LA DOMENICA DI DON GALEONE. Accettare Cristo, seguire l’insegnamento, non la dottrina
30 Giugno 2019 - 16:11
Prima lettura: Eliseo si alzò e seguì Elia (1 Re 19, 16). Seconda lettura: Siete stati chiamati alla libertà (Gal 5, 1). Terza lettura: Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme. Ti seguirò dovunque tu vada (Lc 9, 51).
1) Con questa pagina ha inizio la parte centrale del Vangelo di Luca; per circa dieci capitoli (dal 19 al 28), Luca descrive il viaggio di Gesù a Gerusalemme dove si compirà il suo destino di morte e risurrezione. Sostanzialmente Luca presenta due scene, con due lezioni. La prima è ambientata tra i samaritani, una comunità ostile agli ebrei, discendenti dai coloni qui deportati dall’Assiria al momento del crollo di Samaria nel 721 avanti Cristo, e miscelati razzialmente con gli ultimi ebrei là sopravvissuti; ancora oggi essi vivono nella città di Nablus, formando una specie di enclave razziale e culturale autonoma. Un gruppo di samaritani, ostili agli ebrei, chiude la porta a Cristo; da qui l’ira degli apostoli: Signore,
2) Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Un invito che sembra una frustata, suona duro, persino disumano. Tutto il nostro essere si rifiuta. Evidentemente Gesù non proibisce di onorare i genitori, ma, in forma paradossale, ricorda che anche la famiglia non deve diventare un ostacolo per Dio. E’ Dio lo scopo della vita, e la famiglia è un mezzo per seguire Cristo. Gesù non rinnega il valore della famiglia, ma invita a vivere in una famiglia “aperta” a Dio e non solo ai valori economici. E’ utile ricordare che non avremmo mai avuto un Francesco di Assisi se questi non avesse avuto il coraggio di rompere i legami con la propria famiglia piccolo-borghese, di mettere Dio al primo posto. Davanti ad un Vangelo così esigente, J. H. Newman esclamò: Insegnamenti come questi non possono essere stati inventati dagli uomini.
3) Il maestro e i discepoli. In tutte le religioni, i grandi maestri hanno avuto discepoli; questo fenomeno è presente anche nella Bibbia. Gesù si presenta come un maestro, e raduna attorno a sé dei discepoli, che devono non tanto aderire a una dottrina, quanto legarsi alla sua persona; lasciare tutto e seguire il maestro rappresenta come una nuova professione: Vi farò pescatori di uomini! La sorte, non sapendo come far pagare ai grandi la loro grandezza, li castiga mandando loro i discepoli. Essendo discepolo, capisce di meno, tradisce o rimpicciolisce l’insegnamento del maestro, anche senza volerlo. Il maestro ha altri discepoli, e allora è geloso, vorrebbe essere il primo tra i secondi, e ognuno crede di essere lui il migliore interprete del maestro. Per darsi un tono, deforma il pensiero del maestro; in ogni discepolo c’è il seme di Giuda, che ruba al venditore e truffa il compratore: parafrasa le frasi, complica le cose semplici, deforma i principi, allunga il vino buono e lo fa credere quintessenza. Eppure di questi discepoli nessuno ha potuto far a meno, perché il maestro, estraneo nella solitudine, ha bisogno di qualcuno che riceva le sue parole e le trasmetta; i discepoli sono ripugnanti e pericolosi ma necessari. Il maestro soffre se non trova discepoli, soffre di più quando li ha trovati. Cristo, accettando la fatica di essere uomo, soffrì più e prima dagli amici che dai nemici; i sacerdoti lo uccisero una volta nel corpo; i discepoli molte volte nell’anima. Giuda lo vendette una volta per appena 30 monete; i discepoli lo abbandonarono per molto meno; il suo amico fidato, Pietro, lo rinnegò più di una volta in presenza di una servetta. La sua passione fu perfetta. Ma Cristo sapeva che, pur essendo selvaggi e ignoranti, essi erano generosi ed entusiasti; alla fine li avrebbe modellati come limo nella palude, che è fango, ma, modellato e cotto, diventa bellezza eterna. Agli apostoli molto va perdonato: nonostante tutto, ebbero fede in Cristo, lo amarono, ci hanno narrato la sua vita e consegnato le sue parole.
