LA NOTA. CASALE ALLE ELEZIONI. Due video, due comizi, due modi di vedere il mondo. Quello che non va nelle parole di Vincenzo Martino, fratello di Giuliano, e quello che va nel comizio di Eliana Diana
30 Maggio 2024 - 20:13
Se è vero che abbiamo affermato che continuare ad utilizzare lo strumento della condanna, dell’esecrazione rispetto ai candidati che sono anche parenti di pluripregiudicati e di camorristi, anche al 41 bis, è anche vero che l’argomento può essere affrontato in maniera non apodittica, pur essendo in questo caso la verità a priori, ossia il discrimine tra il bene e il male, uno strumento narrativo accettabile, addirittura auspicabile. Martino avrebbe potuto dire e non ha detto. Eliana Diana ha dato valore alla sua freschezza e al fatto che, se una persona studia veramente e non solo a memoria, facendosi attraversare dalla cultura, non può, nel 2024, non condannare la camorra e il clan dei Casalesi, senza se e senza ma.
CASAL DI PRINCIPE (gianluigi guarino) C’è un duplice modo di affrontare una campagna elettorale dal senso specialissimo, com’è, senz’ombra di dubbio, quella di Casal di Principe.
Perché, diciamocela tutta, l’invocata normalità, ossia l’omologazione, l’omogenizzazione dei fatti elettorali di questo comune, rispetto a quelli di altri che non hanno, al contrario, attraversato stagioni tormentatissime, così come quelle vissute per decenni da Casal di Principe, non può essere un fondamento di civiltà meramente assertivo. Dichiararlo solamente, senza che si percepiscano strutture reali di novità, significa, infatti, popolare queste giornate di elementi retorici assolutamente banali, stucchevoli e soprattutto convergenti verso obiettivi sterili, ai limiti dell’inconsistenza, in quanto, certe parole d’ordine, certi propositi, la pretesa di fotografare una condizione di cambiamento, valgono zero se alle parole non seguono dimostrazioni concrete di una presa di coscienza fattuale e fattiva.
Abbiamo caratterizzato una campagna elettorale possibile per Casal di Principe, collocandovi un disegno asciutto, semplicemente duale, senza ulteriori sfaccettature, senza considerare credibili, nel momento in cui sono calate in questo contesto, le molte variabili che fotografano un evento elettorale in posti diversi rispetto a quelli che hanno ospitato la turpe epopea del clan dei Casalesi.
Ciò non perché vogliamo riproporre uno schema ormai stantio, anch’esso di tipo retorico, quello manicheo e legalista sulle linee di demarcazione che suddividono il bene dal male, ma perché l’incedere temporale della storia di Casal di Principe si sviluppa attraverso una condizione che è talmente vicina cronologicamente al periodo in cui il clan dei Casalesi impazzava e decideva anche su chi dovesse fare il sindaco, su chi dovesse essere eletto, su chi dovesse portare il caffè al Comune la mattina, non può incardinare la cittadina dell’agro aversano in uno status di definitiva liberazione, finanche dalle scorie, seminate a tonnellate in ogni metro quadrato di terreno, in ogni tessuto della pelle, del cuore e del cervello di ogni cittadino casalese, nell’epoca del piombo, del sangue e del cemento.
Insomma, due modi e non tre. Fino ad oggi uno dei due modi si coglieva, si vedeva plasticamente da ciò che si ascoltava o non si ascoltava in una campagna elettorale di Casal di Principe, mentre il secondo modo già era assai e capitava, dunque, che a supplire dovevamo essere noi di CasertaCE e pochissimi altri che, non a caso, spingevano sul tasto retorico, collegato alla già citata nettezza della suddivisione tra il male e quel bene non perseguito da chi si rendeva attivo nella politica locale.
Figuriamoci se ci facevamo sfuggire l’occasione, nel momento in cui questa è capitata, di sfruttare un momento in cui l’altra faccia della Luna si è un po’ sorprendentemente materializzata, risparmiando l’ennesimo esercizio di biasimo che, tra le altre cose, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, avevamo già dichiarato di non voler più attivare.
Guardando due differenti comizi tenuti nei giorni scorsi, abbiamo avuto la fortuna di poter articolare due esempi pratici, sicuramente più efficaci e più utili di una nostra qualsiasi costruzione teorica, compiuta a freddo.
