Altro che romanzo, questo è reality criminale. Michele Zagaria e Nicola Schiavone rischiarono lo scontro fisico dopo l’omicidio di Antonio Salzillo. E Iovine ‘o ninn…

19 Novembre 2019 - 21:38

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) Leggendo le pagine dell’ultima ordinanza riguardante il clan dei casalesi, quella, per capirci, che ha portato all’arresto, tra gli altri, di Pino Cantone, figlio di Raffaele Cantone ‘o malapelle, di Oreste Diana, figlio di Giuseppe Diana cuoll e pint, si intravede, e chi conosce bene le vicende delle camorra degli ultimi anni del primo decennio di questo secolo lo coglie compiutamente, sullo sfondo il complicato rapporto tra il gruppo della famiglia Schiavone e quello di Michele Zagaria.

Attenzione, abbiamo detto sullo sfondo, perchè i racconti del pentito Salvatore Orabona riguardano anni già significativamente successivi all’arresto sia del primo che del secondo, risalenti, rispettivamente all’anno 2010 e all’ormai arci-famoso 7 dicembre 2011, giorno in cui fu violato il bunker della casa di Vincenzo Inquieto dove Michele Zagaria si nascondeva da latitante.

C’è sempre un eco che attiva, in noi che ormai da anni studiamo la documentazione storica delle trame criminali della camorra casertana, una grande curiosità di conoscere meglio quelle che furono le dinamiche dello scontro.

Intanto, fu vero scontro? Oppure si trattò di scaramucce che non sarebbero mai e poi mai precipitate nel burrone della violenza di una guerra guerreggiata, dato che da lontano, quello che il capo dei capi cioè Francesco Schiavone Sandokan aveva lasciato come eredità ai suoi successori non si sarebbe mai potuto mettere in discussione?

Una risposta definitiva non l’abbiamo. O meglio, non siamo in grado di fornirla oggi, alla luce di quello che abbiamo letto. Ma non è improbabile che continuando a lavorare sui documenti, col piglio che vogliamo mostrare, cioè quello degli storici, potremo anche elaborare una idea diversa.

Intanto, per capire meglio ci siamo andati a rileggere alcuni passi dell’ordinanza stralcio riguardante di un duplice omicidio fondamentale per la storia recente del clan dei casalesi. In quell’agguato restò ucciso Antonio Salzillo, nome importantissimo in quanto fratello minore di quel Paride Salzillo, entrambi figli della sorella di Bardellino la quale aveva sposato un Salzillo, a sua volta diretto discendente di Antonio Bardellino e ucciso, per ordine di Francesco Schiavone Sandokan, pochi minuti dopo che dal Brasile era arrivata la notizia dell’omicidio del capo della Nuova Famiglia.

Perse la vita per essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, cioè al fianco della vittima designata, Clemente Prisco. Quel delitto fu ordinato da Nicola Schiavone, il quale chiamò ad organizzarlo un vero e proprio specialista, cioè Roberto Vargas, che poi da collaboratore di giustizia ne ha raccontato dettagli, incorniciando gli stessi nel contesto di una tensione a suo avviso reale, tra Nicola Schiavone e Michele Zagaria.

Intanto, il figlio di Sandokan, quando decise di far uccidere Antonio Salzillo, pretese che non fossero avvisati nè Michele Zagaria, nè Antonio Iovine. “Questo perchè – così spiegò a Roberto Vargas – già in passato aveva deciso il delitto e questo non si era potuto realizzare perchè Salzillo era riuscito all’ultimo momento a rendersi irreperibile al cospetto degli appostamenti dei killer e dei loro fiancheggiatori.

Parteciparono all’omicidio oltre allo stesso Roberto Vargas, il quale già alle 7 e mezzo del mattino si avviò verso Cancello Arnone allo scopo di intercettare Salzillo, anche Pasquale Vargas, fratello di Roberto e a sua volta pentito, Crescenzo Laiso, che poi sarebbe stato ucciso a sua volta per ordine di Nicola Schiavone all’indomani del pentimento del fratello Salvatore, Carmine Morelli e Massimo Russo paperino, fratello di Giuseppe Russo detto Peppe ‘o padrino, vera propaggine criminale della famiglia Schiavone.

