TUTTE LE FOTO. CASERTA bloccata anche di sabato. Ed è polemica sulla vendita abusiva di bibite con i bar…

19 Giugno 2022 - 19:00

Caserta (pm) – Si è svolta ieri mattina, snodandosi nel centro città dalla stazione ferroviaria per arrivare in piazza della Prefettura, la marcia degli immigrati campani in vista della Giornata internazionale del rifugiato, che, indetta dalle Nazioni Unite, viene celebrata annualmente il 20 giugno per commemorare l’approvazione nel 1951 della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati (Convention Relating to the Status of Refugees) da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Il logo ufficiale della celebrazione

Erano attese circa quattromila persone, ma ne abbiamo contate un ottocento al massimo. Molto poche in confronto ai numeri ben più elevati a cui il capoluogo era abituato negli anni scorsi. E chissà che significato dare ad un tale dato. Ma non è questo che importa.  Qui vogliamo notare come questo tipo di manifestazione si svolga in genere nel disinteresse cittadino più generale, a parte la rabbia degli automobilisti che incappano nel blocco del traffico e lo scombussolamento per le attività commerciali ubicate lungo il percorso del corteo che ne conseguono. Ed i motivi di questa noncuranza – spesso di fastidio perché se è lecito manifestare non è indispensabile farlo limitando la libertà degli altri, come si preferisce  credendo di dare più risalto alle proprie supposte ragioni – sono presto detti: vuoi perché questi raduni hanno immancabilmente un’impronta smaccatamente ideologica, deformatrice della realtà, vuoi perché finiscono puntualmente a recriminare tutta una serie di supposti diritti negati, dimentichi dei doveri che pure comporta l’accoglienza ricevuta.

Un momento del corteo

Il corteo in piazza Mercato

La tesi di fondo della protesta sono state quelle solite di doversi opporre al razzismo ed allo sfruttamento italiani. Ora, che l’Italia sia razzista e incline a sfruttare gli stranieri è un pregiudizio che può stare solo nella mente di radicalisti sociali. Le cose sono ben diverse, come dimostra la politica dei porti aperti praticata negli anni dai governi in una sostanziale continuità, la scelta pervicace da parte dei clandestini dell’Italia come stato di approdo e le numerose indagini penali che hanno accertato come gli stranieri riusciti a raggiungere illegalmente il nostro Paese abbiano puntualmente invitato i propri connazionali a fare altrettanto perché “…qui la polizia non ci fa niente”.

Che poi ci possano essere episodi di razzismo o fenomeni di sfruttamento è tutt’altro paio di maniche. Primo, perché la nostra democrazia ha leggi e strumenti per reprimere tali casi, denunciabili liberamente da chicchessia, compresi i movimenti politici che se ne lamentano. In secondo luogo, perché razzismo e sfruttamento interni, tra gli stessi italiani, sono purtroppo una piaga ancora attuale.

Nella manifestazione di ieri, tra i motivi di supposta discriminazione anche nel confronto con gli profughi ucraini, è stato indicato il ritardo con cui verrebbero espletate le pratiche di regolarizzazione dei rifugiati. Chi dei nostri connazionali è più vicino ad essi farebbe bene a far capire loro, oltre all’ottusità del confronto con la situazione di un paese invaso, che anche gli italiani soffrono della lentezza e dei tempi biblici della pubblica amministrazione e che quindi l’argomento invocato è completamente spuntato. Forse, per dare una mano concreta alla causa dei rifugiati, sarebbe meglio, anziché crogiolarsi in questi argomenti inconsistenti, dare risposte alle problematiche vere che pone la questione dell’integrazione. Non mancherebbero i modi.

Come abbiamo constatato, in città, molti giovani stranieri, grazie a programmi di accoglienza, vengono ospitati e mantenuti in appartamenti di comuni condomini. Sono nel fiore dell’età, vestono con decoro, hanno il cellulare, giocano a calcio, vanno a correre, girano quasi tutti in bicicletta o in monopattino, non hanno obblighi di lavoro, ma vivono in una condizione di separatezza oziosa dal resto della popolazione. I pochi contatti sono con i loro mediatori culturali italiani o connazionali di lunga data. Abbiamo decine di anziani soli, bisognosi di sostegno e di compagnia e dunque perché non farli assistere da questi immigrati debitamente formati? E’ una delle tante e facili possibili idee, per introdurre nel cuore vivo della società questi stranieri. Mah! sono i misteri della politica peggiore, per poter forse continuare a fomentare cortei inutili.

Sul piano dello svolgimento della manifestazione non possiamo non notare l’approssimazione dei servizi di viabilità. Molti automobilisti, per mancanza di indicazioni sul posto da parte dei vigili urbani, si sono trovati letteralmente  imbottigliati. Alcuni, per disimpegnarsi hanno persino azzardato manovre contromano in retromarcia. Nella foto a lato, una colonna di autovetture in via Colombo che manovra all’indietro per tornare e proseguire su corso Trieste.

Ma quello che più sconcerta è il consueto doppio strandart di legalità adoperato quando si ha a che fare con gli immigrati. Con loro nessuno vuole prendere questioni, perché i guai sono assicurati, in questo Paese all’incontrario, dove gli abusivi non temono le forze dell’ordine, mentre queste hanno timore di procedere a termini di legge.  Il comune, per motivi di sicurezza, ha emanato un’ordinanza facendo divieto ai locali del centro di vendere bibite in vetro o lattine per asporto. All’opposto, una folta fila di stranieri ha occupato  il lato  della ex banca d’Italia di  piazza Vanvitelli con la proprie bancarelle offrendo, oltre che abusivamente,  proprio tali generi di vietata vendita. Ovviamente nessuno si è azzardato ad intervenire. Nelle immagini che seguono, solo alcuni dei casi che abbiamo documentato.