Dopo lo strappo tra Maurizio Capoluongo e Zagaria, il rampollo Nicola Schiavone disse a Panaro: “Siamo entrati a Trentola e S.Marcellino”. I due dipendenti del comune di CASAL DI PRINCIPE. Quella domanda sullo “Zamberletti” di Casale

26 Ottobre 2022 - 14:20

Si tratta di interrogatori inseriti nell’ordinanza imperniata sulla figura di Dante Apicella. Tre anni dopo al rilascio di questi interrogatori da parte di Panaro, i principali contenuti degli stessi avrebbero poi trovato riscontro, con simmetrie riguardanti anche i nomi e i cognomi, nelle dichiarazioni , rilasciate da pentito da Nicola Schiavone. Viene fatto il nome anche di Enzo Natale e noi utilizziamo questa informazione era quella che è, non essendo corroborata da nessun altro elemento che possa rendere sicuro, matematico il fatto che Panaro si riferisca proprio all’imprenditore di Casale trapiantato a Casagiove e a Santa Maria Capua Vetere, e con significativi trascorsi politici anche a capo dell’Asi di Caserta

CASAL DI PRINCIPE – Sono tre i verbali con le dichiarazioni rese dal pentito Nicola Panaro inseriti nell’ordinanza che ha coinvolto il noto imprenditore Dante Apicella, considerato “uomo” del clan Schiavone e referente per la gestione e il controllo degli appalti pubblici a Casal di Principe ma non solo. Le parole del collaboratore riscontrano alcuni passaggi di ciò che l’ultimo pentito dei Casalesi, Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan, ha dichiarato agli inquirenti.
Panaro spiega che la famiglia Schiavone riceveva il 10% sull’importo totale dell’appalto dalla ditta che se l’era aggiudicato grazie ai favori del clan “mentre

per le altre ditte che non erano vicine al clan – precisa – la rata estorsiva ammontava all’incirca al 3-5% dell’importo totale dell’appalto.”

E così accadde, sempre secondo Panaro, per i lavori di riqualificazione delle strade di Casal di Principe. Riscontrando pienamente quello che poi a tre anni di distanza da questo suo interrogatorio avrebbe riferito Nicola Schiavone, il pentito spiega che il figlio di Sandokan lo contattò durante la sua latitanza (di Panaro, n.d.r.) per riferirgli che quei lavori li avrebbe eseguiti una ditta riconducibile a Dante Apicella, la quale avrebbe poi pagato il 10% al clan “in cambio dell’appoggio necessario – dice Panaro – per l’aggiudicazione dell’appalto per il tramite dell’intervento di Nicola Schiavone sull’ufficio tecnico comunale di Casal di Principe, in particolare tramite il geometra Giacomo Letizia e di Vincenzo Schiavone “Cenzino o comunale” che operavano proprio su mandato di Nicola Schiavone“, aggiunge il collaboratore di giustizia, formulando questi due nomi che poi tre anni dopo sarebbero entrati anche nei verbali di interrogatorio sottoscritti dallo stesso Nicola Schiavone (CLIKKA E LEGGI). Ma Panaro racconta anche un altro particolare: “Nel periodo in cui gli appalti erano pilotati dalla famiglia Russo, questi ultimi operavano per il tramite del dipendente comunale Nicola Di Caterino”.
Infine, spiega che il clan riuscì ad inserirsi nei comuni di Trentola Ducenta e San Marcellino grazie a Maurizio e Giacomo Capoluogo. Probabilmente Nicola Schiavone comunicò a Panaro questa notizia in coincidenza con lo screzio che portò Maurizio Capoluongo, oggi a piede libero e di conseguenza anche il fratello Giacomo, a rompere il loro sodalizio storico con Michele Zagaria, entrando a far parte proprio del gruppo della famiglia Schiavone, così com’è riscontrato del resto, in altri, numerosi atti giudiziari.

