CASERTA. Il centro storico svenduto e svilito. Servirebbe l’inquisizione, altro che la commissione d’accesso…
16 Novembre 2024 - 20:48
Caserta (p.m.) – La batosta giudiziaria che ha colpito il comune di Caserta ha distolto da molte questioni cittadine non meno importanti di quella, pure capitale, degli assessori incolpati come felloni e dei funzionari ritenuti infedeli dall’autorità giudiziaria.
Speriamo che la commissione d’indagine, con Masciopinto, Mattiucci e Mozzillo, si sia resa conto di dov’è capitata e dello stato di totale anarchia ed inefficienza in cui versano gli uffici che sarebbero chiamati ad amministrare la città. Dirigenti ed impiegati, nei fatti, non rispondono praticamente a nessuno e ritardi, inadempienze, approssimazione sono praticamente la norma. I consiglieri comunali lamentano gravi deficit finanche nei servizi essenziali ed il fatto che incredibilmente, persino come componenti delle commissioni consiliari permanenti, non riescono ad ottenere gli atti dei vari dossier amministrativi per lo svolgimento dei propri compiti di valutazione, decisione e di controllo dell’operato comunale. Senza dubbio saranno le infiltrazioni malavitose, se emergeranno della dovuta apprezzabilità, che determineranno lo scioglimento del consiglio comunale e la nomina della successiva commissione straordinaria di gestione del comune. Ma le precarie condizioni di funzionalità dell’ente che abbiamo ricordate pure dovrebbero essere tenute in conto nella decisione finale, anche considerando che neppure l’azione del segretario comunale, in quanto figura preposta istituzionalmente alla vigilanza sul buon andamento degli uffici, appare sufficiente a correggerle.
Dicevamo, dunque, delle questioni restate in disparte in questi mesi. La più grande, forse, è quella dell’ex-Macrico. Non se ne parla quasi più o se non incomprensibile condiscendenza, mentre il sindaco Marino ed il vescovo Lagnese stanno operando per mettere la città davanti al fatto compiuto, che è in gestazione monocratica a Napoli.
Per giustificare i 500mila ed oltre metri cubi di volumetria degli edificati che i due vorrebbero realizzare nell’area, sostengono che si tratterebbe di un intervento dovuto, finalizzato a riqualificare i manufatti militari esistenti poiché con vincolo storico-ambientale. Come dire che, per questo partito, hanno più valore i capannoni ed i depositi di ordinari laterizi e lamiere, cadenti e caduti, dell’ex magazzino e rimessa militare piuttosto che i palazzi storici del centro antico della città che si sono fatti abbattere senza troppi patemi. Per giunta, lo stravolgimento che subirebbe l’area per il tipo e l’ampiezza degli interventi snaturerebbe il significato e la coerenza storico-architettonica dei manufatti di carattere militare che si finge di voler tutelare. Un evidente pretesto, perché le poche testimonianze dell’esercito meritevoli di essere conservati possono essere tranquillamente delocalizzate senza dover cementificare nulla e liberare spazio per un parco pubblico di verde integrale. Del tipo di quelli finanche ultracentenari che si trovano in tutte le città minimamente civili. Come fanno, quelle amministrazioni, a gestirli? Fanno miracoli, visto che a Caserta c’entra anche la Chiesa?
L’altra questione restata in pericolosa ombra è stata quella dell’urbanistica, ad iniziare dal PUC, dato per disperso. Deve far riflettere il fatto che l’altro giorno, questo vostro redattore, imboccando via Vico da via Roma, si imbatteva sulla destra in tre finestroni zincati di tipo industriale. D’istinto facevano dire: “ma stanno aprendo una nuova officina meccanica?”. Però poi si capiva che le ante erano di chiusura di altrettanti vani tecnici del nuovo palazzo in costruzione in sostituzione di quello antico ed architettonicamente bello e pregevole abbattuto di sana pianta con la soppressione dell’ampio e caratteristico giardino padronale .
Forse non è elegante, ma il primo pensiero è stato: “ma che cos’è questa porcheria?” ossia dobbiamo sopportare questo sconcio, questa bruttura in pieno centro per il lucro altrui? Ma le facciate dei palazzi che si realizzano nel nucleo storico della città non devono rispettare canoni estetici caratteristici? Nei decenni a venire, al posto della bella facciata armonica, ben ordinata, del palazzo ottocentesco raso al suolo, dovremo vedere un prospetto sgraziato e deturpato di materiali e spazi tecnici funzionali al massimo sfruttamento urbanistico dei volumi edilizi? Ma chi risponde di quest’opera di deturpamento della Caserta storica?
Stando così le cose, aspettiamoci il peggio anche per il nuovo condominio in costruzione nell’antichissima via S. Antida, in inconcepibile sostituzione del palazzetto di fine ottocento confinante e coevo con l’istituto per l’infanzia omonimo alla strada. In proposito dedicammo qualche articolo anche per il crollo di un’ala di quest’ultimo che si ebbe a luglio durante le operazioni di demolizione, con le macerie che si abbattevano sul vicino asilo.
Dell’edificio che sorgerà non si sa nulla, anche perché la società costruttrice, ad abbattimento già avvenuto, si riservava ancora di rendere note le grafiche dell’edificio da realizzare. Anche se tutto ciò è inusuale ed inspiegabile, finora dell’aspetto e della tipologia del fabbricato che verrà realizzato niente si sa. Allo stato sono in costruzione le fondamenta, dalle cui caratteristiche si possono arguire due cose almeno. Una, che il cortile interno di una volta verrà soppresso con l’occupazione di nuovo volume edilizio. Due, che poiché l’area di sedime di cui parliamo non è molto ampia, la remuneratività attesa dalla costruzione potrà venire solo dallo sfruttamento volumetrico di ogni centimetro quadrato della superficie, senza concessioni all’equilibrio ed alle forme. Premesse, tutte queste, per trovarci impianti tecnici, servizi e cavedi che danno sulla strada. Similmente a via Vico.
Siamo in buona sostanza alla città svenduta ai palazzinari. Difronte a tutto questo, non di una commissione di accesso si avrebbe bisogno, ma dell’inquisizione.