GOMORRA 5. Sapevate che nel paese di Bardellino c’era il referente di Cutolo a CASERTA. Il perchè della guerra tra i Mazzacane e i Quaqquarone

24 Maggio 2019 - 16:00

MARCIANISE(g.g.) Chi è appassionato del genere e chi è interessato, anche per obiettivi di tipo accademico finalizzati a redigere tesi o a dar corpo a seminari di criminologia, non può rinunciare all’intera seconda parte dell’ordinanza che, nell’aprile scorso, ha portato all’arresto di alcuni esponenti di spicco del clan Piccolo-Letizia.

Non può farlo perchè, attraverso il racconto dei pentiti, sempre supportato e corroborato dalle appendici, rappresentate dai fatti di riscontro, esplicitati dai magistrati della dda e fatti propri dal gip Valeria Montesarchio che ha firmato l’ordinanza, si riesce a leggere una sorta di saggio storico, utilissimo a chi vuole operare un approccio scientifico, per l’appunto, accademico, al tema della camorra in provincia di Caserta elencando tutti i suoi principali momenti storici.

Oggi è la volta di Antonio Bifone da Portico. Chi vuole approfondire, ma proprio tanto, può accedere tranquillamente allo stralcio dell’ordinanza che pubblichiamo oggi e che contiene la versione integrale dell’interrogatorio.

Noi, nell’ambito di questo articolo, sintetizzeremo, ribadendo un metodo, che ormai utilizziamo da anni che riteniamo molto utile, quelli che, dello stralcio, a nostro avviso, rappresentano i punti salienti.

Antonio Bifone, e i Bifone in generale, sono dei proto-cutoliani. Forse i primi cutoliani dell’area territoriale che da Marcianise va verso Caserta, poi verso Maddaloni fino all’area est della provincia. Dunque, se Antonio Bifone dice la verità, è uno che parla con indubbia cognizione di causa.

Perchè la camorra omogenea di Marcianise, tutta alleata, nella seconda metà degli anni 70, di Raffaele Cutolo, si spacca? Perchè, potremmo aggiungere, dopo aver letto le dichiarazioni di Bifone, con troppi galli a cantare, non fa mai giorno. Il plenipotenziario di Raffaele Cutolo, quest’ultimo recluso nel manicomio criminale di Aversa, anni 76, 77, fino alla clamorosa e fragorosa evasione del febbraio 78, è, manco a dirlo, Ernesto Dante Pagano, figlio del guappo di San Cipriano d’Aversa, Antonio Pagano. Ed è proprio Ernesto Dante Pagano a decidere, secondo il racconto di Antonio Bifone, che all’interno della NCO di Marcianise deve emergere quale capo Paolo Cutillo. E a quel punto, si inoculano i germi che avrebbero fatto scoppiare la nota e sanguinosissima guerra di camorra.

La famiglia Piccolo che allora aveva in Angelo e Antimo Ben Hur i suoi riferimenti, non accetta questa decisione e non la riconosce, esce dal clan e trova subito sponda in Antonio Delli Paoli pullastriello, un altro a cui Cutillo stava sulle scatole e che aveva ambizioni di comando.

La frattura, per un certo periodo, è latente e non esplode neppure dopo l’agguato, sostanzialmente fallito, ad Antonio Delli Paoli, organizzato secondo Salvatore Belforte, proprio da Paolo Cutillo.

Ma la goccia che fa traboccare il vaso è rappresentata dalla gragnuola di proiettili sparata all’indirizzo dell’auto in cui Paolo Cutillo viaggiava, da un commando armato capitanato da Antonio Delli Paoli, riconosciuto da Giuseppe Russo, che, in punto di morte, dopo esser stato colpito dal piombo dei killer, fa il nome di pullastriello ai carabinieri. Sappiamo che l’altro componente di quell’auto rimane paralizzato e sappiamo anche che Paolo Cutillo, nonostante sia ferito, riesce a dileguarsi.

Poi c’è, ma questo lo aggiungiamo noi, in quanto lo ha raccontato Salvatore Belforte e ne abbiamo trattato in un altro articolo, il famoso incontro della pistola tra Cutillo, Domenico Belforte e Vittorio Musone che rinsalda i rapporti tra loro, proprio all’indomani dell’agguato appena citato.

Poi, ancora, l’ultimo tentativo di mediazione, di cui accenna anche Bifone, totalmente fallito, al punto che alla fine di quella riunione, Salvatore Belforte, ed è proprio quest’ultimo a raccontarlo, dice a Raffaele Viciglione, lì in rappresentanza dei Quaqquarone, che l’avrebbe ammazzato, come poi effettivamente fece.

Bifone parla anche del gruppo di Antimino ‘o romano, al secolo Antimo Perreca. Gente piuttosto autonoma che comanda su Recale. Antimo Perreca è sostenuto da un gruppo formato da Antimo Mastroianni, da Giovanni Perreca, suo fratello, dal cognato Antimino detto Calone e dal napoletano Luigi Noia, la persona che va a parlare con Bifone allo scopo di appianare il contrasto sorto per le estorsioni da compiere a Macerata. Un contrasto sorto per le estorsioni sulle piazze di Caturano di Macerata e di Macerata stessa tra i camorristi di Portico e quelli di Recale. Bifone aggiunge, inoltre, che Perreca è stato sempre alleato dei Piccolo perchè neanche lui aveva accettato la decisione del reggente dei cutoliani Ernesto Dante Pagano, il quale non a caso fu ammazzato dal suo concittadino Antonio Bardellino, che avrebbe fatto di San Cipriano una delle due o tre capitali della Nuova Famiglia, insieme a Marano e Nola.

Un’alleanza forte, al punto che aggiunge in un interrogatorio Bruno Buttone, Perreca e Piccolo hanno anche compiuto omicidi insieme.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’INTERROGATORIO DI ANTONIO BIFONE