CASERTA. I lavori stradali da oltre 500 mila euro nelle mani della società che per la DDA è controllata da un imprenditore del clan dei Casalesi

25 Gennaio 2024 - 08:40

La società Co.Bi. Costruzioni, legale rappresentante Ernesto Biffaro, ma per i PM dell’Antimafia nella disponibilità dell’imprenditore Fabio Oreste Luongo, soggetto ritenuto legato al clan dei Casalesi, sta lavorando in tantissime strade del comune di Caserta, a seguito di un’aggiudicazione, decisa nel febbraio 2021 e negli anni lievitata di oltre 100 mila euro. Il rischio, non la certezza, che l’amministrazione di Carlo Marino, così come quella della provincia di Giorgio Magliocca, potrebbe finanziare indirettamente l’economia camorristica esiste. Per evitare ciò sarebbe dovuta intervenire la prefettura di Caserta che, però, pare avere un’idea diversa

CASERTA (l.v.r.) – Era difficile, non impossibile, ma davvero molto difficile, conoscere l’aggiudicatario definitivo dei lavori per la messa in sicurezza delle reti stradali della città di Caserta, il lotto dedicato a via Antichi Platini, viale Ellittico, via Ruta, via Amendola, via Ferrarecce, via Gasparri, via San Pietro, via Cappuccini e via San Francesco.

Dicevamo, difficile perché il comune di Caserta non ha mai pubblicato all’interno dell’albo pretorio l’aggiudicazione definitiva di questi lavori, lasciandone traccia solo nella sezione Amministrazione Trasparente, senza, però, pubblicare i verbali di gara.

Ma si sa, anche su gare da base d’asta superiore al caso di specie, ovvero 997 mila euro, il comune di Caserta non ha mai brillato per il rispetto della trasparenza.

Il combinato disposto tra la “timidezza” dell’Ufficio Tecnico guidato dal dirigente Franco Biondi e chi ha in mano il cantiere di questi lavori dal 2021, però, rende inevitabile la stesura di questo articolo.

Il comune guidato dal sindaco Carlo Marino aveva messo in piedi, nel 2019, una procedura di gara che, tra costi dei lavori e costi aggiuntivi di scuola sarebbe stata finanziata per oltre un milione e mezzo di euro dal Fondo di sviluppo coesione, sviluppato dal governo nazionale.

A gestire la gara per il comune capoluogo, come spesso avviene, viene chiamata la Asmel, centrale di committenza che in questi anni ha avuto i suoi problemi nel far rispettare la legge dei vari enti della nostra Provincia che ne usufruiscono.

Due esempi su tutti, proprio il caso di Caserta, legato all’appalto dei rifiuti da 116 milioni, per la DDA di Napoli truccato da Carlo Savoia, un procedimento penale che vede come imputato anche il sindaco Marino; oppure la gare di Calvi Risorta, i cui operatori economici sorteggiati sarebbero stati scelti da Piero Cappello, per favorire l’imprenditore casalese Raffaele Pezzella.

La gara vede partecipare nove imprese, tra cui alcune conoscenze di CasertaCe, come la CLG Costruzioni della famiglia Della Corte, ma non solo.

ASMEL, tramite i commissari di gara Giuseppe Barrella, Rosario Famularo, e il presidente Antonio Valisena, propone quale società aggiudicataria l’impresa Geom. Francesco Verazzo di Capua, le cui generalità del legale rappresentante sono già presenti nella ragione sociale.

Si tratta di uno di quegli imprenditori che, come si suol dire, non ha bisogno di presentazioni. Ma attenzione, non si tratta di Francesco Verazzo, originario di Casal di Principe, ma ormai da decenni residente e attivo a Capua, ovvero colui che ha avuto problemi con la giustizia quando il pentito Francesco Zagaria, detto Ciccio e’ Brezza, lo ha definito sostanzialmente un imprenditore legato camorra.

Finito in carcere insieme al cugino Giuseppe, tutte le accuse nei confronti dei Verazzo furono poi smentite dal processo, dal quale sono usciti assolti per non aver commesso il fatto.

Si tratta, invece, dell’omonimo Francesco Verazzo, classe 1949, conosciuto con il nome di Don Ciccio Verazzo.

Al tempo dell’aggiudicazione della gara, però, la società Geom. Francesco Verazzo aveva ricevuto qualche tipo di misura che ha provocato l’impossibilità di contrattare con le pubbliche amministrazioni. Ripetiamo, vorremmo essere più precisi, ma ASMEL+Comune di Caserta tendono alla timidezza.

E infatti, la società di Don Ciccio Verazzo viene fatta fuori, esclusa ai sensi dell’articolo 80 del decreto 50/2016, il codice dei contratti vigente al tempo.

Ora, l’articolo 80 prevede una serie abbastanza lungo di motivi di esclusione di una società da una procedura di gara. Il massimo che il dirigente Franco Biondi concede relativamente ai motivi di esclusione riguarda presunte irregolarità fiscale errate di dichiarazioni presentate dalla società Geom. Verazzo Francesco. E quindi, obbligatoriamente, ce le facciamo bastare.

Così, prima classificata in graduatoria arriva un’altra società, la Co.Bi. Costruzioni di Ernesto Biffaro.

Se avete letto questo giornale negli ultimi due anni, non c’è neanche bisogno di dirvi di chi stiamo trattando, visto che si tratta di un operatore economico molto presente su questo sito.

Per la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, così come messo su nero su bianco dell’ordinanza del giudice del tribunale partenopeo relativa ai presunti appalti truccati al Cira di Capua, sulla Co.Bi. aveva una forte influenza Fabio Oreste Luongo, di Casal di Principe e ritenuto legato a Nicola Schiavone.