Nel terzo verbale firmato dal pentito il 9 luglio 2015, Panaro conclude spiegando che alcuni appalti il clan se li era aggiudicati tramite Enzo Natale. E qui ovviamente noi non possiamo andare troppo al di là, eccedendo nella deduzione. Non si può stabilire infatti se Panaro si riferisse all’Enzo Natale, imprenditore di Casal di Principe, trapiantato a Santa Maria Capua Vetere ma residente a Casagiove con diversi trascorsi politici alle spalle, a partire da una candidatura alle Regionali del 2005, e e da un’esperienza da presidente del consorzio intercomunale delle Aree di Sviluppo industriale della provincia di Caserta o Asi che dir si voglia. Finanche noi incontriamo qualche difficoltà nel ricordare se Enzo Natale, quell’Enzo Natale che fu uno dei rimi a quel tempo ad aprire, proprio a Santa Maria Capua Vetere, sotto alla caserma dei carabinieri, una sala bingo , abbia avuti altri incarichi in enti elettivi o strumentali della pubblica amministrazione. Dunque, potenzialmente, in un certo periodo, Enzo Natale ha avuto la possibilità di dare appalti e che avuto sicuramente ancora più a lungo la possibilità di far sì, attraverso persone a lui riferibili, operanti nelle giunte di vari comuni, nei diversi consigli comunali, da Casal di Principe a Santa Maria Capua Vetere fino a Casagiove, di propiziare indirettamente l’aggiudicazione di appalti a questa o a quell’altra ditta. Ma ripetiamo, siccome il nome di Enzo Natale compare, en passant, in questa dichiarazione di Nicola Panaro, dobbiamo chiarire che non è detto che sia proprio lo stesso Enzo Natale di cui abbiamo declinato le generalità personali, imprenditoriali e politiche. Quando noi diciamo che non è detto, significa che non è detto al 100%, visto che per noi il 90 o il 99% sono percentuali molto differenti dal 100% che è tutt’altra cosa.

Una curiosità: durante il primo di questi interrogatori, quello del 13 marzo 2015, un ufficiale dell’arma dei carabinieri chiede a Panaro se avesse mai sentito parlare del soprannome “Zamperletti“. A Panaro non gli suona estraneo ma dichiara che al momento in cui quella domanda gli viene formulata, a lui no sovviene nulla di più.
Per chi non lo sa, Giuseppe Zamberletti è stato un politico della Democrazia Cristiana, ma soprattutto è stato colui che ha “inventato”, fondato la protezione civile italiana. Divenuto ministro, il suo nome diventò celeberrimo all’indomani del terremoto che colpì l’Irpinia, molta parte della Campania e anche una parte della Basilicata, del 23 novembre 1980. Il suo nome è noto anche per una legge che attivò finanziamenti pubblici. Ora, si sa bene che molto della crescita delle attività criminali nel sud Italia, in Campania e nell’agro aversano in particolare fu legato proprio alla fiumana di danari che attirarono appetiti incredibili e che contribuirono anche alla guerra più sanguinosa della storia della criminalità nazionale, quella tra Nuova Camorra organizzata di Raffaele Cutolo e il cartello, riunitosi in un’unica alleanza, definiti Nuova Famiglia, di tutti i clan della camorra già insediata in Campania dagli anni 70, cartello che ebbe in Antonio Bardellino di San Cipriano e in Carmine Alfieri i due capi di maggiore spessore. Questo soprannome “Zamperletti“, ci riporta per esempio a Caserta capoluogo un politico degli anni 80 fu soprannominato “Corbalossi“, parafrasando il nome dello storico ministro dei lavori pubblici Pietro Bucalossi, primo firmatario della famosissima legge che inventò, iniettandoli nelle procedure di appalto, quelli che oggi si chiamano oneri di urbanizzazione, i pratica tasse che finiscono nelle casse dei comuni, e che fino a qualche decennio fa venivano definiti con un’espressione, cioè “il pagamento della (tassa) Bucalossi” .
Per cui, se ad un imprenditore, magari dell’edilizia o a un dirigente di un ufficio tecnico o a un politico è stato affibbiato il soprannome Zamberletti, non è improbabile che si tratti duna persona stagionata, che ha vissuto il periodo post terremoto, gestendo una quota parte di quei finanziamenti.
Cercheremo di operare noi una ricerca da storici er disvelarvi questa identità che Nicola Panaro non ha declinato, nel 2015, al cospetto di chi lo interrogava
I particolari potete leggerli nello stralcio dell’ordinanza che pubblichiamo qui in basso.

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA