CASERTA. Bivacchi, musica a palla e ubriachezza molesta: monta la rabbia dei residenti di via Mazzini, via S. Carlo e piazza Vanvitelli. E non va meglio a S. Leucio e Vaccheria

13 Luglio 2023 - 17:51

Nell’ultima ordinanza del Comune si allungano gli orari notturni in cui si può far baldoria.

CASERTA (pm) – Sul piano personale saranno i migliori individui del mondo, ma nel loro ruolo politico gli amministratori comunali casertani sembrano un poco come il turacciolo nell’acqua, che resta sì a galla, ma in balia delle onde. Sarà il contesto affaristico che li monopolizza o li condiziona, ma per ogni questione o bisogno sociale reale della città sono ciechi, si arrabattano, si rifugiano nella fumisteria. Non vanno oltre al proprio naso.

A parte il degrado del centro come delle periferie, con strade disastrate e con la circolazione stradale giunta all’anarchia di ognuno, non c’è ambito dei servizi pubblici che possa dirsi appena appena decente.

In consiglio comunale si discetta dei temi di politica nazionale e persino di politica internazionale, ma non ci si impiccia della sanità casertana, benché giunta a livelli di insufficienza assoluta. Al pronto soccorso ospedaliero si va incontro ad odissee vere e proprie. Un mamma ci ha appena fatto sapere che, dovendo la figlia adolescente con frattura del dito effettuare una radiografia di controllo prescritta ad una settimana, si è sentita dire dal centro di prenotazione ospedaliero che la prima data utile per l’esame è agli inizi di ottobre. Fare degli accertamenti clinici è prendere un terno al lotto, con calche di persone, molte delle quali fragili per età e condizioni di salute, costrette a piantonare i laboratori con vere e proprie strategie o ricorrendo a sotterfugi, pena l’esclusione dalle prestazioni perché incredibilmente contingentate . Per l’assistenza agli anziani siamo al nulla più assoluto. Non ci sono centri di incontro, misure di sostegno, una rete di protezione. E non ci sono nel modo peggiore. Nel senso che nessuno ci pensa seriamente e concretamente. La protezione civile cittadina, teorico punto di riferimento per le emergenze, paradossalmente indica il suo contatto telefonico in un numero che, chiamato, risulta non attivo. Eppure, sono centinaia i percettori del reddito di cittadinanza che, organizzati con poco sforzo, potrebbero supplire a tutti questi bisogni. Anche presso l’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano, sindacati permettendo. E che dire delle tante case di accoglienza che ospitano stranieri e connazionali in situazioni di bisogno, prevalentemente giovani, che trascorrono la giornata non facendo sostanzialmente nulla. Sarebbe già una grandissima cosa se potessero fungere da tutor di anziani soli o disabili. Potremmo continuare per un bel po’, come sanno i casertani, con il verde, il consumo del suolo, la mancanza di iniziative per i giovani, che divengono così ottimi clienti di campus, colonie estive, scuole musicali e di lingua, centri sportivi a pagamento. E quando le graduatorie nazionali della qualità della vita e degli altri parametri di civiltà attestano che facciamo pena, il sindaco Marino di turno eccepisce che i ricercatori e gli statistici si sbagliano, non sanno fare il loro lavoro.

In verità oggi vogliamo ritornare su di un tema di stringente attualità, riconducibile a questo stato di generale disastro, qual è la movida casertana. Ne abbiamo parlato la scorsa settimana nel fare la cronaca delle ennesime proteste dei residenti del centro storico che, a causa di questo fenomeno fuori controllo ripreso con l’estate, sono impediti del sonno, del riposo, della libertà di movimento. E nel riferire, con scetticismo, dell’ennesima riunione operativa della prefettura, la quale, come sempre, non ha prodotto effetti reali. Anzi, secondo i resoconti della polizia municipale sull’ultima operazione di servizio, essendo stati 25 i locali sanzionati, si dimostra anche per questa via che le violazioni sono generalizzate e che i controlli non spaventano nessuno, probabilmente perché a fronte di una multa tardiva di 50 euro, conviene guadagnarne magari il decuplo. Preveniamo subito l’obiezione di chi osserva come il fenomeno sia nazionale e non solo locale. E’ vero e siamo i primi a dirlo e le ragioni le abbiamo analizzate già in passato. Vanno dalla inadeguatezza delle norme di settore sia penali che ordinamentali al populismo politico degli amministratori che scelgono di blandire la massa anziché tutelare i diritti dei pochi che subiscono gli eccessi di questa, dalle viscosità del sistema giudiziario che interviene in tempi inaccettabili al condizionamento delle forze di polizia preposte ai controlli, intimorite al punto tale delle conseguenze dei loro interventi (esposti come sono alle denunce ritorsive e strumentali, alle campagne di stampa colpevoliste alimentate a colpi di foto e video orientati, all’isolamento pilatesco da parte dei comandi di appartenenza specie quando interviene l’autorità giudiziaria per l’uso della forza) che preferiscono far finta di niente o procedere all’acqua di rose.

Ma ammesso questo, qui c’è una specificità tutta casertana, che proveremo a dimostrare per via di comparazione con quanto avviene nei comuni che ci sono vicini. I quali spesso danno a Caserta lezioni di buona amministrazione. Nella città capoluogo, tolta la villetta Giaquinto, non esiste un’area verde e per i bambini degna di questo nome. Tutte quelle che vengono passate per tali consistono di pochi spazi a prato o, quando più ampie, di laterizi a profusione per viali, sedili e strutture varie. La smania edilizia è tale che nella villetta Padre Pio le panchine non hanno un albero che protegga dal sole chi vi si sieda. Lo stesso avviene per la grande giostra per i bambini, che con questo caldo si trasforma in una specie di forno a micro-onde. Basta andare a Curti o a S. Maria C.V. per trovare tutt’altro.

