EMMEDUE, LA FAMIGLIA SCHIAVONE E AUSCHWITZ: “Noi non c’entriamo nulla con la scelta di quel nome, al progetto solo associati”. CasertaCE: “Invece c’entrate e vi spieghiamo il perché”

8 Giugno 2023 - 12:32

Con piacere sviluppiamo un dibattito stimolato dalla cortese missiva scrittaci dalla società sessana che confuta un nostro articolo con cui il 4 maggio scorso avevamo denunciato la scelta deprecabile del nome dato a un progetto “Il lavoro rende liberi”, traduzione letterale della scritta che campeggiava in diversi lager nazisti. Ci scrivono che il progetto è stato curato dalla coop. Per Voi, che se non andiamo errati è proprio la cooperativa citata dalla Squadra Mobile e dalla Dda come di proprietà di Luigi Lagravanese, imprenditore ritenuto il braccio operativo nel business del terzo settore per il clan dei Casalesi. Il problema, ribadiamo, appartiene alla categoria strutturale della cultura di base di una classe dirigente territoriale del tutto inadeguata

LA LETTERA DI EMME DUE – In riferimento all’articolo pubblicato sul giornale online https://casertace.net/leditoriale-da-camicia-di-
forza-la-emme-due-di-michele-e-massimo-schiavone-lancia-un-progetto-per-i-malati-psichiatrici-
utilizzando-la-scritta-di-auschwitz-e-non-stupisce/
ed alle accuse nei confronti della Società Emme Due Srl,

si intende precisare, che con il Decreto della Giunta Regionale della Campania n. 98 del 16/04/2021:

  • in data 26 luglio 2018 è stato sottoscritto l’“Accordo tra la Cassa delle Ammende, le Regioni e le
    Province autonome per la promozione di una programmazione condivisa, relativa ad interventi per
    l’inclusione sociale a favore delle persone in esecuzione penale”, per la realizzazione di programmi
    di
    reinserimento e di assistenza rivolti a detenuti, internati e persone in misura alternativa alla
    detenzione o soggette a sanzioni di comunità;
  • la Regione Campania ha aderito, con DGR n° 475 DEL 08/10/2019, all’iniziativa proposta dalla Cassa
    delle Ammende in linea con quanto previsto dall’Accordo del 26 luglio 2018 assunto con le Regioni
    e le Province autonome e finalizzata alla promozione di interventi per l’inclusione sociale in favore
    delle persone in esecuzione penale attraverso la realizzazione di programmi di reinserimento e di
    assistenza rivolti a detenuti, internati e persone in misura alternativa alla detenzione o soggette a
    sanzioni di comunità.

In sintesi, le finalità del bando, erano quelle di selezionare soggetti del Terzo Settore, per un percorso di co-
progettazione, ai sensi dell’art.55 del Decreto Legislativo 3 Luglio 2017 n.117, finalizzato alla definizione di

un progetto di inclusione sociale a favore delle persone in esecuzione penale (n° 30 soggetti) e ad un
programma di sostegno alle vittime e giustizia riparativa. Con tale iniziativa la Regione intendeva favorire la
sperimentazione di misure alternative alla pena, offrendo percorsi di inserimento in ambiente lavorativo
attraverso un progetto di condivisone delle regole sociali e lavorative.

La Società “Per Voi” Cooperativa Sociale Onlus, ha partecipato alla “Manifestazione di interesse finalizzata
all’individuazione di soggetti del terzo settore disponibili alla co-progettazione e gestione di percorsi di
sostegno ed inclusione socio lavorativa delle persone in esecuzione penale in Campania” con il progetto dal
titolo “il lavoro rende liberi” ed è risultata idonea classificandosi al 10° posto (come verificabile dall’Allegato
B al DD 98 del 16/4/2021). La società vincitrice ha poi richiesto, per il tramite della UEPE una collaborazione
alla Società Emme Due Srl, considerando che la società ospita ricoverati con misure non detentive.

