LA NOTA. Ecco come e quando PASQUALE ZAGARIA ritornerà in carcere. Il decreto del governo rischia di essere peggiore del male. Sbagliato non far dimettere Bonafede

31 Maggio 2020 - 14:14

CASAPESENNA (Gianluigi Guarino) – Avendo sbagliato dall’inizio e avendo sbagliato molto e pure a lungo, il rimedio che lo sgangherato Ministro della Giustizia Bonafede ha utilizzato per sanare l’errore, non sarà esente da effetti collaterali.

L’aver consegnato il problema delle agitazioni carcerarie, delle proteste spesso violente, inscenate da alcuni detenuti, all’emotività della narrazione più drammatica delle giornate più acute del Covid, ha creato le condizioni per esporre lo Stato Italiano all’ennesima brutta figura, di cui la scarcerazione di decine e decine di boss non rappresenta, paradossalmente, il fatto più significativo, ma solo l’effetto logico di un regime di incompetenza, inaffidabilità, irrazionalità e improvvisazione in uno dei punti nevralgici del governo della nazione.

Perché se da un ufficio del Ministero della Giustizia si fallisce pure nell’invio di una mail, così come è successo nella vicenda della scarcerazione di Pasquale Zagaria, non esistono proprio le condizioni per affrontare discorsi più impegnativi.

Questo Covid è stato una manna per i ministri che, per settimane e settimane, hanno potuto dissimulare l’assenza quasi totale di capacità dietro alla facile erogazione del pathos, che ha permesso loro di incamerare empatia e simpatia.

Di fronte alla necessità di esprimere capacità di governo, affrontando situazioni più complesse rispetto al dire “state tutti a casa e nessuno osi uscire”, sono venute fuori tutte le carenze della compagine governativa. Una domanda: ma il Ministro Bonafede, quando queste avvenivano, era consapevole di chi fossero i signori Zagaria, Filippone, eccetera?

Secondo noi, no.

Dunque abbiamo un Ministro della Giustizia che non si rende conto delle persone che entrano ed escono dai penitenziari che lui amministra.

Se tu metti intorno a un tavolo contemporaneamente Di Maio, Bonafede, Azzolina, Patuanelli, di cosa mai possono parlare con profondità di analisi derivata dall’ampiezza di conoscenza?

Di nulla. Si limiteranno a leggere centinaia di dispacci di agenzia, cavalcando una narrazione dei fatti solo politica e per giunta molto elementare.

Come si suol dire, nella vicenda delle scarcerazioni, è mancata completamente la visione.

Introdurre questa categoria è, però, già eccessivo, perché la visione, la capacità di vedere oltre il proprio naso, è discrimine costitutivo dell’appartenenza alla ristretta cerchia degli statisti o a quella meno ristretta di persone sufficientemente preparate, ma prive di quel quid, di quella capacità di trasferire il pensiero al di là della contingenza, e dunque oltre l’emotività del tempo presente.

Con il Ministro Bonafede siamo fuori da questo ordine gerarchico.

Basentini-Bonafede

Siamo convinti, perché l’ha dimostrato, che nel momento in cui ha deciso, avvolto dal pathos e dall’inconsistenza di un lavoro coordinato con gli altri Ministeri, di scarcerare i detenuti afflitti da serie patologie, non ha svolto propedeuticamente nessun ragionamento che trasponesse temporalmente, con le relative conseguenze, quell’atto di straordinaria delicatezza.

Grillinamente parlando, ci piace usare il tono di una canzone del rapper Fabri Fibra, cazzo Ministro, fatti dare l’elenco di chi ha fatto richiesta di scarcerazione.

Hai a disposizione centinaia di dirigenti, esperti, segretari, attendenti, autisti, collaboratori, operi in un Ministero che costa ai contribuenti centinaia di milioni all’anno e non ti viene in testa di collegare il cervello alla necessità di conoscere l’identità di ogni detenuto che avrebbe beneficiato di un provvedimento che in linea di principio poteva avere anche un senso, se fosse stato pragmaticamente modulato in base ai motivi per cui uno si trova recluso in carcere.

Sarebbe bastata l’intelligenza di un lombrico, che evidentemente in questi tempi non abita in via Arenula.

L’ingloriosa marcia indietro, il decreto della ritirata (poco) strategica, quello entrato in vigore, che sancisce il principio della rivisitazione dei provvedimenti assunti dai Tribunali di Sorveglianza, male assistiti dagli uffici ministeriali che avrebbero dovuto fornire rapidamente la documentazione comprovante l’esistenza di strutture sanitarie efficienti e interne al sistema carcerario italiano, che accogliessero e isolassero dal pericolo i detenuti afflitti da patologie, oltre a rappresentare una pessima figura non risolve equamente la questione. Non è un caso, al riguardo, che un giudice di Sorveglianza del Tribunale di Spoleto, Fabio Gianfilippi, abbia sollevato un problema di costituzionalità del nuovo decreto, già formalizzato davanti ai giudici della consulta.

Un’iniziativa che si collega alla vicenda personale di un detenuto condannato a 5 anni di carcere e finito ai domiciliari grazie al provvedimento anti-Covid.

Una persona già sottoposta a un trapianto di organi “con la necessità – così era scritto nel provvedimento che ne disponeva gli arresti domiciliari – di continuare il trattamento con immunosoppressori e immunoglobuline anti-HBV, cioè l’epatite B.

Il disastro di questo nuovo decreto, che assevera il ragionamento di chi ritiene irreversibile il danno inflitto all’inizio di questa storia dall’incompetenza di questo governo, è che per rimettere in carcere venti boss dovranno tornare in cella detenuti che stanno scontando pene lievi e che rischiano veramente di rimetterci la pelle, perché un trapiantato non è come uno che si è sottoposto ad un intervento di appendicite.

D’altronde non si poteva fare un decreto discriminatorio, scollegando il tumore alla prostata di Pasquale Zagaria dalle ragioni del trapiantato condannato a 5 anni.

A quel punto i ricorsi alla Corte Costituzionale sarebbero stati centinaia e centinaia.

Il 4 giugno, cioè giovedì prossimo, un giudice della Sorveglianza del Tribunale di Sassari deciderà se Pasquale Zagaria dovrà tornare in carcere; è molto probabile che il boss di Casapesenna ci ritorni, magari non a Sassari ma nel penitenziario con strutture sanitarie almeno sufficienti.

A chi ha avuto la pazienza di leggere questo articolo domandiamo: sono state sufficienti le dimissioni del responsabile del Dap Basentini? Era tanto campata in aria l’idea di promuovere, al di là delle mozioni di sfiducia presentate dall’opposizione, una riflessione interna al governo finalizzata ad avvicendare – esistendone, come abbiamo scritto, tutte le ragioni – il Ministro Bonafede, che opera in un settore di cui ha dimostrato di non conoscere neppure i rudimenti essenziali?