ESCLUSIVA. Una per una tutte le accuse al Colonnello Fabio Cagnazzo e all’ex brigadiere Lazzaro Cioffi. La preparazione dell’omicidio, il tentativo di addossarlo ad altri, l’accusa di far parte di un cartello della droga

8 Novembre 2024 - 11:17

In questo articolo spieghiamo anche il perchè, ai tempi della trasmissione de Le Iene, definimmo Cagnazzo un cretino ritenendo, però, che non c’entrasse nulla con l’omicidio di Angelo Vassallo sindaco di Pollica. Alcune di quelle riserve e di quelle convinzioni che però alla luce di ciò che leggiamo nell’ordinanza cominciano a vacillare, non crollano del tutto nel nostro ragionamento

AVERSA (Gianluigi Guarino) L’avevamo già scritto ai tempi della trasmissione “Le Iene”. Non avevamo resistito alla tentazione di dare del cretino a Fabio Cagnazzo pur ritenendo molto improbabile la tesi che fosse stato parte attiva dell’omicidio dell’allora sindaco di Pollica Angelo Vassallo. Scrivemmo che, a nostro avviso, Fabio Cagnazzo non fosse colpevole di un reato così grave. Fu l’espressione di un punto di vista, figlio di un ‘esperienza consumata negli anni del nostro lavoro nell’approccio e nell’analisi di fatti di cronaca.

Il format sotto esame in quell’articolo era il seguente: un alto ufficiale dei carabinieri, appartenente per altro ad una famiglia legata e collegata storicamente all’Arma, si rende protagonista di una serie di azioni scriteriate, di clamorose invasioni di campo nelle indagini per l’omicidio di un sindaco avvenute in un posto dove lui si trova in vacanza. Cagnazzo si comporta come se fosse lui il comandante della Compagnia dei carabinieri competenti per quel territorio.

Non si muove in maniera felpata, ,evitando accuratamente di dare nell’occhio, ma lo fa con spavalderia, relazionandosi in maniera del tutto irrituale, per non dire scorretta, nei confronti di quell’ufficiale ossia il capitano Di Sario, che, da comandante della Compagnia di Agropoli nel cui territorio ricade il Comune di Pollica, è l’unico, il naturale ed esclusivo titolare di quelle indagini.

Le azioni di Cagnazzo troppo stupide per essere vere

Cagnazzo si muove come un elefante in una cristalleria. E non ci fa cambiare idea il fatto che la Procura della Repubblica di Salerno ottenga il suo arresto in carcere da un gip dell’omonimo tribunale. Ciò si configura come l’evoluzione, che diviene grave indizio di colpevolezza, di un’attività sistematica quanto fracassona, di inquinamento delle prove, di sviamento delle indagini, di depistaggi assortiti.

Ora, uno può avere anche una testa che tutto gli avrebbe permesso di fare nella vita eccetto che il carabiniere, ma crediamo che basti uno zero virgola di quoziente intellettivo per ritenere che un attivismo, strutturato nella maniera in cui lo stava struttura do lui, Fabio Cagnazzo, nei giorni successivi all’omicidio, avrebbe necessariamente suscitato dei sospetti si di lui e avrebbe, giocoforza, attirato su di lui le attenzioni di chi era chiamato a dare una spiegazione, un senso al fatto che dei filmati di videocamera, potenzialmente preziosi per smascherare le identità del commando di morte, sparissero e ricomparissero nella caserma di Cagnazzo. Sarebbe bastata: un’ oncia di intelligenza per capire quante fosse rischioso confezionare fiabesche ricostruzioni, finalizzate a far ricadere la responsabilità del delitto su altri” a partire dallll’, italo brasiliano è arrivando alle accuse verso altri Vassallo di Pollica, realizzando tutto questo in due tre o quattro giorni di frenetica quanto inspiegabile attività.

Al tempo della trasmissione de Le Iene, scrivemmo (CLIKKATE QUI PER RILEGGERE L’ARTICOLO) che una persona la quale ha partecipato all’elaborazione di un omicidio non si piò muovere con le modalità cervellotiche con cui si mosse Fabio Cagnazzo.

