La Domenica di don Franco: “Oggi, nella Chiesa, non c’è posto per nessun don Abbondio! C’è posto per un Dio solo!”

21 Giugno 2020 - 07:51

21 giugno 2020 – XII Domenica Tempo Ordinario (A)

IL CORAGGIO DELLA VERITÀ

Gruppo SHALOM השרשים הקדושים [email protected]

Prima lettura: Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso (Ger 20,10). Seconda lettura: Tutti hanno peccato (Rm 5,12). Terza lettura: Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo (Mt 10,26).

Geremia: profeta contromano…  Il profeta Geremia (650-567 a.C.) vive in un periodo molto drammatico: l’esercito dei Nabucodònosor sta per conquistare Gerusalemme; il re di Giudea e i generali non sanno cosa fare. I capi religiosi illudono il popolo: “Tutto va bene, non accadrà nulla di male” (Ger 6,13) e invece la catastrofe è alle porte. Geremia è un giovane timido, sensibile, ama la vita serena; il suo sogno è vivere in Anatot con la sua famiglia e invece Dio lo chiama ad una missione rischiosa. Ma il Signore lo rassicura: “Ti muoveranno guerra, ma non ti vinceranno, io sono con te per salvarti” (Ger 1,17). Nemico accanito di Geremia è il sacerdote Pashchùr, che annuncia al popolo false promesse. Egli cerca motivi per condannare il profeta, pensa a come poterlo linciare (v.10). Comprensibile è lo sconforto di Geremia, che si sfoga con Dio e giunge a maledire il giorno della sua nascita (Ger 20,14). E’ difficile il mestiere del profeta, che deve dire la verità, guidare contromano, con il rischio di avere la peggio! Può venire il dubbio di avere sbagliato direzione e la tentazione di unirsi alla comoda maggioranza.

Non è lecita nessuna “fuga mundi” al cristiano…  Al tempo di Gesù, correvano previsioni abbastanza apocalittiche circa la fine del mondo. I primi cristiani raccolsero queste rappresentazioni apocalittiche, soprattutto dopo l’emozione della caduta di Gerusalemme, dopo la distruzione del secondo tempio, dopo la violenta persecuzione di Domiziano. Poi, anch’essi hanno compreso che l’importante non era descrivere la fine dei tempi, ma vivere nel tempo orientati verso l’eterno, camminare con i piedi sulla terra e con il cuore verso il cielo. La fine dei tempi significa due verità: la prima è che verrà distrutto quanto gli uomini hanno costruito nell’ingiustizia; la seconda è che si realizzerà in pienezza il Regno del Signore, Regno di pace e di giustizia. Perciò la fine dei tempi appare ambivalente: da un lato, sarà distruzione del male compiuto dai violenti; dall’altro, esaltazione del bene costruito dai giusti.

Superare i conflitti con l’impegno… Oggi si nota un certo scetticismo, che emerge dalle tante promesse mancate: la civiltà, così come l’abbiamo costruita, non funziona: “La terra, interamente illuminata dalla ragione, brilla all’insegna di una trionfale sciagura”. Su questo scetticismo sarebbe facile, ma disonesto, costruire la nostra nuova apologia, del tipo: “Ve lo avevamo detto, ben vi sta!”. I nuovi fasti della religione cristiana vanno fondati su ben altra teodicea! In questo periodo di scoramento, i cristiani hanno una parola sapienziale da pronunciare? Certamente sì, e la prima è quella di lavorare per la realizzazione del Regno di Dio. Nessuna oziosità storica, nessuna fuga dal mondo! La “fuga mundi”, la “meditatio mortis”, la vita eremitica, la figura dell’asceta… per oltre mille anni hanno giustificato il disprezzo della vita e la mistica del dolorismo. Il credente maturo lavora con serietà e con serenità per la realizzazione del Regno di Dio, ascolta la parola di Dio e la vive ogni giorno. Non dobbiamo più costruire spazi sacri per incontrare Dio, non abbiamo terre sante da visitare, non abbiamo case di Dio in cui cercare rifugio. La casa di Dio è la casa dell’uomo, la più bella immagine di Dio è l’uomo vivente. Oggi non si può essere cristiani volendoci bene, sospirando la pace, cercando l’unità tra “le anime belle”, in una sorta di “candida rosa”. Oggi il conflitto è la regola quotidiana. Gesù ha previsto conflitti persino in famiglia: genitori contro figli, spose contro mariti, fratello contro sorella. Accettare il conflitto, cercare di superarlo, essere strumenti di pace: questo è l’impegno del credente.

