Appalti, camorra e LA MAZZETTA AL RETTORE CASERTANO. Ecco come Nicola Ferraro e il suo socio avrebbero comprato il capo dell’Università Parthenope per un appalto
2 Giugno 2025 - 20:05

Per questa vicenda, oltre all’arresto in carcere per Ferraro dovuto anche ad altro, e a nessuna misura per Domenico Romano divenuto collaboratore di giustizia, viene invocato il carcere per Paolo Onofrio, i domiciliari per i due rappresentanti Dussmann Mauro Marchese ed Eugenia Iemmino, mentre per il rettore Garofalo si richiede il divieto di dimora in Napoli in modo che non possa svolgere la sua funzione
CASERTA (g.g.) – La storia, neanche troppo recente, degli appalti riguardanti i servizi diversi e diversificati, dalle pulizie, alla sanificazione, al portierato, alla guardiania, hanno sempre rappresentato un grande polo di attrazione per la camorra e per i suoi diversi colletti bianchi, grigi e variamente sfumati.
Ricordiamo, ad esempio, nel 2013, in occasione della retata riguardante gli appalti Asl, che portò all’arresto, tra gli altri, dell’allora consigliere regionale di Alleanza Nazionale Angelo Polverino, dell’ex sindaco di Caserta Giuseppe Gasparrin, ma soprattutto dell’imprenditore di Marcianise poi totalmente associato al clan Belforte dalle indagini e processi successivi, Angelo Grillo, che il motivo scatenante di quella inchiesta, realizzata dalla Dda, fu rappresentato proprio dalla guerra tra Angelo Grillo e l’imprenditore di Santa Maria a Vico, Lazzaro Luce, che in quell’occasione rappresentava una multinazionale francese, la Dericheburg.
Insomma, faccendieri spesso in connessione con la criminalità organizzata, hanno sempre cercato di nascondersi dietro la denominazione di imprese, grandi multinazionali e dunque apparentemente insospettabili.
Il grande problema di queste imprese è costituito dal reclutamento dei suoi manager locali, di chi le deve rappresentare in territori difficili, in cui la turbativa d’asta è una regola, come i nostri.
Noi abbiamo sempre avuto l’impressione che imprese come la citata Dericheburg e come la protagonista dell’indagine iniziata poco meno di tre anni fa e che ha portato nelle scorse settimane alla richiesta di arresto per Nicola Ferraro e per diversi altri indagati, si siano turate il naso e si siano chiuse gli occhi nelle loro dorate sedi centrali parigine o tedesche e abbiano fatto questo ragionamento: la Campania è comunque un grosso mercato e per lavorare dobbiamo affidarci a soggetti che operano in un certo modo.
Non ci prende dunque alla sprovvista la contestazione di reato che viene formulata nei confronti dell’Università Parthenope di Napoli, un tempo IUN, ossia Istituto Universitario Navale, Antonio Garofalo. Non ci stupisce perché lo schema non è una novità, non è un unicum nel nostro bagaglio di connessioni e ricordi giornalistici.
Ci occupiamo di Antonio Garofalo perché si tratta di un personaggio, assunto al rango direttore, di un’università che comunque possiede una storia, partendo dalle nostre parti. Lui è nato a Caserta 56 anni fa ma è di fatto di Casaluce, comune agganciato a quello di Aversa. Suo padre era di Frignano. Insomma, le radici stanno qui.
I suoi amici più stretti, però, stanno a Napoli. O meglio, il più stretto di tutti, tal Massimo Cirillo, è di Torre del Greco. La coppia formata da Nicola Ferraro, che per gli inquirenti è totalmente organico al clan dei casalesi, e Domenico Romano con contatti storici con il clan Nuvoletta di Marano e il clan Alfieri di Nola, aveva stipulato un’intesa di rappresentanza. Volendo scherzarci un po’ sopra, una sorta di franchising di Dussmann, la multinazionale con sede a Berlino rappresentata nel centro sud da due veraci manager o para manager napoletani: l’institore per il centro sud Mauro Marchese, oggi residente a Milano, ed Eugenia Iemmino responsabile del settore gare e contratti.