4) Le tre letture hanno un tema comune: la liberazione. Tema affascinante ma delicato; è molto facile, infatti, abbandonarsi all’irrazionale, alla mistificazione, finire insomma nel libertinaggio, come già temeva l’apostolo Paolo. Il dato di fatto, sotto gli occhi di tutti, è che siamo schiavi. La libertà che conquistiamo politicamente e poi garantiamo con le costituzioni sono cose belle ma non sono ancora la libertà. Senza dire che queste libertà, se comparate con le esigenze universali della coscienza umana, appaiono ben piccola cosa. La libertà di un popolo è spesso portata sulle spalle da altri popoli schiavi; il benessere della classe che fa le leggi è pagato da altre classi, per le quali quelle leggi non significano niente. Quindi, l’uomo è uno schiavo che può diventare libero! Schiavi si nasce, liberi si diventa ponendo atti di liberazione. L’uomo è un groviglio di condizionamenti con dentro un anelito di superamento. La novità è tutta in questa possibilità di diventare libero. Questa è la libertà di cui parla il Cristo. Non una libertà soprannaturale, accanto a quella naturale, perché la libertà è indivisibile; solo per avere spezzato questa unità, abbiamo poi potuto giustificare ogni abuso nell’ordine giuridico. Anche se dobbiamo elencare tante sconfitte e delusioni, non dobbiamo spezzare l’unità germinale della creazione, che ci chiama alla libertà. La nostra dignità è tutta in questa tensione verso la libertà, che non è solo religiosa o solo naturale ma è libertà umana totale.
5) Questa è l’originalità del Vangelo: non poter essere utilizzato per consolidare il sistema del tiranno, ma nemmeno può autorizzare il rivoluzionario all’uso della violenza. Il Signore non è venuto a separare il torto e la ragione; questo può deludere molti, che vorrebbero usare il Cristo come strumento di prestigio o come copertura al proprio potere. Il Signore è oltre le trincee delle nostre battaglie. Chi lo dimentica, anche se combatte battaglie giuste, non è libero. Ecco perché don L. Milani scrisse ad un suo amico rivoluzionario: “Fin quando lotterai per i poveri, io sarò con te. Quando sarai arrivato al potere, io sarò contro di te”. La storia dell’intolleranza è profondamente legata alla storia delle religioni. E intolleranza e violenza – entrambe benedette dalla religione – si sono date la mano. Molto giustamente si è detto che le grandi idee costano molti sacrifici. Esse giustificano la violenza e l’auspicano. Come i vampiri, i valori hanno bisogno di sangue per rinnovare le loro energie. E quanto più sono morti, più raggianti e divini sono i valori sui cui altari sono arsi i cadaveri (Z. Baumann, citato da W. Sofsky). Questo è duro e spiacevole, ma è ciò che (senza saperlo) in realtà stavano proponendo Giacomo e Giovanni. E che Gesù ha respinto con tutte le sue forze. Gesù non tollera l’intolleranza religiosa.
6) Subito dopo il tema dell’intolleranza, il vangelo di Luca presenta il racconto più completo della sequela di Gesù. Perché? Perché la chiamata alla sequela è Gesù stesso. È lui che chiama (D. Bon Bonhoeffer: Jesus selbst. Er ist der ruft”). La chiamata a seguire Gesù non è una proposta, non è un programma di vita, non è un ideale, spiega lo stesso Bonhoeffer nella sua opera fondamentale sulla sequela (Nachfolge). Cos’è allora la sequela di Gesù? È l’attrazione, la seduzione di Gesù stesso e di Gesù solo. Quando quest’esperienza di passività, che mi seduce e mi allontana da me, mi porta a fidarmi nella totalità della mia vita, in maniera che perdo ogni altra sicurezza (ossia, tutto è “passività” e “totalità”), allora la sequela di Gesù si costituisce nel centro della mia vita, in ciò che guida la mia vita. Qui stiamo toccando il fondo ed il centro del Vangelo. In fondo, questo sta a significare che il progetto della sequela di Gesù è il progetto della libertà al servizio della misericordia. In questa formula si trovano il cuore stesso del Vangelo e la sua sorprendente attualità. Perché, se di qualcosa abbiamo bisogno in questi tempi di crisi, è della libertà che superi tutte le nostre paure. Buona vita!