Per gli inquirenti, Luongo è un soggetto partecipa al clan dei Casalesi con il ruolo di imprenditore demandato a fare cartello. I procuratori dell’antimafia definivano Luongo come reale gestore della società, sostanzialmente ritenuta una sua impresa.

Per la Dda, dunque, avrebbe utilizzato la Co.Bi., il cui legale rappresentante è il cugino di Luongo, per simulare una parvenza di concorrenza negli appalti truccati al Cira di Capua da Sergio e Adolfo Orsi. Non lo dice CasertaCe, bensì viene segnalato dagli inquirenti che stanno seguendo l’indagine.

Sulle accuse a Fabio Oreste Luongo vanno aggiunte due cose: recentemente è stato assolto nel processo per infiltrazione mafiosa al comune di San Felice a Cancello. Dall’altra parte, però, di Luongo ha parlato e non poco Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan, che lo definisce, almeno fino il 2010, ovvero il momento in cui viene arrestato Schiavone jr., come partecipante a un gruppo di imprenditori con i quali faceva cartello.

Sarebbe stato membro – dice Schiavone – di un’organizzazione guidata da Dante Apicella, partecipando insieme a gare d’appalto dietro autorizzazione del clan, sostanzialmente per far finta che ci fosse una sfida, un po’ di concorrenza, su gare che sarebbero state ampiamente truccate.

Negli ultimi anni la Co.Bi. Costruzioni ha ricevuto, tra affidamenti diretti e gare d’appalto “aperte”, commesse dall’amministrazione provinciale di Caserta, guidata dal presidente Giorgio Magliocca, che dovrebbero essere superiori ai 700 mila euro.

Ma la società di Biffaro, ripetiamo, non per noi, ma per l’Antimafia controllata da un soggetto partecipe al clan dei Casalesi, è la prima volta che la vediamo quale vincitrice, grazie all’esclusione di un’altra impresa, di procedure di gara bandite dal comune di Caserta.

Tornando proprio ai lavori del capoluogo, possiamo dirvi che la società di Don Ciccio Verazzo qualche attività di cantiere deve averla fatta, perché solo così si spiegano i circa 273 mila euro pagati da palazzo Castropignano alla Geom. Francesco Verazzo.

Quindi, della somma aggiudicata per i lavori appaltati alla Co.Bi. vanno tolti, oltre al ribasso del 17,5%, anche i 273.000 di lavori eseguiti dalla società di Verazzo. A questo punto, il cantiere di Co.Bi. ha un valore di 562 mila euro per i lavori da eseguire. Questo succede nel febbraio di tre anni fa.

Il prezzo di questa commessa, però, negli anni è salito. Al mezzo milione e rotti di cui sopra, infatti, vanno aggiunti 33.000 euro emersi dalla perizia di variante, un aumento dei costi redatto dal ingegnere nominato dal comune di Caserta, Vincenzo Celentano, con studio ad Aversa.

Recentemente, alla fine del 2023, il comune di Caserta ha inoltre determinato un importo di 69.000 da corrispondere alla Co.Bi. Costruzioni. Si tratta dell’adeguamento dei prezzi previsto dal cosiddetto Decreto Aiuti, sviluppatosi dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, in considerazione dell’aumento dei prezzi di materiali ma anche del costo della vita reale.

Al momento, quindi, i lavori appalti alla Co.Bi. hanno raggiunto una somma pari a 664.000 euro.

Concludiamo con una serie di ragionamenti. Ernesto Biffaro non è stato indagato dalla DDA, nonostante la sua impresa fosse citata nell’ordinanza che vede coinvolto quello che per gli investigatori è un sostanzialmente un dominus della Co.Bi.; Fabio Oreste Luongo nell’unico processo che ha affrontato arrivato a sentenza è stato assolto. Quindi, seppur indagato, arrestato e poi scarcerato nel processo Cira, seppur chiamato in causa dal boss Schiavone junior, è innocente rispetto alle accuse formulate dalla DDA.

Detto questo, fatta la premessa, qualcuno, precisamente il prefetto di Caserta Giuseppe Castaldo, dovrebbe spiegare perché se la Dda e un gip affermano che la Co.Bi. è “una sua impresa”, ovvero di Fabio Oreste Luongo, ritenuto partecipe del clan dei Casalesi, gestita dal cugino di quest’ultimo, non sia stata oggetto di una procedure finalizzata alla sua cancellazione dalla white list e conseguentemente alla sua interdizione temporanea alla partecipazione di procedure di lavori pubblici.

Non è che speriamo nella distruzione di una compagine sociale che, sicuramente, avrà anche degli operai, gente che, come si suol dire, tiene famiglia.

Ma, forse, sarebbe preferibile che una società, qualsiasi società ritenuta intranea a interessi criminali, almeno fino ad una decisione di un giudice della Repubblica non venga lasciata libera di contrattare con la pubblica amministrazione.

Lo diciamo perché, facciamo una semplice ipotesi, semmai (e non lo speriamo, perché augurare una pena detentiva a qualcuno non è mai cosa buona) Fabio Oreste Luongo dovesse essere condannato con sentenza definitiva per il suo presunto imprenditore colluso con la camorra e fosse confermato l’utilizzo della società del cugino Ernesto Biffaro per aiutare la criminalità, significa che l’amministrazione provinciale di Caserta e il comune di Caserta avrebbero indirettamente finanziato l’economia del clan dei Casalesi.

Ripetiamo, è un’ipotesi, la peggiore possibile. Ma c’era un modo per evitare che questo rischio possa essere corso, ovvero l’interdittiva antimafia, lo stop temporaneo alla possibilità di ricevere commesse dagli enti pubblici.

Però, la prefettura, a suo avviso, non ha mai rilevato profili di pericolosità rispetto all’infiltrazione camorristica.