CASTEL VOLTURNO. Muore per Coronavirus il boss pentito Francesco Di Carlo. Sapeva tutto sul sequestro di Francesco Coppola

16 Aprile 2020 - 17:40

Il giovane studente fu rapito il 23 aprile del 1980 nei pressi del Lago D’Averno sulla Domiziana

CASTEL VOLTURNO (Tina Palomba) – E’ morto a causa del coronavirus  il pentito palermitano di Cosa Nostra, Francesco Di Carlo. Da lui i magistrati attendevano che potesse finalmente far luce sul misterioso rapimento dell’imprenditore casertano Francesco Coppola avvenuto nel 1980. Si tratta dello stesso collaboratore di giustizia, originario di Altofonte, che fece rivelazioni sul caso del banchiere di Roberto Calvi e su politici famosi e altri personaggi insospettabili.  Nel ’82, due anni dopo il rapimento Coppola, Di Carlo trascorse la sua latitanza, a Londra nello stesso periodo in cui fu ucciso Calvi e poi simulato il suicidio. E su quel delitto ha detto in una confessione: “Sulla morte di Calvi ho qualche sospetto – ha detto il pentito – ricordo che alcuni giorni prima della sua morte fui cercato con insistenza da Pippo Calò . Non sapevo perché e quando, alcuni giorni dopo la scoperta del cadavere di Calvi impiccato sotto il ponte dei “Frati Neri” feci una puntata a Roma, chiesi perché mi avevano cercato. Bernardo Brusca e Calò mi risposero che ormai tutto era stato “sistemato” ma non mi dissero che cosa era stato “sistemato””.

Ricordiamo che Pippo Calò è lo stesso personaggio che nel ’83 fu il mandante di un altro delitto quello di Franco Imposimato per il quale è stato condannato all’ergastolo.  Sul figlio del noto imprenditore Coppola Di Carlo -avrebbe affermato e – avrebbe svelato un importante retroscena sia sugli organizzatori che sul movente del rapimento avvenuto negli anni ’80. “ Fu organizzato dai siciliani di Totò Riina per conto dei Nuvoletta, ma fu tutto un complotto perché a Totò non gli stava simpatico un importante emergente dell’epoca, ovvero Antonio Bardellino. Voleva sminuire l’importanza di quel personaggio diventato troppo scomodo”.  Antonio Bardellino che all’epoca non era ancora considerato un grosso boss ma era considerato molto vicino alla famiglia Coppola. Fu questa la causa scatenante del sequestro messo in atto dai siciliani di Riina e i nemici napoletani di Bardellino  i fratelli Angelo e il defunto Lorenzo Nuvoletta di Marano.  Fu questa il motivo della rottura definitiva tra il gruppo di Bardellino e i Nuvoletta.

Fino ad oggi non  sono mai stati individuati i rapitori dell’imprenditore Francesco Coppola, all’epoca appena 20enne, uno  studente della facoltà di ingegneria a Napoli. Francesco  rimase per otto mesi nelle mani dei sequestratori (furono immobilizzate anche le due guardie del corpo per rapirlo) che lo rilasciarono in Sicilia, a Patti in provincia di Messina, solo dopo che il padre pagò il riscatto con una cifra di circa sei miliardi di vecchie lire. Non due miliardi come inizialmente si disse. Ma la polizia e la finanza a Cassino mentre l’anziano papà (Vincenzo Coppola)  si trovava a bordo di una 500 nera con una bicicletta sul portabagagli (tutti dettagli che gli suggerirono i rapitori per individuarlo quando doveva venire lo scambio) gli sequestrarono i soldi che dovevano servire per pagare il riscatto. Fu il suo avvocato Giuseppe Garofalo che riuscì a fare dissequestrare quella ingentissima. Coppola fu liberato solo dopo il pagamento del riscatto. I magistrati sono sempre stati convinti che Di Carlo sapesse molto di più su questo misterioso rapimento rimasto un giallo.