ACER, EX IACP. Il figlio di Della Gatta esce e Zannini “ci mette” (naturalmente) l’ingegnere Carlo Raucci. Peppe Razzano buggerato
25 Ottobre 2022 - 19:19
Anche in questo caso, è sembrato utile sviluppare un ragionamento, scherzandoci anche un po’ sopra e utilizzando i registri del paradosso e del cazzeggiamento goliardico, sulle dinamiche, ormai antropologicamente e sociologicamente interessantissime, che hanno portato alla concentrazione del potere nelle mani di un solo politico, come non era successo neppure ai tempi dei Di Muro, dei Santonastaso, dei Bosco. Secondo noi, tutto ciò è agghiacciante, ma è assolutamente logico e spiegabile. In questo caso, non abbiamo inserito il discrimine dell’impunità che, invece, è ugualmente importante. E allora, fate finta che nell’articolo sia inserito, dato che ci siamo pure stufati di ripetere sempre, in proposito, le stesse cose.
SANTA MARIA CAPUA VETERE (g.g.) Subito il quesito fondamento di questo articolo: esiste una differenza, un discrimine di diversità tra l’ingegnere sammaritano Carlo Raucci, ci dicono presidente provinciale del suo Ordine, Giuseppe Razzano, per gli amici Peppe, già candidato sindaco alle ultime elezioni comunali di Maddaloni ed in campo anche alle Regionali del 2020, nella lista civica contrassegnata dal nome di Vincenzo De Luca, la stessa in cui era presente anche Giovanni Zannini, il quale ha letteralmente cannibalizzato lo spoglio elettorale, raggiungendo quota 21mila? E, ancora, esiste un discrimine di diversità tra Carlo Raucci, Giuseppe Razzano e, mettiamo, il sottoscritto, non in quanto tale, ma in quanto direttore e giornalista-articolista, così come si diceva una volta, di Casertace?
Dal punto di vista di una rigorosa catalogazione nella tavola delle specie animali, le differenze non esistono. Biologicamente, infatti, tutte e tre queste persone appartengono alla specie umana.
Proseguendo questo ragionamento per cerchi concentrici, partendo da quello più ampio, costituito, per l’appunto, dall’appartenenza darwiniana al genere umano, fino ad arrivare a quello più circoscritto, ad uno in particolare, relativo ad un’eventuale diversità dei tre individui sulla loro adattabilità ad una carica di sottogoverno, mettiamo, e arriviamo al caso odierno che tratteremo in questo articolo (che può essere però assimilabile a tanti altri), alla loro adattabilità alla funzione di componente del Consiglio di amministrazione di Acer, con sede a Taipei, capitale dello stato di Taiwan, già ex isola di Formosa, colosso industriale della Cina nazionalista, cioè per intenderci quella non comunista, quella da sempre insidiata da Pechino, anche di questi tempi.
A noi piace sempre buttarla lì questa parola, questo acronimo. Lo facciamo per celia, perché essendo dei burloni ci piace pensare che questo nostro articolo non sia scritto per essere inserito nell’ormai storico “quaderno delle doglianze” di Casertace, ma debba essere pubblicato da un quotidiano economico, che so, il Sole 24 ore, Italia Oggi, o, addirittura, debba essere tradotto per entrare in una delle edizioni del Financial Times.
La parola Acer, associa, infatti, immediatamente il pensiero ad uno dei giganti dell’informatica. Nel Cda di Acer, di questa multinazionale, derivando esclusivamente la vita o la morte dell’azienda informatica dal raggiungimento di obiettivi economici, relativi alla produzione e al fatturato, non potrà mai entrare una persona non preparata, non all’altezza, non in grado di contribuire allo sviluppo delle politiche aziendali, proiettate solo e solamente sulle sfide del mercato, dove si vince o si perde se sei più bravo o meno bravo, preparato o meno preparato, se riesci a realizzare un progetto innovativo, se riesci a stimolare l’interesse dei consumatori e se riesci, poi, a veicolarlo fino all’acquisto, attraverso una collocazione del prodotto nel punto esatto o, almeno, nei pressi del punto che stabilisce la migliore posizione possibile in una delle relazioni economiche fondamentali e a tutti comprensibile, cioè il rapporto qualità-prezzo.
