CASERTA. Da “La città distratta” al sacco della città: affondo dello scrittore Antonio Pascale sulle orribili speculazioni edilizie in centro storico
27 Marzo 2019 - 20:32
CASERTA – (Pasman) Il Foglio quotidiano di lunedì, degli ottimi Ferrara e Cerasa, ha pubblicato un articolo di Antonio Pascale, l’affermato scrittore casertano, sul rapporto di Caserta e della sua provincia con i rifiuti ed il cui titolo dice tutto della inconcludenza nostrana: “Ma che bello discutere inutilmente sommersi dalla schifezza”.
Chissà, per inciso, se l’autore sa che potrebbe star rischiando una querela per leso campanile da parte del sindaco Carlo Marino, che già non l’ha fatta buona in queste cose, pare, alla guida Feltrinelli e alla produzione del film Non ci resta che il crimine, anche se poi non se n’è saputo nulla.
Comunque, in quanto nota soprattutto di ambientalismo e di costume, Pascale ha lasciato sullo sfondo, pur facendolo ben avvertire, il profilo criminale e del malaffare connesso.
Ma egli ha anche toccato il tema della “… speculazione edilizia diffusa…”, sul quale speriamo che il nostro concittadino possa tornare e più a lungo.
E qui ci viene il destro per aggiornare i nostri lettori come – mentre l’ordine degli architetti litiga per beghe interne quando lo immagineremmo sentinella del territorio, la classe intellettuale e l’associazionismo casertani sono in sonno o defilati o distratti da altro – nel centro storico della città si stia realizzando uno stravolgimento urbanistico a dosi omeopatiche. Nelle strade storiche, ai palazzi antichi e tipici si vengono sostituendo, uno ad uno, edifici concepiti per il massimo lucro, senza alcun riguardo per i valori estetici, architettonici e della vivibilità, tanto da apparire le copie di uno stesso modello stilistico, quello adottato dai quei non luoghi che sono i centri commerciali outlet.
La città, già anonima, perdendo la sua pur residua tipicità urbanistica con le sue dimore padronali, i giardini interni e le quinte viarie ottocentesche, diventerà ancor più insignificante.
E mentre per l’addietro, forse, la sensibilità del tempo non faceva avvertire come un delitto sociale abbattere, ad esempio, la storica sede del Banco di Napoli, gemella della scampata Camera di commercio, per far posto ad un cubo informe, oggi la responsabilità per questo silente sacco della città da parte della classe politico amministrativa, nella sostanziale latitanza degli organi pubblici di controllo, è piena, enorme, conclamata, inescusabile.
Per la parte nuova della città, peggio non si potrebbe. Mentre si predica il rilancio delle attività economiche del centro, si licenziano contraddittoriamente ed a tutta forza attività commerciali della grande distribuzione, con un consumo di territorio immotivato e spropositato, in nome degli affari. Di progetti di vivibilità per la cittadinanza neanche a parlarne, al punto che Caserta è priva persino di un parco di verde pubblico cittadino degno di questo nome mandando i suoi bambini a giocare con scivoli ed altalene nei campettini che avanzano tra macchine e parcheggi.
Questa si chiama barbarie.
QUI SOTTO L’ARTICOLO DI ANTONIO PASCALE SU CASERTA PUBBLICATO SU IL FOGLIO DI LUNEDI SCORSO