CAMORRA, PISTOLE & CHIAVI D’ARRESTO. Ecco i NOMI delle 12 FOTO di cui l’idraulico Davide Diana ha parlato alla Dda

30 Maggio 2019 - 13:27

SAN CIPRIANO D’AVERSA(g.g.) Curiosa questa ordinanza sull’idraulico di San Cipriano Davide Diana. Curiosa perchè riguarda una persona che mai avrebbe pensato di rischiare di finire in galera, nonostante nascondesse quel popò di armi nell’autoclave di casa. Erano le pistole e le munizioni di Corrado De Luca. In pratica, l’arsenale della fazione di Antonio Iovine ‘o ninn del clan dei casalesi.

Eppure Davide Diana on si mostra accorto, scafato, come tanti di quelli che, una volta arrestati, stanno attenti, per esempio, alle parole e ai discorsi che si fanno nei colloqui con i familiari. Davide Diana, tutto sommato, apparteneva a quella schiera di cittadini invisibili o visibili solo agli “addetti ai lavori” della camorra. E’ stato preso lui che rappresenta uno dei tanti. Perchè credeteci, a nostro avviso, tante armi, appartenenti al clan, sono state nascoste e forse lo sono ancora, in abitazioni di insospettabilissimi, tra Casal di Principe, San Cipriano, Casapesenna e dintorni.

In questi colloqui soprattutto nel confronto con suo padre, Davide Diana non immagina neppure che avrebbe rischiato, com’è poi successo di aggravare la sua posizione. Nell’angoscia della cella, avverte la necessità emotiva, ma anche pratica, di dover costruire una sua versione dei fatti e di doverla rendere credibile.

Nello stralcio da noi scelto oggi, si parla prima di tutto delle 12 fotografie che gli inquirenti gli hanno mostrato all’atto del primo interrogatorio: Antonio Belloro, il già citato Corrado De Luca, Giuseppe Della Corte, Luigi Iorio, Emiliano Lattanzio, Vincenzo Parisi, Cesare Puocci, Maurizio Basco, Ernesto Caterino, Lorenzo Mosca, Mario Pagano (anche lui arrestato, qualche mese dopo Davide Diana ma nell’ambito della stessa indagine) ed Emilio Pagano, figlio di Mario.

Successivamente, comincia il trafelato tentativo di ribadire il fatto di essere stato costretto a tenere quelle armi. Davide Diana, al cospetto di suo padre e dei suoi congiunti racconta che lui a casa di Mario Pagano c’era stato solo per aggiustare il rubinetto della cucina, ma che in realtà quella chiamata nascondeva un tranello, visto che il vero obiettivo era quello di farlo incontrare con Corrado De Luca, il quale gli avrebbe chiesto di custodire le armi incassando un sì impaurito e dunque obbligato, coartato da Davide Diana.

Naturalmente questa è una versione che non ha convinto gli inquirenti, altrimenti il Diana non sarebbe stato arrestato.

Poi inizia il discorso tipico di chi teme la verità. Davide Diana infatti chiede a suo padre di parlare con Maria Antonelli, sua cognata, in quanto vedova di suo fratello, cioè del primo custode delle armi del clan e di suggerirle di raccontare agli inquirenti, qualora fosse stata interrogata, che l’arrivo a casa sua di Davide Diana era stato legato alla necessità di un intervento resosi urgente in quanto c’era della pittura andata a male, che emanava un pessimo odore.

Se era andata veramente così, che necessità c’era di suggerire la versione alla testimone oculare della sua presenza nella casa del fratello dove c’erano le armi del clan che poi lui, Davide Diana, avrebbe trasferito nella sua autoclave?

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA