La Domenica di Don Galeone
20 Novembre 2022 - 11:59
Con questa domenica, si chiude l’anno liturgico. Domenica prossima saremo già in Avvento.
20 novembre 2022 ✶ Cristo, re dell’universo (C)
Ricordati di me quando sarai nel tuo regno!
Prima lettura: Unsero Davide re sopra Israele (2 Sam 5, 1). Seconda lettura: Dio ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto (Col 1, 12). Terza lettura: Signore, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno! (Lc 23, 35).
L’idea di Gesù re è stata utilizzata per avere successo nei luoghi del potere; ci siamo definiti “società perfetta” per poter contrattare da un piedistallo di superiorità. Gesù è re ma dalla croce: “Regnavit a ligno Deus!”. La gloria è nel futuro. È anche nel presente, ma come lievito invisibile. Quello che immediatamente vediamo non è la gloria, ma la vergogna. Non raccontiamo glorie che non ci sono! Tante nostre luci sono fuochi fatui! Finché durerà la storia, il Gesù che noi conosciamo sarà sempre quello della crocifissione. La risurrezione si riconosce per fede, la crocifissione per esperienza. Il pericolo della fede è che essa diventi un principio immaginativo, che ci fa vivere un’armonia illusoria e fragile, come le nostre assemblee liturgiche: godiamo per un poco di una pace che però non corrisponde a realtà; nella vita quotidiana soffriamo dolori, conflitti, cattiverie; ci raduniamo la domenica in chiesa a parlare di un mondo fraterno, ma poi si spengono le luci, rientriamo nella nostra giungla, nella quale il Vangelo non produce nulla.
Nella vita, noi stiamo con i potenti che condannano? O tra il popolo curioso? O siamo i discepoli che fuggono? O tra i ladroni che chiedono perdono? La fede è consolazione, ma questa viene dopo l’impegno! Il vero credente si domanda: “Cosa posso fare? Il giusto sarà sempre condannato? La violenza è l’unica legge della storia?”. Crediamo in Gesù re, non per abbagliare i nostri occhi con luci che non ci sono, ma per esprimere la speranza che il regno del Risorto, regno di pace e di giustizia, alla fine sarà tutto in tutti. Il nostro posto, intanto, è a lato di Gesù crocifisso, o accanto all’altro crocifisso orante.
Il “regno di Dio” A Roma governa l’imperatore Tiberio quando, lungo il fiume Giordano, compare il Battista. Ciò che dice provoca entusiasmo, risveglia attese, suscita speranze. Le autorità politiche e religiose si preoccupano perché considerano sovversivo il suo messaggio. Dice: II regno dei cieli è vicino! (Mt 3,2). Dopo di lui, Gesù inizia a percorrere città e villaggi, annunciando dappertutto: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è imminente! (Mc 1,15). A volte dice anche: Il regno di Dio è già in mezzo a voi (Lc 17,21). Il regno è il centro della predicazione di Gesù; basti pensare che nel Nuovo Testamento il tema del ‘regno di Dio’ è presente 122 volte e ben 90 sulla sua bocca. Pochi anni dopo la sua morte, troviamo i suoi discepoli che, in tutte le province dell’impero e nella stessa Roma, annunciano il regno di Dio (At 28,31). Vorremmo che il Battista, Gesù e gli apostoli ci spiegassero il significato di questa espressione, ma nessuno di loro lo fa. Il loro messaggio contiene un’innegabile carica sovversiva; è considerato pericoloso dai detentori del potere, sia politico che religioso. Notiamo, però, che Gesù prende le distanze da chi dà alla sua missione un’interpretazione politico-nazionalistica (Mt 4,8s). Iniziato come un piccolo seme, il regno è destinato a crescere e a diventare un albero (Mt 13,31); è dotato di una forza irresistibile e provocherà una trasformazione radicale del mondo e dell’uomo. La regalità di Gesù è difficile da capire, ha mandato in tilt anche la testa di Pilato (Gv 18,33). E troppo diversa da quelle di questo mondo. Quante volte lungo i secoli è stata equivocata!
Gli israeliti si aspettavano un grande re. Lo sognavano ricco, forte, seduto su un trono d’oro. Nel brano evangelico viene presentata la risposta di Dio a queste attese. Siamo sul Calvario, Gesù è inchiodato sulla croce, due banditi al suo fianco, sopra il suo capo una scritta: Questi è il re dei giudei (v.38). Sarebbe costui l’atteso figlio di Davide? No, non è possibile: costui è solo uno sventurato. Dove sono i segni della regalità? Che strana regalità quella di Gesù! È l’opposto di quella che gli uomini sono abituati a immaginare. Purtroppo, molti cristiani coltivano le stesse speranze degli ebrei! L’iscrizione posta sulla croce proclama re dei giudei un uomo sconfitto, incapace di difendersi, privo di qualunque potere. Un re così fa crollare tutti i nostri progetti. Vediamo da vicino le tre scene che vengono descritte nel Vangelo di oggi:
❄︎ Nella prima (vv. 35-37) vengono introdotti tre gruppi di persone: a) è presente anzitutto il popolo, che sta a vedere (v. 35). È stupito, sembra non rendersi conto di ciò che sta accadendo; b) ci sono poi i capi: eccoli i veri responsabili! Essi dovrebbero riconoscere in Gesù il messia promesso. Invece lo scherniscono, non è il re che a loro piace, è uno sconfitto, non scende dalla croce (v. 35); c) il terzo gruppo, che si trova ai piedi della croce, è composto dai soldati, poveri uomini, strappati alle loro famiglie e mandati, per pochi soldi, a commettere violenze contro un popolo dalla lingua, dai costumi e dalla religione differenti; più che colpevoli, sono anch’essi vittime del sistema.
❄︎ La seconda scena (v.38) occupa il centro del brano. Presenta la scritta posta sopra il capo di Gesù. Luca sembra rivolgere un invito ai cristiani delle sue e delle nostre comunità: di fronte a Gesù crocifisso diviene ridicola ogni bramosia di gloria.
❄︎ La terza scena (vv.39-43) si svolge ai lati di Gesù, dove sono crocifissi due malfattori. Il secondo malfattore è l’unico che riconosce: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Lo chiama per nome. Lo sente amico. Non lo considera un signore, ma un compagno di viaggio. Gli chiede solo di compiere con lui gli ultimi passi della vita, e Gesù gli promette: “Oggi sarai con me nel paradiso!”.
Prima di morire, Gesù ha pronunciato una sentenza di assoluzione nei confronti dei suoi carnefici. Sarà vero che coloro che lo hanno condannato e ucciso “non sapevano quello che facevano” (Lc 23,34)? Forse qualcuno ritiene che sul Calvario Gesù non fosse nelle condizioni ideali per valutare obiettivamente le loro responsabilità? Se ancora coltiviamo simili pensieri, non abbiamo colto il volto di Dio che Gesù ci ha rivelato. Il processo contro chi ha ucciso Gesù – sia ben chiaro! – non verrà riaperto; Gesù ha pronunciato il suo giudizio definitivo: ha assolto i suoi carnefici, li ha salvati nel momento più glorioso della sua vita: quando, sulla croce, ha manifestato il massimo del suo amore. Per noi un re trionfa quando vince, sconfigge, umilia. Noi mettiamo sempre in parallelo l’immagine di Gesù-re con quella dei re di questo mondo. Facciamo fatica a credere che egli vince quando perde, che il primo diventa ultimo, che il servo è più grande del padrone! BUONA VITA!