AVERSA. Fatto il ribaltone: ora Golia governa con tre consiglieri eletti nel centrodestra e un grillino. La reputazione e…
23 Dicembre 2020 - 22:04
AVERSA (gg)– Una delle domande ricorrenti, formulate più o meno retoricamente, da chi si intende o dice di intendersi di politica, sviluppa il sistema della differenza della stessa politica siccome questa si sviluppava prima di Tangentopoli, durante la cosiddetta Prima Repubblica, e quella “nuova politica” che invece ha preso le mosse dalla quello che doveva essere l’anno zero della rigenerazione, della palingenesi giudiziaria. Una delle risposte più ricorrenti data in riscontro alla fatidica domanda, fissava e fissa ancora il punto di discrimine nel livello culturale che magari rendeva i politici mariuoli di un tempo più eleganti e più presentabili di quelli di oggi, i quali sono talmente ignoranti, che pur cercandolo costantemente, il più delle volte non riescono proprio a trovarlo il bottino. In parte questa differenza è reale. Ma il concetto va correttamente integrato e perequato dalla considerazione del rapporto aritmetico tra il tempo che il politico di una volta suddivideva tra la coltivazione del proprio orticello e le azioni finalizzate al bene comune. Noi riteniamo, tra ciò che, da testimoni anche di quel tempo, abbiamo visto e quello quello che abbiamo studiato, possiamo affermare con una rassicurante dose di scienza e di coscienza che il rapporto fosse di 50 e 50.
Oggi, invece, se uno non entra i politica per farsi i fatti propri, lo fa per cibare la sua vanità, la fame di notorietà, che poi il tempo trasformerà in vanagloria. Il resto zero. Al popolo, ai suoi bisogni, alla comunità, non ci pensa.
E non ci pensa prima di tutto perché oggi alla politica arrivano fondamentalmente i fancazzisti, cioè quelli che nella vita non fanno un cazzo o fanno finta di far qualcosa. Per cui, il concetto di “politico di professione” si è fortemente rafforzato. Solo che, nella relazione tra i due termini manca completamente “la professione”. Per cui oggi non esiste neppure più il politico di professione e di conseguenza neppure il politico toutcourt. Ciò perché, ribadiamo, il livello è tanto basso che neppure il professionismo della politica diventa una strada credibile, anche solo in apparenza.
Perché neppure l’apparenza viene più salvata. Il caso di Aversa, dove stasera è stato sancito ufficialmente il ribaltone, l’ennesimo tradimento della relazione di rappresentanza tra il popolo sovrano e chi lo dovrebbe correttamente raffigurare e configurare all’interno delle istituzioni esprimendo prima di tutto il rigore di una coerenza che ti mette in testa un concetto ben preciso e cioè che non si può fare tutto, ma proprio tutto, non si può arrivare a certi livelli di deterioramento della propria funzione di rappresentanza pur di stare in mezzo, pur di ottenere qualcosa che abbia assonanza col concetto di potere.
Ed eccola, allora, ritornando alla fatale domanda iniziale, la differenza forse più sottovalutata, tra la politica di una volta, pre Tangentopoli, e quella di oggi. Nonostante le dissolutezze, il gigantismo dei partiti che innescò il fenomeno del finanziamento illecito esisteva, negli anni 70, negli anni 80, l’idea di un limite non superabile, costituito da un punto preciso in cui ci si andava a scontrare con il senso della vergogna, che scaturiva dalla consapevolezza che il proprio modo di comportarsi avrebbe riscosso la pubblica riprovazione. Per questo motivo soprattutto, negli anni 80, pur essendo in vigore un diverso sistema elettorale, mai e poi mai si sarebbe consumato un ribaltone come quello avvenuto stasera ad Aversa, con il sindaco del PD, Alfonso Golia il quale, largamente sfiduciato dal suo partito e dalla sua maggioranza, si allea, pur di sopravvivere, con una eletta alle comunali per la Lega, con un altro eletto in una lista di centrodestra in appoggio al candidato presentato da Forza Italia, un altro ancora eletto in una lista ugualmente di centrodestra, appoggiata dal candidato sindaco esposto dalla Lega e, dulcis in fundo (si fa per dire), il candidato sindaco del Movimento 5 Stelle, che se i grillini non l’avessero scelto per la carica di primo cittadino, lui in consiglio non ci sarebbe entrato mai.
La tipologia di questa vicenda, legata alla decisione di quattro consiglieri comunali i quali non più di 20 giorni fa avevano votato “NO” all’assestamento di bilancio e che ora votano “SI” allo stesso assestamento di bilancio, appartiene proprio a quella categoria di fatti e situazioni che neppure il politico più disinvolto della prima repubblica avrebbe osato attraversare. Perché a quel tempo contava arricchirsi, per carità. Ma ancor di più contava la propria reputazione, prima personale e poi politica. Questa, al di là delle motivazioni più o meno nobili che potevano esserci, ma potevano pure non esserci era anche uno strumento pratico, concreto. Uno senza reputazione, infatti, che cambiava partito ogni mezzo minuto, o anche solamente per una volta sola, veniva messo ai margini del sistema, perché nessun partito di quelli grandi, ma neppure di quelli più piccoli, lo avrebbe candidato, neanche per il condominio.
E anche questo si poteva verificare per per motivi nobili, ma anche per motivi meno nobili e più pratici, dato che uno il quale ha tradito una volta, può tradire ancora. Il consigliere comunale Giovanni Innocenti che stasera, legittimamente, per carità, ha attaccato i giornali (che poi saremmo noi di Casertace), nel corso della sfigatissima seduta ribaltonista del Consiglio comunale, sarebbe stato uno a cui al massimo la DC, o un PC o un PSI, un PRI, avrebbero dato un posto di lavoro nel momento in cui avessero stabilito che era in grado di portare in dote 200 o 300 voti. Ma mai e poi mai l’avrebbero candidato a qualcosa, perché l’affidabilità rappresentava un elemento costitutivo della forza di un partito, somma di centinaia di migliaia, se non di milioni di apporti di singole persone. Innocenti è arrivato al secondo ribaltone. Questo è un dato di fatto che nessuno piò seriamente negare. Magari al terzo, come successe al Brasile tricampione dopo la vittoria di Messico 70, gli daranno la coppia Rimet o magari, dato che a Milano danno l’Ambrogio d’oro, a lui possono attribuire il “Ribaltino di zinco”.