Tra Carlo Raucci, Giuseppe Razzano e il sottoscritto, chi avrebbe maggiori possibilità di entrare nel Cda di Acer? Probabilmente nessuno dei tre, in quanto nessuno dei tre possiede le giuste competenze, la forma mentis per capitalizzare la propria intelligenza, i propri processi logici, adattandoli alla complessità di un particolarissimo tipo di produzione ad altissima cifra tecnologica. Però, se proprio quelli di Taipei fossero costretti a scegliere uno dei tre, sarebbe Casertace ad essere chiamata in quel Cda. Questo perché noi, quanto meno, ci proviamo ogni giorno a ripetere lo stesso mantra; il mantra dei meritevoli che non è solo un affare di equità sociale ma che, nel 2022, nell’era ipertecnologica e dei saperi digitali, è anche e, soprattutto, un affare che attiene ai fondamentali della macro economia, che attiene, cioè, al benessere, allo sviluppo economico complessivo di un Paese destinato a veder accrescere la distanza che lo separa dalle economie più sviluppate e che si candida ad essere superato anche da Paesi che vent’anni fa sviluppavano un rapporto tra popolazione e Prodotto interno lordo, distante anni luce dal nostro, se continuerà l’andazzo che eleva a motore sistemico la filosofia premiale degli immeritevoli, con la conseguenza acida di tanti meritevoli i quali, non potendo combattere ad armi pari contro i raccomandati e i vari galoppini dei politicanti, abbandoneranno la scena, si ritireranno e, se sono ancora giovani, scapperanno via soprattutto dal Sud di questo Paese, a gambe levate, lasciando questo sfigatissimo Meridione nelle mani di faccendieri, ricottari e voraci mangiatori di spesa pubblica improduttiva e votata esclusivamente a mantenere la propria rendita parassitaria. Insomma, una landa desolata in cui è in atto una sorta di irreversibile regressione della specie e totalmente nelle mani di autentici briganti.
A dire il vero anche il buon Giuseppe Razzano avrebbe qualche possibilità di trasferirsi in quel di Taipei, magari non inserendo nel suo curriculum le esperienze fatte in politica, ma evidenziando solamente le sue attività imprenditoriali, che svolge da qualche anno con ottima efficienza.
Chi, invece, non avrebbe alcuna possibilità di entrare nel Cda di Acer sarebbe, manco a dirlo, l’unico ingegnere del terzetto, visto che Carlo Raucci è, sì, ingegnere edile, però sempre un ingegnere è e, dunque, sulla carta dovrebbe avere una forma mentis in grado di adattarsi a quella di un board che si occupa di progettazione.
Non è una questione di carta d’identità. Carlo Raucci, ma sarebbe meglio dire, “un Carlo Raucci“, oppure, ancora, “i Carlo Raucci”, che pullulano a migliaia nella nostra terra, potrebbero essere, al limite, utilizzati dalla multinazionale dell’informatica nei corsi di formazione del suo personale, come esempio da non seguire in contesti diversi da quelli dell’Italia meridionale. Declinando la sua carriera, l’ottima posizione economica che si è costruito, l’approdo alla presidenza dell’Ordine provinciale degli ingegneri, quelli di Acer lo costituirebbero come una sorta di format, di archetipo rappresentativo di un soggetto umano in grado di esprimere valenza e, dunque, attitudine al successo economico e professionale, solo e solamente nel contesto dell’Italia meridionale.
Questo nostro viaggio onorico, ovviamente condotto sul filo della goliardia, ci è servito, invece, per introdurre la notizia che Carlo Raucci, in una stanza dei bottoni di Acer, c’è entrato eccome, assumendo proprio nei giorni scorsi il ruolo di componente del Consiglio di amministrazione in quota Caserta. Ma non nell’Acer dell’informatica e dell’innovazione, bensì nell’Acer dell’arretratezza, della reiterazione periodica, esponenziale, infinita e apparentemente irreversibile del Gattopardo. E, chi conosce anche sommariamente quell’opera ma, soprattutto, conosce la sua ambientazione, si rende ben conto di cosa vogliamo significare. Ricorrendo a qualche altra metafora suggestiva, Cristo e l’Anticristo, la materia e l’antimateria.
Rimettiamo i tre soggetti in campo e cerchiamo di capire perché l’Acer – vabbè, diciamolo, si tratta dell’ex Iacp – del Gattopardo, di uno schema feudale che non vuol cessare, ma vuole solo adattarsi alle diverse stagioni della politica, così come il buon principe Fabrizio di Salina spiegava a suo nipote che sognava un mondo nuovo, sceglie Carlo Raucci e non sceglie, invece, Giuseppe Razzano e, men che meno, il sottoscritto in quanto rappresentante, pro tempore, di Casertace.
L’azienda della Cina nazionalista, cioè Acer, utilizza Raucci proprio per questo motivo, dandogli, in pratica, il ruolo di antagonista eccellente della meritocrazia, di processi di promozione economica, sociale e culturale corretti. Lo fa, perché, essendo i cinesi dei diavoli, hanno appreso da qualche parte che a Caserta comanda solamente un tal Giovanni Zannini.
