AAAHHH. I due amiconi Stefano Graziano e Agostino Santillo fanno la morale e chiedono le dimissioni di Carlo Raucci. Ma alla pupilla di sempre del rosso di Teverola non chiedono nulla. Lei di Fratelli d’Italia non deve dimettersi da presidente dell’Asi
31 Ottobre 2025 - 12:14
 
                                    In provincia di Caserta sempre più penoso il Pd e penoso anche il movimento Cinque Stelle, che gli presta bordone solo perché biologicamente Graziano e Santillo hanno la stessa testa, la stessa mentalità
AVERSA (G.G.) – Gli ingegneri Graziano e Santillo – avremmo davvero voglia di vederlo con un compasso in mano, il rosso di Teverola – hanno sottoscritto un documento comune che suscita un sicuro interesse per due strati di morbidezza (vi ricordate lo spot?). Il primo riguarda la decisione di Santillo, leader dei Cinque Stelle in provincia di Caserta, di accoppiare se stesso e il suo movimento a Stefano Graziano, alla sua politica, al suo modo di interpretarla. A noi non stupisce, perché abbiamo sempre pensato che Santillo fosse un imbucato nel suo movimento, o meglio, ne eravamo convinti ai tempi in cui Beppe Grillo ne teneva saldamente le redini lungo un sentiero antisistema.
Successivamente, quando il Movimento Cinque Stelle è divenuto un partito di potere, finalizzato a gestire solo a chiacchiere in modo differente da come possa intendere la gestione uno come Graziano, abbiamo rideterminato la nostra valutazione su Santillo, che oggi, in quel che rimane dei Cinque Stelle originari (quasi nulla, anzi nulla), ci sta benissimo.
Il secondo strato ha una composizione un po’ più complessa e articolata. Graziano e Santillo, questa coppia di innovatori e rivoluzionari, di apostoli del cambiamento, si sono trovati benissimo nel momento in cui hanno deciso di attaccare Carlo Raucci, presidente dell’Ordine degli Ingegneri e candidato alle Regionali nella lista Cirielli.
Ora, stiamo parlando di Raucci, da cui abbiamo ricevuto inutili querele e di cui abbiamo scritto tutto il male possibile. Insomma, stiamo parlando di uno che odia Casertace nella stessa misura in cui lo odiano Graziano, anche lui firmatario di inutili querele nei nostri confronti, e lo stesso Agostino Santillo, tacciato più volte di essere – ripetiamo il concetto – un democristiano degli ultimi anni di vita della balena bianca, imbucato nel movimento che pensava di poter imprimere una svolta giacobina a questo Paese. Insomma, stiamo parlando di tre persone di cui abbiamo una pessima opinione e che ci ricambiano specularmente.
Detto ciò, è evidente che, in una vicenda che li riguarda contemporaneamente, a fare la differenza non può che essere la natura stessa dell’accadimento.
Nelle scorse settimane, quando Carlo Raucci ha ufficializzato la sua candidatura nella lista Cirielli, gli ingegneri Graziano e Santillo hanno dichiarato che l’autosospensione dalla carica di presidente dell’Ordine degli Ingegneri non fosse sufficiente e che fosse necessario dimettersi, poiché “l’ingresso diretto nella competizione politica del presidente mina la credibilità dell’istituzione e ne compromette la neutralità, generando una pericolosa commistione tra ruoli istituzionali e ambizioni personali”.
Sicuramente l’Ordine degli Ingegneri, al pari di tutti gli Ordini italiani, ha un rapporto molto evidente con la legislazione, cioè con l’insieme delle norme che regolano il rapporto tra il settore pubblico e quello privato. Noi liberali, ad esempio, riteniamo che gli ordini professionali, per come sono concepiti, dovrebbero essere aboliti, proprio perché un ingegnere, un architetto, un giornalista o un commercialista non hanno la libertà di esercitare la propria professione semplicemente grazie al titolo universitario conseguito. Esistono una serie di obblighi che fanno degli ordini professionali una propaggine dell’apparato statale, a partire dagli esami di abilitazione, in un processo obbligatorio che rende insufficiente il titolo di studio o la libera scelta di un ente o di un’impresa.