La persecuzione: una beatitudine!    Chi vuole vivere oggi secondo il Vangelo, provoca contraddizioni. Le persecuzioni non sono una possibilità remota ma sempre attuale. Non si va in carrozza in paradiso! Se siamo perseguitati dagli altri a motivo della fedeltà al Vangelo, beati noi! Ma non ogni persecuzione merita la beatitudine del Signore: possiamo essere perseguitati per tanti altri motivi, la cui responsabilità è tutta nostra. Qualche volta la Chiesa è stata perseguitata per oscurantismo, per pigrizia, per viltà, per debolezza, per complicità, per interesse… Talvolta l’ostilità contro la Chiesa è nata da un amore deluso verso di essa: i limiti dei cristiani, le connivenze con situazioni di ingiustizia, le paure, i silenzi, i compromessi… hanno provocato la reazione degli uomini onesti e di buona volontà. Ma c’è anche una persecuzione orchestrata dalle forze del male, da quel “lievito nero” che si ramifica fino a diventare una “religione del male”, che produce i “fiori del male”, una sorta di “corpo mistico del male”, con il quale la Chiesa non può entrare in dialogo.

La “bestia” del potere… “Il nostro signore e nostro dio comanda che si faccia quanto segue…”. Così iniziano i documenti di Domiziano (81-96 d.C.), che fece innalzare dappertutto statue in suo onore e obbligò i sudditi a venerarlo come un dio. Il cugino Flavio Clemente, convertito a Cristo, non si sottomette e così lui viene giustiziato e la moglie Domitilla esiliata in Sardegna. Il culto all’imperatore si diffonde soprattutto in Asia Minore. A Efeso vengono eretti un tempio e una statua colossale al “dio Domiziano”: tutti devono adorare colui che l’autore dell’Apocalisse definisce “la bestia” (Ap 13,4). I cristiani di Efeso vivono nella paura, molti diventano apostati. Come fare per aiutarli? Matteo (o chi per lui) scrive il Vangelo in questo contesto storico e vi inserisce le parole incoraggianti dette da Gesù. Il cristiano, che con la sua vita non disturba nessuno, si è allontanato dal Vangelo, è diventato un voltagabbana. Se qualcuno ha pensato che seguire Cristo significhi carriera, sicurezza, protezione… questo brano del Vangelo basta a disilluderlo. Oggi, nella Chiesa, non c’è posto per nessun don Abbondio! C’è posto per un Dio solo!

Per il cristiano la persecuzione non è un incidente casuale ma una necessità causale. Chi segue Cristo incontrerà la sofferenza (2Tim 3,12). Nel Vangelo di oggi Gesù insiste, per quattro volte: “Non abbiate paura!”. È un testo ripetitivo, insistente. Perché questa paura? La prima cosa, che appare in questo Vangelo di Matteo, è che la predicazione del Regno di Dio provoca situazioni molto pericolose. La più grave di tutte riguarda coloro che hanno il potere e non sono disposti a lasciarlo. Altro che “ministri”! Gesù sta dicendo che il Regno di Dio non si annuncia impunemente. Se lo annunciamo cercando applausi e consensi, allora non stiamo costruendo il Regno di Dio. Potremo, al massimo, diffondere la religiosità, la devozione, la sottomissione alla Chiesa… ma non è il Regno di Dio. Gesù è bontà, è misericordia, è perdono, è libertà. Se accettiamo Gesù, non continueremo ad essere indifferenti di fronte alla sofferenza, all’ingiustizia, all’avidità, allo scandalo… BUONA VITA!