La Domenica di don Galeone: il senso che ha oggi la processione del Corpus Domini

11 Giugno 2023 - 08:55

Domenica 11 giugno 2023 ✶ Festa del Corpo e del Sangue di Cristo (A)

Celebrare l’eucaristia nel cuore della vita

In questo tempo di violenza e di confusione, la festa del Corpus Domini, con la sua processione lungo le strade coperte di fiori, può essere un raggio di speranza. Il messaggio che questa tradizione ci trasmette è quello di tenere unite l’eucaristia e la vita, di non adorare l’eucaristia al di fuori della vita e della storia. Che senso può avere questa processione oggi? Anche noi oggi dovremmo ricordare tante cose del nostro viaggio, non solo gli scorpioni e i serpenti (Dt 8,15), ma anche l’acqua sgorgata un giorno dalla roccia, all’improvviso, e la manna discesa dal cielo, quando credevamo di morire di fame. Quante volte eravamo disperati e tristi, ed ecco dal cielo un aiuto, uno squarcio, a ricordarci che non viviamo la storia da soli, chiusi nel tragico cerchio dell’immanenza. Quante piacevoli sorprese! È vero che quelle sorprese sono subito passate, che il vecchio dura, mentre il nuovo tarda a venire. Ma dentro la roccia arida scorre la linfa. Questo lo sappiamo perché Dio è presente nella vita. Avere fede significa credere in Dio, che ha stretto un patto con l’uomo in cammino nel deserto. Senza questo punto di appoggio, tutto diventa come un ciarpame di simboli vuoti.

Noi oggi non siamo in grado di fronteggiare le nuove esigenze con gli obsoleti schemi interpretativi. L’inquietudine serpeggia, scompone le tradizionali sicurezze. Gli stessi educatori non sanno dove indirizzare le nuove generazioni. Anche le ideologie si rivelano incapaci a leggere i segni dei tempi e a liberare l’uomo. Constatiamo che le nostre previsioni sul futuro sono sempre legate alla provvisorietà: dieci anni fa avevamo previsto un futuro molto diverso da quello attuale. Questa difficoltà previsionale genera angoscia: non ci sono più maestri da ascoltare, né leaders politici da seguire. Nello smarrimento collettivo si ritrovano l’alunno e il maestro, il figlio e il padre, il cittadino e il politico. Per comprendere il futuro, non bastano le informazioni del computer; occorre una sapienza umana e divina che non s’impara sui libri o nelle scuole, e questa sapienza si può trovare in un’analfabeta e non in un illustre Premio Nobel. L’uomo, chiuso nel monologo della “giara” di pirandelliana memoria, presume di comprendere gli altri, conforma e deforma la realtà come i malcapitati nel letto del brigante Procuste.

L’eucaristia è una tavola di amici, un banchetto di festa. Per un buon pranzo occorre: una persona che inviti, degli invitati che accettino, del cibo da consumare. Qui la persona che invita è Gesù, che offre tutto se stesso attraverso il gesto più umano: l’invito a una tavola. A tavola avviene un duplice scambio: pane e amicizia; scambio con chi invita, ma anche scambio tra gli invitati. Che tavola triste quella in cui ogni invitato parla solo con il padrone, o gli invitati parlano solo tra loro senza ringraziare il padrone. Non sarebbe più un pasto tra amici, ma una refezione tra collegiali. Qualche volta nelle nostre chiese sembra di partecipare non a un unico banchetto, dove batte un cuore e un’anima sola, ma di trovarsi in un ristorante con tanti tavolini, dove ognuno si comunica con Dio. Ognuno per sé e Dio per tutti! A tavola occorre stare insieme e parlarsi, raccontarsi, progettare, spegnere tv e cellulari. Direi che la tavola è fatta non solo di presenze, ma anche di parole, di confidenze, di narrazioni. A tavola occorre non solo darsi, ma anche dirsi! BUONA VITA!