CAMORRA. Il grande affare delle aste fallimentari. Ecco come il clan Bidognetti mise le mani su tre mega immobili grazie a Lupin
11 Aprile 2025 - 18:27

Uno a Pinetamare, uno alle spalle del residence “Fontana Blu”, il terzo a pochi passi dalla clinica Pineta Grande
CASTEL VOLTURNO – Uno degli elementi principali dell’ordinanza che ha portato all’arresto del noto imprenditore di Castel Volturno, Antonio Fusco, insieme a figure di spicco della camorra come Nicola Pezzella, detto Palummiello (di cui ieri abbiamo scritto in relazione al suo progetto di uccidere l’imprenditore Raffaele Iuliano – CLICCA E LEGGI il nostro articolo), è rappresentato dalle acquisizioni immobiliari realizzate dal clan dei Casalesi tramite le aste fallimentari.
Se non andiamo errati, il Comune di Castel Volturno rientra nella competenza territoriale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
È dunque nella sezione fallimentare di quel Tribunale che si sarebbe consumato il cuore degli eventi.
Antonio Fusco va inquadrato correttamente all’interno della rete relazionale del clan. In tal senso ci viene in aiuto il racconto di Vincenzo
D’Angelo ha deciso di collaborare con la giustizia meno di due mesi dopo il suo arresto, avvenuto nell’ambito della maxi operazione che ha portato all’emissione di 39 ordinanze di custodia cautelare in carcere da parte del Tribunale di Napoli, su richiesta della DDA, grazie a un’indagine complessa condotta dai Carabinieri del Reparto Investigativo del Gruppo di Aversa.
Dal gennaio 2023, Vincenzo D’Angelo ha iniziato a parlare. Racconta, ad esempio, che Antonio Fusco è titolare di quattro società:
- Impresa Individuale Fusco Antonio, attiva nel settore delle locazioni immobiliari;
- Fusco Figli, il cui capitale è suddiviso tra i quattro fratelli Fusco: i tre maschi Antonio, Fabio, Massimo e la sorella Amalia;
- Centro Elettrodomestici Fusco S.r.l., intestata alla nonna, Amalia Mugnano;
- F.A. Arredamenti S.r.l., collegata direttamente ad Antonio Fusco.
Fusco è noto nell’ambiente come “Antonio Lupin”, soprannome derivato dalla scelta di chiamare i suoi negozi con nomi ispirati a personaggi dei cartoni animati giapponesi, rielaborazioni dell’antico Arsenio Lupin, protagonista di una famosa serie televisiva degli anni ’70.
Proprio in relazione ad Antonio Fusco, D’Angelo racconta un episodio in cui alcuni esponenti del gruppo Bidognetti – tra cui Antonio Schiavone, suocero di Aniello Bidognetti di Michele, Umberto Venosa, Vincenzo “Spezzacatena”, e altri soggetti non identificati – avevano formulato una richiesta estorsiva nei confronti dell’imprenditore.
D’Angelo intervenne direttamente, ricordando a Schiavone che Fusco era “a disposizione della famiglia Bidognetti”, molto amico di Raffaele “’o Puffo”, figlio di primo letto di Francesco Bidognetti, e che dunque non doveva essere oggetto di richieste estorsive.
Da quel momento, tra Antonio Fusco Lupin e Vincenzo D’Angelo nacque una solida amicizia. D’Angelo seguì da vicino tutte le operazioni immobiliari condotte da Fusco, rivelando ciò che definisce “il segreto di Pulcinella”: la camorra, quando decideva di acquisire un immobile all’asta fallimentare, impediva ad altri concorrenti di partecipare, assicurandosi così l’aggiudicazione.
Uno schema che andrebbe analizzato più a fondo, ma che esula dai limiti di questo articolo.
Il primo immobile di cui parla D’Angelo sono i locali attigui al pub “Portoricano” al Villaggio Coppola, per i quali era interessato Lello Ciccarelli, proprietario del pub.
Un altro caso riguarda i locali situati alle spalle del residence “Fontana Blu”, oggetto di interesse da parte di Zaccaria Taglialatela, cugino dello stesso D’Angelo: anche in questo caso intervenne il gruppo Bidognetti per bloccarlo.
Il terzo episodio riguarda un’area molto ambita: i terreni e un immobile di proprietà di Achille Sementini, un nome noto a Castel Volturno, situati di fronte alla clinica Pineta Grande.
Si tratta di una vasta area individuata da Antonio Fusco per realizzarvi un parcheggio e un immobile da locare a McDonald’s.
Il racconto su Sementini si fa più articolato: D’Angelo lo definisce “prestanome di mio suocero Francesco Bidognetti”. Una condizione nota anche alla magistratura, tanto che Sementini ha subito sequestri e confische di beni a lui intestati.
Secondo D’Angelo, per il terreno di fronte alla clinica Pineta Grande si trattò di una corsa contro il tempo: l’acquisto all’asta da parte di Antonio Fusco avrebbe avuto lo scopo di proteggere l’immobile da un’eventuale azione giudiziaria.