A maggior ragione se, il personaggio in questione è un carabiniere di carriera che di indagini su omicidi, fatti di sangue, attività camorristiche ne ha fatte tantissime da comandante della molto più che complicata Compagnia di Castello di Cisterna

Però dovevamo trovare una ragione per quei comportamenti. Fummo molto colpiti a riguardo dall’intervista che un Fabio Cagnazzo che alternava lacrime e rabbia rese al giornalista de Le Iene. Per la prima volta avevamo la possibilità di confrontarci con un “tipo umano” che per noi è sempre stato un tratto di identità che prescinde poi dallo status professionale e sociale.

Fabio Cagnazzo lo smargiasso, carabiniere per errore

Da quell’intervista capimmo, per l’appunto, che Cagnazzo, per quelli cge, per noi, erano motivi percepiti dalle sue parole, attinenti, sempre a nostro avviso, ad una particolare tipologia caratteriale, tutto avrebbe potuto fare nella vita nella vita eccetto che il carabiniere, professione da cui fu risucchiato, forse, per inerzia familiare .

Quella folle attività investigativa o contro investigativa, da lui compiuta in coda all’omicidio di Angelo Vassallo, l’associammo alla tara di un protagonismo che, con rispetto parlando, ci appariva un po’ malato. Ma siccome si trattava di un carabiniere con tre stellette quello status meritava una chiave di lettura, un giudizio netto da parte nostra. E arrivò nel titolo di quell’articolo: “Cagnazzo è uno smargiasso ma con l’omicidio del sindaco di Pollica non c’entra nulla” ..

Certo che, leggendo le prime righe dell’ordinanza eseguita ieri mattina, le contestazioni che i magistrati muovono nei suoi confronti, il discorso della sua particolarissima originalità psicologica che, a nostro avviso continua ad esistere, diviene materia molto più accademica che conta fino a un certo punto.

Perché Fabio Cagnazzo sarà stato anche un cretino, tanto stupido da ritenere che schierare se stesso e carabinieri a lui fedeli, ma non appartenenti alle strutture investigative a cui toccava di svolgere la funzione di affiancare la funzione di  giurisdizione  potesse apparire un fatto normale, possibile, accettabile per chi, a quell’indagine guardava con gli occhi e la responsabilità delle sue competenze specifiche, ma questo, da ieri. mattina conta zero, perché è chiaro  che i contenuti del capo d’imputazione provvisoria ai suoi danni sono diventati l’unica materia del contenere e sono, purtroppo per Cagnazzo, pesanti.

Cagnazzo e Lazzaro Cioffi, questione di feeling?

Per alcuni che lo conoscono l’essersi scelto come suo grande amico, oltre che per commilitone. l’ex brigadiere di Maddaloni, Lazzaro Cioffi, delinquente ormai conclamato e matricolato, rappresenta un segno dell’attitudine criminale di Cagnazzo. Noi, invece, , su questa materia, abbiamo sempre sfumato questo concetto: Cagnazzo fa parte di quella categoria di persone che svolge o partecipa allo svolgimento di attività istituzionali; nel caso specifico militari, giudiziarie, investigative (ma lo stesso discorso potrebbe valere anche per un parroco che dice la messa) che sprizzano ipocrisia da tutti i pori, che concedono tanto o tutto di sé stessi alla cultura di un’apparenza lontana milioni di anni luce dalla sostanza di quello che sono realmente le prassi dirimenti della loro vita.

E allora, vai col tango: sì, siamo carabinieri, ma tutto sommato “sappiamo campare” e quindi una mano lava l’altra, Lazzaro Cioffi è un balordo lo so però è n’zisto, è uno deciso è come quelli che appartengono ai servizi segreti che utilizzano i loro servigi sapendo bene di dover concedere sempre qualcosa alla tentazione criminale del soggetto utilizzato

Gli appostamenti e i depistaggi

Cioffi ha addirittura accusato di aver partecipato ai “sopralluoghi” criminologicamente parlando , l’anticipo di un omicidio o di una strage. Cagnazzo avendo capito che, nonostante i sopralluoghi. c’era una telecamera che avrebbe potuto dirgli qualcosa oppure dire qualcosa dell’identità del commando omicida a chi lui non voleva che queste informazioni arrivassero, ha preso le registrazioni di quelle telecamere, sottraendole in pratica a chi avrebbe dovuto acquisirle per legge.