La Società Emme Due Srl, non ha quindi avuto alcun ruolo nella preparazione del progetto (men che meno
nella scelta del titolo), né nelle fasi propedeutiche alla presentazione del progetto, né in tutti gli
adempimenti successivi, ma è stata coinvolta solo per far partecipare al progetto 8 dei propri residenti
in struttura, occupandosi del trasporto e della cura degli stessi e mettendo a disposizione (a titolo gratuito) un operatore. La Società si rende disponibile per qualunque ulteriore chiarimento o confronto anche in futuro.

LA REPLICA DI CASERTACE (Gianluigi Guarino) Intanto, prima di entrare nel merito della questione, vogliamo ringraziare la direzione amministrativa della Emme Due srl per aver accettato un tranquillo confronto tra tesi discordanti, in merito a un articolo da noi pubblicato lo scorso 4 maggio e che riproponiamo ai nostri lettori CLICCANDO QUI, in modo che chi fosse interessato a questo scambio epistolare tra CasertaCE ed Emme Due possa appropriarsi di ogni cognizione sull’antefatto.

Se non abbiamo letto male, la confutazione mossa dalla direzione amministrativa di Emme Due si basa su un ragionamento così sintetizzabile: noi non abbiamo la paternità di quel progetto finalizzato al reinserimento di condannati in esecuzione di pene detentive, attraverso la definizione di un percorso formativo che li possa reinserire nel mondo del lavoro. Quel progetto è stato scritto, organizzato e pianificato dalla cooperativa Per Voi. Mentre noi di Emme Due ci siamo posti in sinergia, in modo da consentire la partecipazione di 8 residenti nelle nostre strutture.

Benissimo, la partita potrebbe finire qui. Ma partita non ci sarebbe stata neppure se, di punto in bianco, una mattina, sulla pagina ufficiale della società Emme Due, di proprietà della famiglia Schiavone di Sessa Aurunca, non fosse comparsa la denominazione a dir poco lugubre di questo progetto: “Il lavoro rende liberi“.

Guardate, noi qui non stiamo a spaccare il capello. Se ci vedete continuamente impegnati a intervenire, a polemizzare, a sollevare casi e questioni, ad approfondire i medesimi con lo strumento erudito ma anche molto faticoso dell’inchiesta giornalistica, è perché quando la mattina ci affacciamo al balcone, siamo costretti, ripetiamo, costretti a guardare il solito panorama costellato di “sperpetui” di ogni genere.

Lasciamo perdere la fondamentale specifica, quand’anche iper inflazionata, costituita dalla parola “legalità” e ragioniamo su una categoria ancora più generale, su un fondamento che dà valore, direzione, cifra ad ogni esistenza umana: parliamo, dunque, del discrimine culturale.

L’errore che – a nostro avviso – compie Emme Due, nella rispettabile replica al nostro articolo del 4 maggio scorso, consiste nel promuovere un format valutativo indiscriminato.

Indiscriminato significa che la stessa precisazione, lo stesso tipo di confutazione sarebbe stata formulata anche se questo giornale avesse scoperto che le posate o l’utensileria utilizzata in questo progetto fossero inadeguate o se avessimo accolto la lamentela di uno che abita vicino perché gli attori di questo progetto si mettevano a stornellare con la chitarra all’ora della siesta pomeridiana.

Format valutativo indiscriminato significa che Emme Due avrebbe spiegato a CasertaCE che loro si sono solo associati al progetto e, dunque, se le forchette sono arrugginite, se i ragazzi che si formano per ritornare ad essere cittadini fanno un po’ di casino alle due di pomeriggio, ciò non può essere ascritto alla propria responsabilità ma, eventualmente, a quella di chi il citato progetto ha realizzato, ovvero la cooperativa Per Voi che, tra le altre cose (si tratta di una spigolatura cronistica non connessa direttamente al merito della questione che stiamo trattando, ma comunque meritevole di essere menzionata), è proprio l’impresa con sede a Capua, in via Porta Nuova, che per la Dda di Napoli è nelle mani di Luigi Lagravanese, riferimento del clan dei Casalesi nel mondo dei Servizi Sociali e indagato per questo.

Ecco perché il problema, come avevamo già sottolineato nell’articolo del 4 maggio, è strutturale. Neppure infrastrutturale, ma marxianamente strutturale, solo che in quel caso la struttura era costituita dall’economia, nel nostro, invece, è costituita indubbiamente dalla cultura.

