CLAN DEI CASALESI & MORTI D’ORO. Pizzo ma anche altro nel rapporto tra Oreste Reccia, il marito della figlia di Cicciotto Bidognetti e Antuan, imprenditore delle pompe funebri

9 Luglio 2021 - 13:44

In questo caso abbiamo fatto il nome e il cognome, a differenza di ciò che abbiamo scelto di fare con un altro imprenditore sicuramente vittima di estorsione e con il coraggio giusto per denunciare il tutto alla polizia di stato, in quanto il giudice definisce il rapporto tra lui e gli esponenti del clan “ambiguo”. IL “REGALO” A KATIA BIDOGNETTI

 

CASAL DI PRINCIPE – Antonio Favarolo in arte Antuan. Non stiamo parlando del famoso cantante francese che spopolò in Italia negli anni 60, con il brano divenuto proverbiale “Ti tirano le pietre“, ma di un noto esercente di pompe funebri di San Marcellino che la Dda di Napoli definisce “figura ambigua, venendo comunque rappresentato come un imprenditore con il quale dalla richiesta di tangenti si può passare ad un accordo per la divisione degli utili in cambio di sostegno per la propria attività”.

Tutta l’indagine sul gruppo di Oreste Reccia, detto recchie ‘e lepre e questo imprenditore corre sul crinale di questa ambiguità. Il rapporto esiste ed è di consuetudine antica e su questo si innesca la figura di un personaggio che sicuramente i lettori di CasertaCe, attenti alle nostre cronache giudiziarie, conoscono: Vincenzo D’Angelo, se non ricordiamo male di Santa Maria Capua Vetere, marito di Teresa

Bidognetti, terza figlia di secondo letto di Francesco Bidognetti, detto Cicciotto ‘e mezzanotte da trenta anni in carcere, della sua seconda moglie, Anna Carrino.

L’abbiamo incontrato nell’ordinanza con cui, a suo tempo, le due sorelle furono arrestate e ricordiamo i non certo lusinghieri giudizi che Katia Bidognetti dava di lui al cospetto del padre Francesco, nei tempestosissimi colloqui carcerari durante i quali Cicciotto si trovava al cospetto delle sue due figlie femmine.

D’Angelo è uno che si reaziona ad Antuan. E ci si relaziona sotto l’egida di Oreste Reccia, al quale non manca il senso dell’umorismo quando commenta l’attività professionale di Antonio Favarolo: “Li ha acchiappati tre o quattro morti, no tre ne ha acchiappati e altri due li deve fare.”

Una battuta che Oreste Reccia faceva per far capire ai propri interlocutori che era il momento buono per andare a ritirare i soldi da Antuan. Aveva fretta Oreste Reccia di prenderli questi soldi, al punto che Remigio Testa che poi si rapportava direttamente a Favarolo, era anche un pò scocciato e ricordava a Reccia che Antuan era affidabile e quando era il momento di versare i soldi, lo faceva assumendo lui l’iniziativa. D’Angelo entra in scena rispetto ad un meccanismo che non ha a che fare con una tangente di camorra propriamente detta. Si parla di un funerale, di un incasso di duemila euro e queste sono le parole: “Il funerale di duemila euro, mille a lui e mille a questo“.

Il “questo” citato è proprio Vincenzo D’Angelo, anche lui titolare di un rapporto diretto con l’imprenditore di pompe funebri di San Marcellino che dunque raggiungeva spesso in auto da Casal di Principe. Interessante è una conversazione intercettata tra Oreste Reccia e D’Angelo, con il primo che dice al secondo: “Il regalo di Katia lo dobbiamo prendere da sopra a questi qua“.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA

 

 

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