A tenere la battuta” che in gergo camorristico significa indicare il percorso del bersaglio, il target al commando di morte, Salvatore Caterino, zio di Massimo Russo.

Insomma un gruppo di fedelissimi di Nicola Schiavone. Subito dopo l’agguato, parte del gruppo pranzò a casa di Bianco, il cui nome di battesimo non viene definito, almeno nella testimonianza di Vargas, il quale precisa che la moglie di questo Bianco fu arrestata insieme a Massimo Russo Paperino, preso dopo un lungo periodo di latitanza. Crescenzo Laiso invece raggiunse la casa di Salvatore detto prosciutiello. Lì fece una doccia e andò via. Roberto e Pasquale Vargas, Massimo Russo raggiunsero poi Casal di Principe in una casa nella disponibilità di quest’ultimo.

A proposito della famiglia Russo, anche Corrado, fratello di Massimo e naturalmente di Peppe ‘o padrino, ebbe un ruolo nel momento in cui consegnò a Michele Ciervo che aveva svolto comunque la funzione di autista nelle fasi dell’agguato della somma di 5mila euro, inviata direttamente da Nicola Schiavone. In effetti, gli euro dovevano essere 10mila da ripartire tra tutti i componenti del commando. La parte mancante la versò direttamente Corrado Russo.

A Ciervo e a tutti gli altri componenti del gruppo di fuoco, specchiettista compreso, andarono 1500 euro a testa.

Fin qui le fasi principali del delitto. Ma il passaggio largamente più importante di questo stralcio riguarda la reazione furibonda, furiosa che, a detta di Roberto Vargas, avrebbe avuto Michele Zagaria, una volta saputo dell’omicidio di Antonio Salzillo. Il boss di Casapesenna chiese subito di incontrare Antonio Iovine e gli disse che ormai lui non tollerava più Nicola Schiavone e questa sua scalata criminale con cui il giovane figlio di Francesco Schiavone Sandokan stava bruciando tutte le tappe.

Insomma, l’omicidio di Salzillo toccava direttamente le prerogative camorristiche di Michele Zagaria. Fu Antonio Iovine a quel punto a prendere in mano la bacchetta della mediazione. Incontrò Nicola Schiavone e ascoltò la richiesta di quest’ultimo che pretendeva la ricostituzione di una cassa comune a cui anche Michele Zagaria ritornasse a partecipare.

Vargas racconta che il primo versamento degli Schiavone, anche grazie all’integrazione di una riscossione che definisce straordinaria, fu di 120mila euro. Tra i 50mila e i 60mila furono versati da Michele Zagaria, altrettanti da Antonio Iovine. Stessa quota fu immessa dai Russo. Insomma, all’incirca 300mila euro che furono utilizzati per il pagamento degli stipendi alle famiglie dei boss e degli affiliati detenuti, mentre la somma rimanente veniva messa a disposizione di Nicola Schiavone, affinchè questi provvedesse alle spese, diciamo così, organizzative del clan.

Questi i fatti come sono stati raccontati da Roberto Vargas. Questi aggiunge anche che il rapporto tra Zagaria e Schiavone era ridotto ai minimi termini al punto che il primo non voleva più incontrare direttamente il secondo. Per comunicare con lui, inviava i suoi emissari più fedeli cioè Massimiliano Caterino ‘o mastrone, e gli ugualmente fidatissimi Oreste Basco e Pasquale Pagano.

Va aggiunto, stando, in questo caso, alla narrazione di Pasquale Vargas, fratello di Roberto, che Nicola Schiavone era convinto che Michele Zagaria avrebbe voluto farlo ammazzare proprio da Antonio Salzillo. Una ricostruzione suggestiva, che ha un senso storico in una sorta di vendetta postuma in cui il fratello di Paride Salzillo avrebbe vendicato, in questo modo, il suo congiunto fatto ammazzare dal padre di Nicola Schiavone, per chiudere definitivamente la partita con il regime criminale di Antonio Bardellino.

Ma come abbiamo raccontato, le cose andarono diversamente.

 

QUI SOTTO LE DICHIARAZIONI DI ROBERTO VARGAS

OMICIDIO DI SALZILLO ANTONIO

 

A.D.R.: Con riferimento all’omicidio di Salzillo Antonio devo dire che il mercoledì precedente Nicola Schiavone mi disse che avremmo dovuto , in tempi rapidi, commettere l’omicidio e che io dovevo provvedere ad organizzare il commando dei killer su sua indicazione. Nicola mi specificò che non avremmo fatto saper niente a nessuno e che non avremmo concordato l’azione con Iovine Antonio e Michele Zagaria, poichè egli mi disse che in altre occasioni si era tentato di ammazzare il Salzillo ma per una ragione o per un’altra questi era sempre sfuggito all’attentato, per cui era bene procedere nella massima segretezza.

A.D.R.: Il giorno dell’omicidio, era di venerdì, io di primo mattino, intorno alle 7,30 uscii con la panda che avevo in noleggio e mi recai a Cancello ed Arnone con l’intendo di intercettare il Salzillo che sapevo doveva raggiungere il deposito a cui ho fatto riferimento prima. Ero d’accordo con mio fratello e gli altri che avrei chiamato appena visto il Salzillo in modo da farli partire per eseguire l’omicidio. Feci alcuni giri perchè il Salzillo non si vedeva e passarono circa 2 ore forse più fino a quando, ad un certo punto, vidi arrivare a fortissima velocità una BMW  330 diesel, di colore nero, guidata dal Salzillo e con  un’altra persona a bordo. Immediatamente chiamai al cellulare che avevo lasciato in custodia a mio fratello e mi rispose Massimo Russo al quale dissi di mettersi in movimento. Effettivamente i 4 si misero in movimento con l’Audi A8 S.W. in questa composizione: alla guida Carmine Morelli, alla sua destra Massimo Russo, alle spalle del Russo mio fratello Pasquale ed al suo fianco Laiso Crescenzo. Morelli aveva la sua pistola cal. 9×21, Massimo Russo aveva la sua pistola Cal. 9×21, mio fratello la mitraglietta Avan clock e Laiso uno dei due kalascnicov. L’altro kalaschicov lo aveva in macchina Massimo Russo. Ricordo che incrociai l’Audi A8 e cercammo di vedere dove era andato il Salzillo. Ad un certo punto vidi la macchina del Salzillo parcheggiata nel piazzale del deposito e per un po’ continuammo a girare per vedere se si metteva in movimento. Dopo qualche giro, vidi che il commando dei killer si era fermato su un ponticello nei pressi del deposito, in attesa che il Salzillo uscisse. Continuai a girare e, ad un certo punto, tornato nei pressi del deposito, vidi che non vi era più ne la macchina del Salzillo  ne quella dei 4 killer. Mi avviai verso Villa Literno e ad un certo punto, un poco prima dei due distributori AGIP vidi un assembramento di persone e l’arrivo della macchina dei vigili urbani ai quali chiesi cosa fosse successo. Mi dissero che erano state uccise due persone. Fu allora che capii che tutto era andato secondo le previsioni e feci ritorno in Casal di Principe, via Grazzanise, e durante il tragitto buttai il cellulare che avevo utilizzato. Devo dire che come successivamente mi raccontò Massimo Russo, egli aveva nel frattempo chiamato lo zio della moglie, tale Salvatore detto prusciuttiello che è anche il fratello della madre di Cantiello Salvatore, perchè percorresse la strada tra Villa Literno e Cancello Arnone per dargli notizie qualora il Salzillo fosse riuscito a scappare. Salvatore detto prosciuttiello era il proprietario dell’abitazione sita alle spalle dei Carabinieri di Casal di Principe dove Massimo Russo si appoggiava durante la latitanza. Io tornai a Casal di Principe e mi recai poi in una abitazione che Massimo Russo aveva nella sua disponibilità e che  è quella dove è stato arrestato con Michele Ciervo; trovai il Russo insieme a mio fratello Pasquale e Carmine Morelli mentre Laiso Crescenzo era andato a casa di Salvatore o prosciuttiello a fare la doccia. Fu proprio Salvatore prosciuttiello a prendere in consegna tutte le armi del commando per farle sparire. Nella giornata di venerdì cercai di contattare Nicola Schiavone attraverso il sua autista Della Corte Nicola ma costui  a casa non era presente e al telefonino non rispondeva; dopo un po’ riuscii a contattarlo e gli dissi che era andato tutto a posto. Il giorno dopo il Della Corte mi contattò e mi disse che Nicola Schiavone voleva incontrarmi e mi recai in San Marcellino presso l’abitazione di una donna straniera presso cui Nicola si appoggiava. Raccontai come erano andate le cose e Nicola Schiavone mi disse che la mattina del venerdì lui si era appostato con Barbato Francesco nei pressi di un rivenditore di autovetture in località Giugliano di tale Eduardo, pronto ad intervenire ed ammazzare il Salzillo qualora si fosse recato presso questa concessionaria di auto. Io sapevo che in qualche modo Nicola Schiavone voleva far partecipare anche Francesco Barbato all’omicidio ma non avendolo visto non mi ero posto il problema di dove fosse. 