Ordunque, nella ordinata e civile Casagiove, il sindaco, con ordinanza del 7 luglio, ha emanato le norme per disciplinare gli intrattenimenti musicali di ogni tipo a salvaguardia della quiete pubblica e del diritto al riposo delle persone, stabilendo che, durante l’estate e tenendo conto le esigenze commerciali, cessino a mezzanotte.  Un atto ponderato, ci pare, che parte dal riconoscimento del primario diritto dei residenti a trascorrere una notte tranquilla, senza alcuna demagogica equiordinazione con un presunto diritto al divertimento e all’attività economica a danno altrui. E che ha fatto applicazione dei principi stabiliti della sentenza dello scorso gennaio della corte di Appello di Milano, che ha condannato un comune lombardo a risarcire di diverse decine migliaia di euro alcuni residenti per danni da movida. La pronuncia afferma come pacifico che “il diritto alla normale qualità della vita è ritenuto prevalente rispetto alle esigenze della produzione [intesa come attività economica, n.d.r.]” e che “è imputabile al comune l’omesso controllo dell’attività dei terzi [intendi i frequentatori della movida dalle condotte scorrette, n.d.r.]”, da qualsiasi causa determinato, aggiungiamo noi.

Quanto diversamente a Caserta. A parte che l’orario per la musica viene esteso all’una, che è di già notte piena, è la prospettiva culturale che cambia. Con l’ordinanza dello scorso giugno, che ha fissato l’orario estivo per gli esercizi pubblici e che disciplina la vendita ed il consumo di bevande, viene stabilito il divieto di consumazione dalle tre di notte sino alle ore sei “con sgombero di avventori/clienti”. Un modo per dire che fino alle tre di notte si può stare, venire, ritornare, nel locale e vabbene, ma anche nella strada, posto che nessuno controllerà seriamente che non si stia fuori e soprattutto che non ci siano schiamazzi.

Ma ad un certo punto, nella parte motivazionale, si può leggere che “le disposizioni in parola consentono di contemperare gli interessi legati alla realizzazione delle attività ricreative e alla libertà di iniziativa economica con gli interessi – parimenti meritevoli di tutela – alla tranquillità e alla serenità della vita delle persone”. Operando, per quello che abbiamo osservato, un ribaltamento nell’apprezzamento dei diritti in gioco e quindi delle finalità del provvedimento. Qui di parimenti non c’è un bel niente. E’ tutta lì la questione. Questa amministrazione – in continuità con le precedenti, e non importa qui sapere se per ignavia, per interesse, per incomprensione della realtà – non vuole sancire che dopo una certa ora non ci si può assembrare in comitive nelle strade tirando tardi per una presunta libertà personale, perché anche al di là della volontà si provoca un disturbo alla quiete pubblica. E questa ordinanza è sintomatica di ciò anche nella sua impostazione generale. Per ben quattro cartelle si profonde in una disamina fattuale, sociologica, antropologica veramente capillare del fenomeno della movida, delle sue conseguenze, dei rischi per l’ordine pubblico. E qui siamo sul piano strettamente tecnico. Ma quando si passa al piano politico, cioè alle decisioni tradotte nelle prescrizioni, si fa il contrario delle premesse. Si riconosce che avvengono bivacchi, che si verificano fenomeni di degrado e di ubriachezza molesta, ma nulla si dice sulla loro repressione. Si preferisce ammannire divieti aleatori, come quello che “l’attività musicale svolta all’interno dei locali pubblici …in nessun modo può avere proiezioni acustiche all’esterno”, giusto per mettere le carte a posto e che non sono in grado di incidere sulla realtà caotica dei fine settimana.

Per invertire la tendenza, il comune e la prefettura per quanto le spetta devono innanzitutto prendere atto che la situazione  è sfuggita loro completamente di mano. E, anziché rifugiarsi in riunioni sterili e provvedimenti prolissi e speciosi , stabilire con poche e chiare parole che i locali pubblici devono operare senza pregiudizio per i diritti altrui e che nelle ore dedicate al riposo notturno è vietata la caciara nelle strade, disponendo di far sfollare chi pensa di tirare tardi impedendo agli altri di dormire per il suo sfizio. Per come si è ribaltato il senso comune sarebbero misure impopolari, ma ne hanno l’autorità ed il dovere, come ben sanno.

Un’ultima notazione riguarda un passaggio dell’ordinanza sindacale casertana che abbiamo richiamata, dove si dice ” …essendo il fenomeno della “·malamovida” fortemente diffuso, è necessario adottare un provvedimento avente una vigenza temporale funzionale al processo rieducativo orientato a radicare diverse abitudini orarie finalizzate al corretto utilizzo del tempo libero inteso come divertimento sano e benessere psico-fisico, in quanto strumento fondamentale di aggregazione sociale, ma anche risorsa preziosa per rendere la città vivace, in grado di generare valore sociale, oltre che economico, e di attirare i turisti”.

Il caos della Vaccheria

A leggerlo vengono i brividi per la prospettiva in cui si pone, che oltre che etica, confida in una irrealistica palengenesi rieducativa, nell’ordine delle generazioni molto future. Qui, se non si è capito, bisogna agire subito e con determinazione. Come chiedono anche i residenti della Vaccheria, che si sono aggiunti in queste settimane al novero dei residenti che subiscono la baraonda notturna casertana. Tutto il resto sono chiacchiere.