Su questi video avviene una sorta di taglia e cuci. Cagnazzo, secondo gli inquirenti salernitani, vuole incolpare l’italo brasiliano Humberto Damian, che avrebbe, a suo dire, litigato con il sindaco qualche giorno prima. Poi, avrebbe usato il carabiniere Luigi Molaro per confezionare una versione, fondata sulla vox populi che individuava altri due Vassallo, ossia Giovanni e Roberto, rispettivamente padre e figlio e titolari dell’Hotel Girasole come potenziali assassini in quanto in passato avrebbero avuto, a loro volta, screzi significativi con la vittima.

I due Vassallo, presi di mira dal presunto depistaggio come potenziali possessori delle armi da fuoco, pistole calibro 9, utilizzate per l’omicidio. E ancora, tornando sulla pista dell’italo brasiliano Damiani un altro appunto investigativo di Cagnazzo, autonominatosi in pratica titolare di quell’indagine, nel quale scrive o fa scrivere degli operatori del porto di San Nicola avrebbero visto il Damiani arrivare presso la banchina insieme all’ennesimo Vassallo di questa storia e cioè Claudio Vassallo la scena di una pistola gettata in mare, con il Claudio Vassallo che, successivamente si sarebbe lamentato con Roberto Vassallo, ossia il figlio dell’albergatore per la scarsa efficienza di quell’arma.

Omicidio premeditato e l’accusa al Colonnello di essere anche un narcotrafficante

Tutte piste dimostratesi largamente infondate e che solo nella mente di Fabio Cagnazzo avrebbero potuto attecchire come evoluzione esecutiva delle indagini, messe su, sempre secondo noi, in maniera raffazzonata e pittoresca, da un Fabio Cagnazzo che si configura, dunque, siamo obbligati a scrivere, scusate la pedanteria, sempre secondo Casertace, come un improbabile inquinatore di prove.

In conclusione, l’ordinanza dei giudici di Salerno arriva all’omicidio di Angelo Vassallo, partendo da un presupposto e cioè che anche Fabio Cagnazzo appartenesse o concorresse all’attività criminale, consistente nel traffico degli stupefacenti nella riviera cilentana insieme ad altri soggetti anche di tradizione malavitosa.

Lo mettono nero su bianco nel momento in cui declinano gli addebiti, attinti dal codice penale. Non solo un omicidio ai sensi dell’articolo 575 del codice penale , ma un omicidio premeditato, in quanto agli indagati viene contestato anche l’articolo 577 comma 3.

Tutto ciò con l’obiettivo di favorire gli interessi di un clan camorristico, con conseguente incolpazione ai sensi  dell’arcinoto ai nostri lettori articolo 416 bis comma 1, già storico articolo 7 della legge 152/91.

Attenzione, perché l’autorità giudiziaria scrive che l’omicidio è frutto della volontà del gruppo formato fa Fabio Cagnazzo, da Lazzaro Cioffi, dell’imprenditore Giuseppe Cipriano e del camorrista Romolo Ridosso di impedire che il sindaco Angelo Vassallo realizzasse il proposito già espresso di denunciare quel traffico di stupefacenti che aveva scoperto e di farlo, probabilmente, nel corso di un appuntamento già preso per il 6 settembre 2010, cioè per il giorno dopo del suo assassinio con il comandante della Compagnia di Agropoli, il già Capitano di Sario

Non a caso, nella formulazione del capo d’imputazione provvisorio si scrive che si procederà separatamente per la violazione  degli articoli 73 e 74 del Dpr 9/10/1990 n 309, Testo unico sugli stupefacenti i,  si procederà a parte per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico della droga e per la cessione, lo spaccio della stessa