Fu proprio durante l’incontro con Nicola Schiavone che egli mi spiegò per quale ragione il giorno precedente non ci eravamo potuti incontrare. In effetti, subito dopo l’omicidio, conosciuta la notizia, Michele Zagaria aveva voluto incontrare urgentemente Antonio Iovine; era stato un incontro molto agitato ed un dialogo particolarmente vivace perchè Zagaria si lamentava del fatto che l’omicidio era avvenuto a loro insaputa e che Nicola Schiavone stava assumendo un ruolo molto importante nel clan. Antonio Iovine, che era più mediatore con lo Schiavone, cercò di calmare lo Zagaria e la sera stessa incontrò autonomamente Nicola Schiavone. All’esito di questo dialogo fu deciso che era giunto il momento di unificare la cassa del clan e, quindi, che anche Zagaria avrebbe dovuto versare nella cassa unica il provento delle attività illecite controllate dai suoi affiliati. Gli stipendi sarebbero stati pagati prelevando da questa cassa a secondo della consistenza dei vari gruppi.

A.D.R.: devo dire che per quanto mi è stato raccontato da Nicola Schiavone i suoi rapporti con Michele Zagaria non sono mai stati buoni. Del resto Nicola Schiavone è una persona molto giovane che solo negli ultimi anni aveva assunto il comando mentre Michele Zagaria era una persona di vecchia militanza e di comando nel clan. E’ chiaro però che all’esito di quelle discussione seguita all’omicidio Salzillo, in qualche modo appariva quasi che Zagaria avesse dovuto cedere rispetto alla richiesta di Nicola Schiavone, avallata da Iovine Antonio, di fare una cassa unica del clan. Ricordo che Michele Zagaria rifiutava di incontrarsi personalmente con Nicola Schiavone e mandava per suo conto alcuni suoi affiliati ed io personalmente mi sono incontrato con almeno 3 di loro cioè Massimiliano Caterino e 2 giovani di cui uno era titolare di un deposito di carro attrezzi e che si chiamano Basco e Pagano. Posso dire che nel mese di Aprile 2009 nella settimana antecedente a Pasqua ci incontrammo proprio per fare i conti. Eravamo presenti io, Nicola Schiavone ed i 2 referenti di Zagaria, Basco e Pagano; costoro ci dissero che per conto del gruppo di Zagaria avevano raccolto 60-70 mila euro; Massimo Russo aveva fatto sapere di avere raccolto circa 50-60 mila euro, Antonio Iovine, allo stesso modo, 50-60 mila euro ed io avevo raccolto circa 80 mila euro anche se poi dovetti fare una raccolta straordinaria per arrivare a circa 120 mila euro. Devo specificare che ciascuno detraeva da questi soldi quanto necessitava per gli stipendi ai propri affiliati, mentre la parte che residuava era affidata a Nicola Schiavone che provvedeva alla gestione ordinaria delle spese del clan. La S.V. mi chiede se esisteva una divisione per zone o comunque delle regole condivise per la raccolta delle estorsioni. Devo dire che Michele Zagaria ed Antonio Iovine erano due boss di vecchia militanza e da lunghissimo tempo rimasti liberi sul territorio per cui avevano tantissimi contatti e punti di riferimento in diverse zone, mentre i capi del clan Schiavone erano stati per più tempo e per più periodi detenuti. Non era inusuale che un imprenditorre anche nelle nostre zone ci dicesse di stare “a posto” con Michele Zagaria o con Antonio Iovine. In ogni caso, in linea di principio, ho indicato i comuni controllati direttamente dagli Schiavone e nel periodo in cui io ne ebbi la responsabilità questi erano i capi zona da me individuati: per Teverola, Nicola De Martino; per Carinaro Raffaele Di Tella; per Aversa, Gaetano detto Burzone, e successivamente anche Pietro Falcone con Salvatore Orabona; per  San Marcellino, Capua e Santa Maria C.V. era Morelli Carmine; per Gricignano gli “scusuti” per conto di Massimo Russo….omissis….”