Detto ciò, e quindi riconoscendo a Santillo e Graziano che in questo sistema da socialismo reale può esistere un problema di neutralità nell’esercizio della propria carica, e che dunque l’autosospensione può non essere sufficiente in caso di candidatura – visto che un presidente può continuare in qualche modo a condizionare la vita dell’Ordine anche da autosospeso – vogliamo ricordare a noi stessi e ai nostri lettori che, ad esempio, lo stesso ragionamento non è stato fatto per l’attuale sindaco di Aversa, Francesco Matacena, il quale si era autosospeso al tempo delle elezioni comunali e oggi, tranquillamente e gaiamente, ricopre sia la carica di sindaco che quella di presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti del distretto giudiziario di Aversa–Napoli Nord.
Evidentemente Graziano e Santillo non pongono il problema di Matacena per non disturbare il loro amico, il principale sodale di Graziano negli ultimi anni nella gestione del potere in questa provincia, ossia Giovanni Zannini, che di Matacena è stato il creatore politico e che oggi lo controlla come fosse un suo maggiordomo.
E veniamo al clou: se l’Ordine degli Ingegneri ha una caratterizzazione pubblicistica, cosa dobbiamo dire del Consorzio delle Aree Industriali della Provincia di Caserta, costituito da moltissimi Comuni? Più pubblico dell’Asi c’è poco. Eppure, i due solerti censori di Carlo Raucci non hanno speso una sola parola quando Raffaela Pignetti si è candidata al Consiglio Regionale per Fratelli d’Italia. Anche lei si è solo autosospesa, ma continua smaccatamente, impudicamente e clamorosamente a utilizzare la propria posizione – che di fatto mantiene – per andare in giro tra le aziende della provincia: ultimo caso, la visita di qualche giorno fa agli stabilimenti Coca-Cola di Marcianise, dove ha portato con sé anche il candidato governatore del centrodestra, Edmondo Cirielli.
Mentre Forza Italia, attraverso il segretario regionale Fulvio Martusciello, sapendo bene di non rendere un gran favore al candidato Zannini, ha avuto il coraggio di mettere nero su bianco un comunicato nel quale ha stigmatizzato – anzi, condannato – partendo da una serie di articoli di Casertace, la gestione della Pignetti, candidata nella stessa coalizione cui appartiene Forza Italia, Graziano e Santillo restano muti. Muti, nonostante la Pignetti corra in una coalizione avversa. Tacciono perché la Pignetti è la pupilla di Stefano Graziano, che l’ha voluta a capo dell’Asi dodici anni fa, che per proteggerla ha costruito un patto di ferro con Giovanni Zannini e che ora la subisce, esponendo tutto il Pd casertano a un’onta, nel momento in cui la stessa si candida con il partito della Meloni.
Ma di che cosa dobbiamo parlare ancora? La senatrice Camusso dovrebbe lasciare la sua funzione, visto che è diventata una sorta di macchietta, una “pupa” nelle mani di Francesco Boccia e Stefano Graziano, i quali hanno detto alla Schlein che a Caserta comandano loro e non tollerano interferenze. Altro che cambiamento: questa è la peggiore politica consociativa che esista.
I comportamenti di Graziano non stupiscono Casertace, che il soggetto in questione conosce bene. Ma la storia di Raucci, unita a quella della Pignetti, rappresenta davvero il segno chiaro di un personaggio, quale Graziano, che non si accontenta di aver mantenuto il comando di un partito ormai vuoto a Caserta, grazie alla delega in bianco firmata da Schlein a Francesco Boccia, ma vuole continuare a maramaldeggiare.
Che pena, ‘sto Pd.