Paolo Onofrio, cioè l’uomo di strettissima fiducia di Domenico Romano e quindi di Nicola Ferraro, si muoveva tra diverse università in modo da consentire a Dussmann di conquistare gli appalti. Ed è stato lui a contattare Massimo Cirillo, amico ed interfaccia privilegiatissimo del Rettore Antonio Garofalo.
In ballo c’era l’affidamento per il servizio triennale di pulizie dei locali, dal valore di circa 4milioni di euro e in lizza c’erano due nomi importanti del settore: la Romeo Gestioni spam, società conosciutissima a Napoli ma anche nel resto di Italia, e per l’appunto la Dussmann Service spa. Mauro Marchese, che evidentemente e necessariamente aveva già concordato il tutto con Romano e Ferraro, contatta Paolo Onofrio il cui nome non può non essergli stato fatto da Romano. Onofrio è dunque incaricato di contattare Garofalo, attraverso Massimo Cirillo.
Per come era stata costruita la procedura, difficilmente Dussmann avrebbe vinto quell’appalto, o comunque difficilmente avrebbe ottenuto i vantaggi economici che riteneva di dover conseguire. Per cui al Rettore viene proposto di compiere un atto piuttosto ruvido, ossia la revoca della gara d’appalto, sostituendo la stessa con quello che viene definito un accordo quadro che per intenderci è un’intesa tra un’azienda pubblica e un’impresa privata che realizza una sorta di global service, ossia una serie di servizi. E non riteniamo più soltanto quello delle pulizie, originariamente oggetto della gara d’appalto. Ma anche questa strada deve essere solcata da requisiti meccanismi in grado di far prevalere la Romeo Gestioni sulla Dussmann. Soprattutto perché, nel ventaglio di servizi richiesti, erano stati inseriti quelli di portierato e vigilanza dei locali dell’università, sui cui Romeo sembrava in grado di offrire una qualità migliore di Dussmann.
E allora che cosa fa il Rettore, sempre secondo l’ipotesi accusatoria? Elimina dalla proposta di accordo quadro questi due servizi e crea a quel punto, artificiosamente con un piano predestinato a monte, le condizioni per stipulare l’accordo quadro con Dussmann.
L’intervento della società di fatto formata da Nicola Ferraro e Domenico Romano risulta decisivo, perché a Dussmann e al suo rappresentante per il centro sud Mauro Marchese, viene data la disponibilità decisiva di Paolo Onofrio, fiduciario di Domenico Romano ma soprattutto uno che sa benissimo quali leve muovere per attivare il processo corruttivo nei confronti del Rettore Antonio Garofalo.
Un’operazione sulla quale, Domenico Romano e Nicola Ferraro, intascano il 4% secco che sono 160mila euro. Ma soprattutto creano condizioni di fluidità con una società dal marchio prestigioso che glia avrebbe affidato tante altre operazioni di questo tipo.
Una volta affidato l’appalto, sempre secondo la Dda, sarebbe stata consegnata a Massimo Cirillo (riteniamo da Marchese, Iemmino o chi per loro) la cifra di 30 mila euro che il Cirillo avrebbe recapitato a sua volta ad un non meglio identificato ufficiale pubblico all’interno dell’Università Parthenope. L’idea che i magistrati si sono fatti è che questi 30mila euro siano finiti nelle mani di Antonio Garofalo, anche se in questo caso occorrerà che Domenico Romano faccia le stesse ammissioni che ha fatto su altre situazioni, perché sarà un po’ difficile dimostrare, a meno che Cirillo non abbia informato Paolo Onofrio sull’identità di questo misterioso pubblico ufficiale ricettore della mazzetta, che questi soldi siano finiti nelle tasche del rettore.
In ballo però ci sarebbe anche un altro regalo: una settimana extra lux tutto compreso nella rinomata isola greca di Mykonos, sempre a vantaggio del citato Rettore raggiunto dall’amico Cirillo. Vedremo poi se nel resto della richiesta di applicazioni di misure cautelari, in carcere, domiciliari, o anche di altro genere, formulata dalla Dda ad un gip del Tribunale di Napoli ci saranno altri elementi maggiormente dettagliati sulla vicenda di questo affidamento.
Naturalmente la contestazione per tutti è quella di corruzione in concorso, aggravata dal aver favorito gli interessi, ai sensi del articolo 416 bis comma 1 del c.p., del clan dei casalesi che si incarnerebbe nella figura di Nicola Ferraro