 

 

VARGAS Roberto, inoltre, nell’interrogatorio reso in data 18.05.2011 precisava:

“…omissis…OMICIDIO SALZILLO PRISCO

Ad.r. Le posso riferire che nel duplice omicidio SALZILLO – PRISCO è coinvolto anche CATERINO Salvatore, che ha “preso la battuta” nel senso che ha avvisato  Massimo RUSSO e mio fratello Vargas Pasquale, Carmine MORELLI ed il defunto LAISO Crescenzo di aver avvistato la vittima. Io mi trovavo sulla strada dove SALZILLO aveva il deposito, mentre CATERINO stava sulla strada parallela. CATERINO fu posizionato su quella strada da Massimo RUSSO, perché io gli rappresentai che se SALZILLO fosse passato sull’altra strada io non potevo intercettarlo.

Allora Massimo RUSSO chiamò lo zio, CATERINO Salvatore per posizionarlo sull’altra strada e fu proprio CATERINO che lo individuò. CATERINO ha anche mantenuto le armi dopo l’omicidio. Dopo l’omicidio ci siamo incontrati nella casa dove Massimo RUSSO è stato arrestato. Inoltre secondo quanto riferitomi da Massimo RUSSO, CATERINO Salvatore ha anche bruciato l’auto utilizzata per l’omicidio…omissis…

 

VARGAS Roberto forniva ulteriori e precise indicazioni anche nell’interrogatorio reso alla S.V. in data 15.06.2011, in particolare dichiarava:

“…omissis…

A.D.R. Ho già dichiarato che Caterino Salvatore, zio di Russo Massimo, fece da “specchiettista” per il duplice omicidio Salzillo/Prisco.

Il Caterino in quell’occasione era in compagnia di Bianco, non ricordo il suo nome di battesimo, tuttavia era il titolare dell’abitazione in cui venne arrestato Russo Massimo quando era latitante. In tale occasione venne arrestata anche la moglie del predetto Bianco.

Quest’ultimo ha proceduto, quindi, unitamente a Caterino Salvatore, alla “battuta” e ci ha inoltre ospitato immediatamente dopo il delitto, anzi ricordo bene che pranzammo a casa sua: io, mio fratello Pasquale, Bianco, Russo Massimo, Michele Ciervo e Carmine Morelli, mentre Caterino Salvatore provvide ad ospitare nella sua abitazione Crescenzo Laiso dove quest’ultimo si fece una doccia e andò via.

A.D.R. Michele Ciervo era l’autista di Russo Massimo e sapeva tutto del delitto. Successivamente all’omicidio Michele Ciervo si recò dal fratello di Massimo Russo, a nome Corrado, che ebbe in consegna da Nicola Schiavone la somma di euro 5000,00 che dovevamo dividere tra noi partecipanti all’omicidio.

In effetti Nicola Schiavone doveva mandarci diecimila euro quindi provvide il Russo ad anticipare i restanti cinquemila. Ricordo che anche Michele Ciervo ebbe millecinquecento euro di ricompensa.