CLAN, ESTORSIONI e investimenti immobiliari. Una vera e propria Picca Dinasty. Coinvolte anche le due figlie, una arruolata nell’Esercito e l’altra insegnante
3 Settembre 2024 - 20:10
Abbiamo deciso di partire proprio dal nocciolo duro dell’ordinanza di stamattina, ossia dall’impegno corale di questa famiglia. Naturalmente il capo 1, ossia la contestazione di associazione a delinquere di stampo mafioso, ci permette di declinare le gerarchie e i cari ruoli degli associati
CARINARO/TEVEROLA (G.G.) – Affrontare un’ordinanza lunga 600 pagine è sempre molto impegnativo.
È dura leggerle tutte, ma il problema non è solo questo, piuttosto è costituito dalla necessità di dare un ordine logico a un ginepraio di comportamenti criminali che un Gip, il quale, magari, ha dovuto leggere una richiesta, formulata dai Pm, di 2/3mila pagine, ha dovuto sottoporre a un regime narrativo.
Un’ordinanza di 600 pagine che riguarda azioni, comportamenti, contestati a 56 indagati, di cui 42 destinatari di misure cautelari limitative della libertà personale, ossia arresti in carcere, arresti domiciliari, obblighi e divieti di dimora, la dice lunga sul pericolo corso da chi, poi, è chiamato a raccontare i contenuti di un documento giudiziario così ponderoso.
Quando formuliamo queste premesse, cerchiamo di mettere a frutto la lunga esperienza maturata sulla lettura di decine e decine di migliaia di pagine di altre ordinanze di camorra.
Di mattina, quando si danno le notizie dei comunicati ufficiali, quelle che contengono l’ordine onomastico degli indagati suddivisi in ragione del loro status cautelare, lasciando per ultimi coloro che sono indagati a piede libero, è un’operazione standard.
Poi arriva il momento in cui bisogna decidere come raccontare una vicenda di camorra che, stando a quel poco da noi letto finora, mette dentro tante cose, tanti ingredienti della camorra tradizionale: l’estorsione al cantiere, l’intestazione fittizia di immobili comprati dal boss, l’attività di riciclaggio e autoriciclaggio, condendo il tutto con una novità che anche un camorrista 68enne qual è Aldo Picca, il quale, come si suo dire “si è fatto” 19 anni in carcere, deve accettare: oggi i soldi devono arrivare anche dalle attività di spaccio, dall’organizzazione della distribuzione commerciale degli stupefacenti.
Insomma, il vecchio codice d’onore dei casalesi “niente droga a casa nostra” è saltato anche per chi ha fatto il camorrista nella stessa generazione di Francesco Schiavone Sandokan, visto che Aldo Picca ha soli due anni in meno e suo fratello Luigi, di Sandokan è addirittura coetaneo.
Noi abbiamo scelto, come metodo di lavoro, quello di strutturare questa ordinanza sulla modalità con cui Aldo Picca si è rimesso a fare il camorrista, trovando, all’uscita dal carcere, una famiglia pronta che quasi non aspettava altro. Va bene ed è comprensibile per il citato fratello Luigi, per gli altri due fratelli Raffaele e Giuseppe, rispettivamente 63 anni e 59 anni.
Ma qui, alla cosca familiare sembrano essersi uniti appassionatamente anche i figlioli, o meglio le figlie Cira e Laura. La prima 45enne, colpita da divieto di dimora nel comune di residenza, e la seconda 41enne, indagata a piede libero.
Poi c’è Giovanni Picca, 41 anni, che non sappiamo ancora incastrare nel mosaico familiare visto che dall’ordinanza si capisce in maniera esplicita la paternità, peraltro citata, di Cira e Laura, ma di Giovanni si sa che è nato nel 1982 e basta.
Potrebbe trattarsi del figlio di uno dei fratelli o magari di un cugino diretto di Aldo Picca, ma su questo saremo più precisi in un prossimo articolo.
Insomma, una vera e propria Dinasty, che rafforza anche la posizione del boss rispetto ai suoi partner principali che con lui condividevano l’attività principale soprattutto nei territori di Carinaro e Teverola, ossia Nicola Di Martino e Raffaele Di Tella soprattutto.
Come sempre, il capo di imputazione più importante è il primo, ossia la contestazione di quello che potremmo chiamare reato-strumento attraverso il quale, poi, si compiono tutti gli altri: l’associazione a delinquere di stampo mafioso ai sensi dell’articolo 416 bis commi 1, 3, 4, 5, 6, 8 del Codice Penale.
Allora, per quanto riguarda la famiglia Picca, oltre ad Aldo il 416 bis viene contestato anche al 41enne Giovanni e ai fratelli di Aldo, Giuseppe e Raffaele.
Per Luigi, Cira e Laura reati singoli, comunque aggravati dall’aver realizzato un’attività utile agli interessi del clan dei Casalesi, ossia di aver violato l’articolo 416 bis comma 1, un tempo noto come articolo 7 della legge 241/91.
Tornando all’associazione a delinquere, oltre ad Aldo Picca, ai due fratelli, a Giovanni Picca, a Nicola Di Martino e Raffaele Di Tella, entrano nel calderone anche Salvatore De Santis, Carmine Di Tella, Giuseppe Laudadio, Giuseppe Sarno, Francesco De Chiara, Antonio Zuppa e Michele Vinciguerra.
Il primo capo di imputazione, che per quella autentica stupidaggine dello specifico contenuto della legge Cartabia che impedisce di pubblicare stralci integrali di ordinanze e atti giudiziari fino alla conclusione delle indagini, non ve lo possiamo mettere a disposizione.
Il capo 1 serve sempre molto, perché stabilisce di solito un organigramma, delle gerarchie, indicando anche i vari ruoli ricoperti dai presunti affiliati.
I capi erano riconosciuti nelle persone di Aldo Picca e Di Martino. Erano loro i decisori e gli altri affiliati si muovevano in armonia.
Chi svolgeva un ruolo operativo essenziale erano, tra gli altri, Salvatore De Santis, Carmine Di Tella, Giuseppe Laudadio, Giuseppe Sarno, Francesco De Chiara, Antonio Zuppa e Michele Vinciguerra, coordinatori delle attività estorsive a cantieri, commercianti, nonché imposizione di apparecchi slot-machines e determinati istituti di vigilanza controllati dalla camorra.
Tutti abbastanza versatili, visto che si occupavano di organizzare anche l’attività di spaccio e dei “rapporti diplomatici” con altre fazioni del clan dei Casalesi, in particolare l’ala Bidognetti.
Un rapporto ancora più stretto con il centro decisionale del clan lo avevano, naturalmente, i fratelli di Aldo. Anche a loro erano affidati compiti organizzativi di sorveglianza delle attività e del buon andamento delle relazioni con altre fazioni del clan dei Casalesi.
Domani ci soffermeremo sul ruolo delle figlie di Aldo.