Si dirà: ma Giovanni Zannini candidò Giuseppe Razzano nella lista di De Luca e Razzano ha sempre sostenuto che per quell’atto di disponibilità riteneva di aver ricevuto ampie rassicurazioni su una sua futura valorizzazione proprio nel Cda di Acer, cioè dell’ex Iacp, il cui Consiglio di amministrazione scadeva proprio in queste settimane e da dove è uscito, dopo il millesimo nostro articolo in cui, indomiti rispetto alla indifferenza per il problema, Luigi Della Gatta, figlio di super Nino Della Gatta, già presidente dell’Unione industriali, dominus dell’associazione nazionale dei costruttori edili della provincia di Caserta, ha fatto clamorosamente convivere per anni la sua carica apicale con quella di componente del Cda dell’ex Iacp, che è diventato un ente regionale e non ha più organismi provinciali da qualche anno. In poche parole, Della Gatta, leader dei costruttori edili della provincia di Caserta, è stato, contemporaneamente, presente nella stanza dei bottoni dell’Istituto case popolari, cioè in un organismo in cui si gestivano gare d’appalto, bandi e chi più ne ha più ne metta, rivolti direttamente al mondo dei costruttori edili di cui Della Gatta padre, sempre attraverso il figlio Luigi, resta indiscusso leader.
Va da sè che un avvicendamento, orientato da Zannini, che ovviamente con i Della Gatta ha costruito un solido rapporto negli ultimissimi anni, dovesse avere lo stesso marchio di fabbrica.
Come abbiamo scritto nei giorni scorsi, Zannini è l’unico a ottenere cose dal governatore Vincenzo De Luca e anche dal figlio Piero, in quanto riflette esattamente il modo di vedere il mondo della politica e, più in generale, il modo di vedere il mondo che i De Luca hanno. Zannini è differente dai De Luca solo in termini di bagaglio culturale, di esteriori carismi personale e dialettico. Per il resto, è una comodità, perché osa e rischia come nessun altro farebbe e i De Luca sanno che i voti che farà per se stesso, si tradurranno anche sul bottino presidenziale.
Dentro a questa filiera, dunque, devono stare personaggi pienamente affidabili, con le stesse attitudini, con lo stesso modo di considerare i procedimenti giuridico-amministrativi, struttura genetica dei De Luca e di Zannini. E allora, non significa nulla che Razzano si è candidato nella lista del governatore e Carlo Raucci nella lista Campania Libera, “allestita” da Giovanni Cusano e con supervisione di Nicola Caputo. Raucci porta con sè il bagaglio della sua storia, tutto quello che ha prodotto a Santa Maria Capua Vetere, insieme al suo amico di sempre Maurizio Mazzotti. “Il gatto e la volpe”, così li definì il pubblico ministero Silvio Marco Guarriello, oggi Procuratore della Repubblica aggiunto di Foggia, che mise nero su bianco, su decine e decine di pagine di informative assemblate e valutate e che rappresentarono la base per una richiesta di rinvio a giudizio. Quelle pagine noi le pubblicammo, nel 2012, una alla volta. C’era letteralmente di tutto, ma soprattutto c’era il sistema che collegava le attività di Maurizio Mazzotti e dell’Ufficio tecnico del Comune di Santa Maria Capua Vetere a quelle di Carlo Raucci. E vi garantiamo, quell’indagine, finita poi, non si sa perché, in un binario morto, presentava casi inquietanti che poi, eventualmente, se Zannini e l’ingegnere Raucci avranno qualcosa da dire su questo articolo, noi andremo a riprendere una per una, ma, vi annunciamo, occorreranno almeno 100 puntate per tutto quello che è successo negli ultimi anni ’90 e nei primi anni 2000, in quel di Santa Maria Capua Vetere.
Dunque, il povero Peppe Razzano non aveva alcuna speranza. Lui non è un oltranzista, un fondamentalista. Tutt’altro. Ma gli manca quella caratteristica, quell’ingrediente, quel quid che lo rende affidabile, agli occhi di Zannini e, automaticamente, di De Luca, per ogni operazione, anche quelle più complicate e fortemente osè.
Questo è il motivo, dunque, per cui “un Carlo Raucci”, “i Carlo Raucci” non potranno neppure alzare una ceneriera nella sede dell’Acer di Taiwan, mentre, per dirla alla Rovazzi, “vanno a comandare” in scioltezza nella tana del Gattopardo dei giorni nostri.