ELEZIONI DI SAN FELICE. Partita ancora aperta. Il Consiglio di Stato ha dato il via libera a un nuovo ricorso sugli eletti, stavolta in solenne seduta plenaria

10 Maggio 2019 - 11:38

SAN FELICE A CANCELLO(Gianluigi Guarino) La partita non è chiusa, tutt’altro. Nel senso che Emilio Nuzzo non parteciperà alle elezioni comunali del 26 maggio, ma non è detto che il sindaco eletto rimarrà in carica per molto. Non è detto, perchè nelle 22 pagine di sentenza scritte dalla terza sezione del Consiglio di Stato, se da un lato viene respinto il ricorso di Nuzzo, in quanto quella sezione valorizza, a nostro avviso, più che discutibilmente, alcune tracce giurisprudenziali, è anche vero che gli stessi giudici del Consiglio di Stato riconoscono che esiste un “conflitto di giurisprudenza” che consente a Nuzzo di impugnare l’esito delle elezioni, portandolo davanti allo stesso Consiglio di Stato, nella cosiddetta “seduta plenaria“, per intenderci, una sorta di Corte di Cassazione a sezioni riunite, una solenne convocazione di tutte le sezioni del Consiglio chiamate a confrontarsi e a dibattere su una materia controversa per provare a stabilire attraverso una sentenza su un fatto specifico, una giurisprudenza univoca.

Ieri, i giudici hanno affermato di non poter esimersi dalla decisione, vincolata alla tempistica elettorale e dunque di non poter già trasmettere gli atti alla seduta plenaria. Hanno detto pure che, secondo loro, la giurisprudenza da valorizzare è quella che porta a considerare, travolgendo completamente il senso della legge Severino, la riabilitazione come unico strumento per recuperare l’eleggibilità nelle istituzioni rappresentative, parlamento italiano, parlamento europeo e, come ha chiarito la Corte costituzionale, colmando una lacuna redazionale della Severino, anche gli enti locali.

E d’altronde se leggiamo, come leggiamo, nella sentenza di ieri, che vengono citate, come supporto giurisprudenziale, anche verdetti della Cassazione, risalenti al 2009 e al 2010, cioè abbondantemente precedenti alle entrata in vigore del Testo Unico in materia di incandidabilità, meglio nota come legge Severino, allora l’idea che questi magistrati, al di la del fatto specifico di San Felice, nutrano un pregiudizio nei confronti dell’intera impalcatura che regola la materia ai sensi del Testo Unico, diventa, più che un sospetto, quasi una certezza.

Beninteso, a noi, di Emilio Nuzzo non “ci frega un tubo“. A noi piace occuparci di cose serie, importanti, culturalmente evolute, rispetto alle quali rivendichiamo, nel rispetto di ogni istituzione, ma senza complessi di inferiorità, il diritto di dire la nostra. Una nostra, frutto di una conoscenza da autodidatti, duramente costruita attraverso la lettura e lo studio di manuali e sentenze. Per cui, se Emilio Nuzzo ha finito i soldi per presentare un altro ricorso al Consiglio di Stato, riunitosi questa volta in seduta plenaria, per creare dunque finalmente la giurisprudenza delle giurisprudenze, allora ci tassiamo noi di CasertaCe, facciamo metà per ciascuno con l’avvocato Renato Labriola, perchè dove c’è gusto, non c’è perdenza.

Siccome le sedute plenarie del Consiglio di Stato sono pubbliche, andremo, presumibilmente nel prossimo autunno, lì a Roma ad ascoltare. Ad ascoltare soprattutto una cosa, rispetto alla quale, i consiglieri della repubblica non potranno sottrarsi: come va interpretato o, meglio ancora, che cavolo è l’articolo 13 della legge Severino?

Ve lo ripubblichiamo per l’ennesima volta: “1. L’incandidabilita’ alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento europeo spettante all’Italia, derivante da sentenza definitiva di condanna per i delitti indicati all’articolo 1, decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza stessa ed ha effetto per un periodo corrispondente al doppio della durata della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici comminata dal giudice. In ogni caso l’incandidabilita’, anche in assenza della pena accessoria, non e’ inferiore a sei anni.

