprema Corte il ricorso è infondato e va respinto poichè “La Corte ha fornito congrua giustificazioni delle condizioni ostative al risarcimento dell’indennizzo per la condotta del ricorrente. La partecipazione di Figari al clan è stata desunta dal ruolo ricoperto nella P&C Immobiliare accertato mediante intercettazioni telefoniche e ambientali che ha consentito di verificare la composizione della società della quale facevano parte Felice Pagano, Antonio Diana e socio di fatto risultava Mario Diana detto Ninotto, fratello di Raffaele Diana all’epoca latitante, che proprio tramite il fratello esercitava una diretta ingerenza nelle scelte dell’impresa nella conduzione dei rapporti commerciali. Acclarate quindi le frequentazioni ambigue del ricorrente”.