IL FOCUS. Sulla società che gestisce, senza esserne proprietaria, il capannone distrutto dal rogo tossico di Teano lavoravamo da mesi. E ve ne diremo delle belle

25 Agosto 2025 - 16:56

PRIMA PUNTATA. Una storia tutta italiana, tutta meridionale, tutta casertana. Un imprenditore di Caiazzo lo ha comprato dieci anni fa ad un’asta fallimentare per 250 mila euro. Non l’ha potuto mai usare perché il “fallito”, un tizio di Marano che ci stoccava della frutta, ci ha messo tonnellate di monnezza. Il tutto nell’inazione assoluta del custode fallimentare. Solo una pm di Santa Maria Capua Vetere, ovvero Marina Mannu, ha studiato attentamente il fascicolo, dando ragione all’imprenditore – in pratica – truffato. Per cui, quando sono divampate quelle fiamme, noi di CasertaCe che conosciamo e vi racconteremo la storia, non siamo rimasti assolutamente stupiti

TEANO (g.g.) – Il nome Campania Energia non è estraneo alle cognizioni di CasertaCe. Non lo era da molto prima del giorno in cui tutti gli organi di informazione hanno appreso che in quel di Teano ci sono – pardon, a questo punto, c’erano – dei capannoni ricolmi di rifiuti andati letteralmente in fumo (CLICCA E LEGGI LA CRONACA DEL TERRIBILE INCENDIO).

Ci stavamo lavorando già dall’aprile scorso e purtroppo il fatto che a questo giornale non venga consentito anche dalla gente civile che pure esiste di operare i giusti investimenti per assumere più giornalisti e più collaboratori, ha fatto sì che a malincuore abbiamo deciso qualche mese fa di abbandonare temporaneamente la stesura di un articolo dal quale, dopo il rogo di pochi giorni fa, non possiamo più esimerci.

Attenzione, Campania Energia è la conseguenza malata di un sopruso subìto da un imprenditore di Caiazzo che di nome fa Salvatore e di cognome fa Di Palma. La sua è una storiaccia, una brutta storia in cui a perdere è lo Stato di diritto. E non soccombe di poco ma per dieci a zero, perché ad essere leso è un diritto fondamentale, riconosciuto dall’ottanta percento delle costituzioni mondiali e assorbito quale diritto dell’uomo.

Se ad una persona viene negata la possibilità di esercitare un titolo che gli è dovuto per legge, a perdere è lo Stato. A perdere è una magistratura superficiale che, evidentemente, soffre dei tipici vizi italici. Perché il nostro è il Paese in cui esistono cittadini di Serie A, Serie B, Serie C e questi ultimi, non avendo grandi mezzi, relazioni per farsi valere, sono totalmente schiacciati dalle ingiustizie.

IL FATTO PENALE

Iniziamo dalla richiesta di rinvio a giudizio formulata dall’unico giudice, in questo caso un pubblico ministero che opera presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere che non si è messo sotto ai piedi il diritto e la storia umana di questa persona.

Il sostituto procuratore in questione è la giudice Marina Mannu che il 4 aprile 2022 chiedeva il rinvio a giudizio per Pasquale Napolano, imprenditore di 77 anni, originario di Marano, e per la sua società, in cui ha coinvolto anche la sua famiglia, per l’appunto, Campania Energia.

La pm Mannu è stata l’unica a studiarsi le carte con diligenza e non ha non potuto fare altro che, svolgendo la sua analisi, trasformare Napolano da indagato a imputato, chiedendo ad un gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere anche il sequestro dell’area in cui si trovava il capannone, comprata all’asta, a seguito di fallimento della società pignorata alla famiglia Napolano e dedicata all’ortofrutta, dall’imprenditore Salvatore Di Palma nel 2015.

Secondo la sostituta procuratrice, Napolano con la sua Campania Energia, all’interno del capannone acquistato dieci anni fa da Di Palma, “smaltiva illecitamente un’ingente quantitativo di rifiuti speciali non pericolosi, realizzando ed alimentando una discarica abusiva“. Tutto ciò, riporta sempre la giudice, avveniva tramite “l’invasione dell’immobile aggiudicato – aggiungiamo noi, per effetto di un’asta fallimentare – al Di Palma” e controllato da una società di custodia giudiziale, la IVG.

Esiste, rispetto a questi evento, un antefatto di fondamentale importanza. Per la precisione, nel 2015 il povero Di Palma aveva acquistato, pagando 250 mila euro all’asta fallimentare del tribunale sammaritano, i 3/4 di un unico compendio di una società cooperativa, evidentemente sotto pignoramento, ovvero la Apollo 2, sempre di proprietà della famiglia Napolano, destinata in seguito a creare la Campania Energia. Ad oggi, purtroppo incredibile, ma vero, a dieci anni di distanza, Di Palma non è mai entrato mai in possesso della sua proprietà.

Napolano si è messo a fare altro, non più frutta, bensì monnezza. E come spiegava nel 2022 il pubblico ministero Mannu, ha riempito di rifiuti l’enorme capannone che è proprio quello, aggiungiamo noi, andato a fuoco nei giorni scorsi.

L’area era stata legittimamente acquistata da Di Palma e Napolano, in pratica, effettualmente, senza che nessuna autorità ristabilisse un diritto di origine costituzionale vìolato, ne ha scippato la proprietà, continuando come se nulla fosse ad essere il possessore di ciò che alla cooperativa Apollo 2 è stato pignorato.

Peraltro, notava la pm, tutti quei rifiuti accumulati erano a rischio incendio e Napolano non aveva posto apparecchi o segnali necessari ad evitare un possibile disastro.

E così terminiamo la prima puntata di questo…vabbé, non lo chiamiamo focus che lì, di fuoco, ne abbiamo visto già parecchio, così come di fumo tossico. Ma la vicenda è ancora più articolata. Oggi ne abbiamo trattato parte degli aspetti penali che poi, alla fine, approfittando della lentezza esasperante della giustizia italiana, ha permesso a Napolano di avere tonnellate e tonnellate di monnezza non di sua proprietà.

Nella prossima puntata ci concentreremo soprattutto sulla figura della società di custodia giudiziale, interpetrata dalla IGV. E qui capita quello che CasertaCe incrocia spesso, al punto che ogni volta dimostra che l’aggettivo giudiziario andrebbe cancellato, sia per la custodia, relativa al fallimento, sia dopo il sostantivo amministratore, ovvero che a che fare ai sequestri con finalità di confisca relativo ad imprese in odore di camorra.