2. Il divieto ad assumere e svolgere incarichi di Governo nazionale, derivante da sentenza di condanna definitiva per i delitti indicati all’articolo 1, opera con la medesima decorrenza e per la stessa durata prevista dal comma 1.

3. Nel caso in cui il delitto che determina l’incandidabilita’ o il divieto di assumere incarichi di governo e’ stato commesso con abuso dei poteri o in violazione dei doveri connessi al mandato elettivo, di parlamentare nazionale o europeo, o all’incarico di Governo, la durata dell’incandidabilita’ o del divieto e’ aumentata di un terzo.”

Ci vogliamo sedere, quella mattina, davanti agli autorevolissimi consiglieri dello Stato italiano e vogliamo capire come interpretano o meglio ancora cosa siano i commi 3 e 4 dell’articolo 15 relazionati all’articolo 13, dato che si tratta della stessa legge e non è che puoi considerare le due cose disancorate tra di loro, linee parallele che, essendo tali, non si incrociano mai: comma “3. La sentenza di riabilitazione, ai sensi degli articoli 178 e seguenti del codice penale, e’ l’unica causa di estinzione anticipata dell’incandidabilita’ e ne comporta la cessazione per il periodo di tempo residuo. La revoca della sentenza di riabilitazione comporta il ripristino dell’incandidabilita’ per il periodo di tempo residuo.

Comma 4. L’incandidabilita’ disciplinata dagli articoli 7, comma 1, lettera f) e 10, comma 1, lettera f), si estingue per effetto del procedimento di riabilitazione previsto dall’articolo 70 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.“.

Allora, nel comma 3, la parola anticipata è un refuso, allora a questo punto, non possiamo che dire ‘na fanfaronata, ‘na cazzata e cioè che la parola “anticipata” c’è andata a finire per sbaglio.

E dobbiamo pensare che l’avvocatessa Severino sia uscita completamente di brocca, scrivendo il comma 3 e il comma 4 dell’articolo 15, considerando la riabilitazione come unico e assoluto (la parola assoluto non c’è scritta, invece, mai) strumento di riconquista della candidabilità? Impazzita al punto, la buona avvocatessa del governo Monti, da aver scritto tutto e il contrario di tutto: prima l’articolo 13 che stabiliva i requisiti generali che non consideravano la riabilitazione, come ha ribadito recentemente un’altra sentenza della Cassazione, non quelle del 2009, 2010, precedenti alla Severino, strumento da far intervenire nella procedura temporale del decorso di un tot di anni, che non può essere superiore a 6? 

Guardate, anche se l’avesse pronunciata il consiglio astrale dei pianeti oppure Mosè, noi staremmo qui, laicamente, in puro stile liberale, a contestare, perchè ripetiamo, i magistrati dei Tar o del Consiglio di Stato posseggono alte competenze culturali e professionali, certo esponenzialmente superiori alle nostre in materia giuridica. Ma noi, la lingua italiana, per studi e cognizione, la conosciamo almeno quanto la conoscono loro.

La speranza è che il dubbio sorto ieri ai magistrati della Terza sezione del Consiglio di Stato che hanno aperto a Emilio Nuzzo la possibilità di presentare un’impugnazione dell’atto amministrativo di proclamazione degli eletti, fissato per il 27 maggio o in caso improbabilissimo di ballottaggio, per la mattinata del 10 giugno, rappresenti il viatico per un ritorno ad una legalità reale.

Alla scuola media, nell’educazione civica, un professore molto erudito, facendo degli esempi molto elementari, ci fece capire che i giudici, applicando la legge, sono chiamati molte volte ad interpretarla. E quella si chiama giurisprudenza. Ma interpretarla è una cosa, revocarla e costruirla sono un’altra cosa. Montesquieu si rivolterebbe nella tomba.

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