L’INCHIESTA. SECONDA PUNTATA. Il sangue prelevato dai casertani viaggia in buste di plastica. Legge violata in ogni punto e ve lo dimostriamo

10 Settembre 2018 - 09:15

CASERTA (g.g.) – Terza puntata, anzi seconda, poiché il primo articolo lo si può definire un’introduzione, della nostra inchiesta su quello che potrebbe accadere nei centri di analisi, riabilitazione, in tutto quell’universo di strutture convenzionate dalla regione Campania e che danno lavoro, nelle province di Napoli e Caserta, a migliaia e migliaia di persone.

Sono questi i due baricentri del nostro lavoro d’indagine giornalistica, i lavoratori, la maggior parte dei quali laureati in biologia, oppure fisiatri, fisioterapisti, tecnici di laboratorio e gli utenti, i pazienti che vanno a fare le analisi, a sottoporsi ai prelievi, oppure le famiglie dei disabili accolti nei centri di riabilitazione i quali subiscono in maniera ancor più pesante le ristrettezze dei budget sanitari che costringono la regione, attraverso le Asl, a chiudere i rubinetti durante l’anno, costringendo molti di questi centri ad abbassare le saracinesche.

Quest’anno c’è stato il “capolavoro” dei budget trimestrali, diventati annuali, ma di questo abbiamo parlato in un altro articolo (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO)

Ora ci concentriamo sui centri di analisi, sulle multinazionali, sulla loro cannibalizzazione, su strutture importanti della Campania abbiamo scritto anche ieri, soffermando sul nuovo no delle provette contenente il sangue dei casertani e dei napoletani in tutta Italia e, in prospettiva, in tutto il mondo. (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO)

Ma in questo settore non esiste solo un trasferimento in aereo o molto lungo da parte di queste multinazionali francsee, austriache e tedesche che vogliono “papparsi” con la pure inquietante collaborazione del sindacato FederLab, tutte le strutture di piccole e medie dimensione. Ci sono anche i trasporti di provette nel giro di pochi chilometri. E qui, a Caserta, siamo in una condizione di totale far west.

Tranne qualche centro che rispetto scrupolosamente i dettami della circolare n° 3 del maggio 2003, tutti gli altri fanno robe da galera. Leggiamo i principali punti salienti di questa circolare

Le provette devono essere spostate in questo modo, senza alcuna deroga: il sistema è quello a “tre involucri”: 1) Recipiente primario. Esso contiene il campione o la sostanza; 2) Recipiente secondario. E’ un contenitore di materiale resistente, impermeabile, a tenuta stagna, adatto a contenere e proteggere il recipiente primario; 3) Recipiente esterno. E’ il contenitore più esterno in cui collocare il recipiente secondario per evitare danneggiamenti causati da fattori esterni quali agenti fisici. Inoltre, il volume totale del materiale che impegna una singola spedizione non può essere superiore a 500 ml.

Il materiale trasportato richiede inoltre una serie di ulteriori documenti che devono essere forniti dal corriere ed applicati sul contenitore esterno. In poche parole dev’essere conosciuta l’identità di chi effettua il trasporto.

Per trasporto locale viene inteso il trasporto di un campione da un reparto ospedaliero o da una
struttura periferica ad un laboratorio o da un laboratorio ad un altro, ovvero da una struttura
ospedaliera ad un centro diagnostico esterno. A tali situazioni si applicano i medesimi principi di sicurezza richiesti per le altre modalità di trasporto.

Ora, mi sembra assimilabile questo corredo di regole che, in pratica, collega il trasporto delle provette a mezzi come furgoni coibentati e muniti di vano frigorifero con il metodo del 90% dei laboratori di Caserta e Provincia utilizzano, spostando le provette con i prelievi da un laboratorio all’altro dentro una busta di plastica, neanche si trattasse di un acquisto di frutta e verdura?

Bisogna indagare. Noi lo faremo, speriamo lo facciano anche altri.