Parola assolutamente complicata, impossibile da declinare, delimitandone gli ambiti. E allora rendiamo il ragionamento un po’ più prosaico, che ci permettere di restringere artificialmente questo perimetro, e parliamo della cosiddetta “cultura generale”, dunque anche di solo tipo nozionistico; parliamo dei fondamenti della storia dell’uomo che, in questo caso, è anche una storia non antichissima, appartenendo al XX secolo.

Se un’azienda che collabora con un’altra azienda, adotta e rende pubblica la denominazione di un progetto esattamente sovrapponibile all’insegna in ferro divenuta stra-simbolica, iconica, essendo tra le cose più fotografate al mondo nell’arco di tutti i tempi, non è che te ne puoi uscire affermando che, siccome il progetto è denominato con la frase che campeggia all’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz, cioè del luogo sicuramente più tremendo – potremmo scriverne per ore – che l’uomo ha potuto mettere in piedi quale soluzione (finale) all’odio nutrito per altri uomini, okay, io Emme Due mi limito a registrarlo e a pubblicarlo in maniera notarile.

Non vogliamo apparire moralisti, men che meno saccenti, e, dunque, nonostante potremmo chiuderla tranquillamente qui, rifilando un altro buffetto, ma soprattutto uno sguardo un po’ commiserevole e un sopracciglio alzato a quelli di Emme Due, vogliamo scendere da una impostazione assertiva, che mai come in questo caso avrebbe piena giustificazione (della serie: di che cosa stiamo parlando?) ricorrendo ad un paio di esempi che, a nostro avviso, dimostrano esattamente la tesi esposta il 4 maggio scorso da questo giornale.

Se vale, infatti, il ragionamento di Emme Due, scusateci la franchezza, se il progetto si fosse chiamato “Vaffanculo” oppure “Ndi muort e chitammuort”, “Sporchi borghesi”, “A fessa e’ sort”, “Zecche comuniste”, “Chella cess e mammt”, Emme Due cosa avrebbe fatto?

Non avendo la paternità di quella denominazione, l’avrebbe pubblicata comunque sulla sua pagina Facebook? No, non l’avrebbe pubblicata, perché la parolaccia, che pure ha una sua valenza culturale, appartiene alla vita di ogni giorno, anche e (purtroppo) soprattutto della cosiddetta classe dirigente di questa provincia, di questa terra, cioè di chi muove i fili di tutte le sovrastrutture, dunque, dell’economia, della convivenza civile, eccetera.

Il candore della lettera scrittaci da Emme Due racconta proprio questo. Loro si limitano ad una considerazione indiscriminata, meccanica di fronte ad una questione che riguarda l’Olocausto.

Avrebbero dovuto, a nostro avviso, chiedere scusa e basta, magari ragionando un attimo con chi gestisce la loro pagina Facebook, e consigliandogli di dedicare mezz’ora del suo tempo ogni giorno ad una lettura, quantomeno sommaria, di Wikipedia, magari puntando su un qualcosa di storico. Ai tempi andati esistevano i sussidiari delle scuole elementari.

Beh, in conclusione, avendo adottato formule esemplificative molto pop, allo scopo di ripagare con ulteriori spiegazioni la gentilezza e la cortesia di chi ci ha scritto, riteniamo di poter tornare ora, proprio in considerazione della serietà del fatto, ad essere assertivi. Dunque, ribadiamo, Emme Due ha sviluppato una risposta, una confutazione cortese e, dunque, per questo motivo merita il nostro rispetto e una nostra replica pacata come è stata indubbiamente questa.

Però, va detto forte e chiaro che la combinazione tra il post incriminato e questa lettera colloca un’azienda considerata tra le più importanti della provincia nel settore dell’erogazione dei servizi alla persona, in una condizione da “pre-sussidiario”, che significa, o meglio, significava – adesso non funziona più così – prima o seconda elementare, ammesso e non concesso che a un bimbo di 6/7 anni non venisse garbatamente, con tutte le cautele del caso, spiegato cosa successe al confine tra Polonia e Germania tra il 1943 e l’aprile del 1945.