Da una parte Vincenzo Martino, candidato nella lista “Casale nel cuore”, in appoggio ad Ottavio Corvino, costruita da quel formidabile caratterista che risponde al nome di Vincenzo Simeone, di cui rimarranno celebri, nei secoli dei secoli, i suoi simpaticissimi comizi ed i suoi video-interventi (CLIKKA E GUARDA un suo comizio di qualche anno fa) e dall’altra parte Eliana Diana, candidata nella lista “Il domani è oggi”, in appoggio a Marisa Diana, in verità l’unica assessora della giunta di Renato Natale che ha avvertito la necessità etica ma, pensandoci bene non enfatizziamo più di tanto, e quindi diciamo la creanza, l’eleganza di rassegnare le dimissioni prima dell’inizio della campagna elettorale, a differenza, purtroppo, di quello che hanno deciso di fare, anzi, di non fare, altri tre assessori in carica, ossia Mirella Letizia, Vincenzo Noviello, candidati al consiglio in appoggio ad Antonio Natale, anch’egli assessore in carica e candidato, per di più, a sindaco.
Vincenzo Martino è anche il fratello di Giuliano Martino, pluripregiudicato, esponente di spicco del clan dei Casalesi, cognato di Massimo Russo detto paperino, quest’ultimo fratello di Giuseppe Russo detto Peppe o padrino, potente capo di un gruppo familiare che ha costituito per anni e anni una delle punte di lancia della potestà degli Schiavone, sempre un gradino sopra ai vari Michele Zagaria e Antonio Iovine, nella gerarchia del clan.
Ok, come abbiamo scritto l’alto giorno, passiamo sopra, diciamo così, per decorrenza dei termini, alla richiesta di pubbliche abiure formulate più volte dalle colonne di questo giornale in occasione delle altre elezioni comunali di Casale, quando si sono candidati parenti diretti, congiunti, stretti consanguinei dei boss o di altri malavitosi di immediato rincalzo.
Però, dato che Vincenzo Martino ha parlato degli anziani e della necessità di assisterli meglio, di star loro vicini, di migliorare la condizione, la vivibilità della terza età, avrebbe potuto almeno affermare che, nel momento in cui lui dovesse essere eletto, opererà in discontinuità con il modo in cui sono stati gestiti i servizi sociali ai tempi in cui suo fratello era un militante accanito del clan dei Casalesi. Magari senza fare nomi, avrebbe potuto quantomeno dire che quei tempi sono tramontati, ossia i tempi in cui, come ha raccontato da pentito e fatto mettere a verbale Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan, la camorra gestiva i tanti soldi dei servizi sociali attraverso uomini e persone sue, a partire dal ben noto Luigi Lagravanese; avrebbe potuto dire che il fatto di chiamarsi Martino e di avere un fratello come quello che si è ritrovato, non gli avrebbe impedito di imprimere una svolta anticiclica a quel metodo di gestione.
Ma diciamo anche che avrebbe potuto risparmiarsi il riferimento a suo fratello. Ma, quantomeno in astratto, una parola sulla discontinuità rispetto a quello che è stato un feudo conclamato della criminalità organizzata di Casal di Principe e dintorni l’avrebbe potuta pronunciare.
Non l’ha fatto e, quindi, secondo noi, Vincenzo Martino non è un candidato politicamente al di sopra di ogni sospetto.
Accanto al suo comizio, abbiamo pubblicato poi, quello di Eliana Diana. E qui non si può non riconoscere, nella considerazione duale, intesa, per i motivi illustrati prima, come unica modalità di comunicazione politico-elettorale di Casale, che siamo di fronte a un fatto nuovo.
Perché, al di là di Renato Natale, il quale fa caso a parte, in quanto, se è un personaggio al di sopra di ogni sospetto, è anche una figura (in questo caso sì) molto sfaccettata affondando le radici storiche della sua testimonianza politica in un tempo in cui l’area a cui si riferiva era capeggiata da Lorenzo Diana, nessuno, o pochissimi, avevano pronunciato parole così chiare nei confronti della malavita locale.
Conosciamo bene Eliana Diana, in quanto è stata per un paio di anni nostra collaboratrice. Ed è con noi che ha conseguito l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti, nell’elenco dei pubblicisti. Sappiamo, avendolo potuto verificare de visu, che è persona intelligente e sappiamo soprattutto, anche dal modo con cui elaborava i suoi articoli, che si tratta di una persona che gli studi li ha compiuti sul serio, sia nel contesto delle cosiddette scuole “basse”, sia in quello delle scuole “alte”, fino al conseguimento della laurea in giurisprudenza che oggi le consente di intraprendere, da praticante, il percorso della professione di avvocato.
Non necessariamente la cultura ha garantito, a Casal di Principe, una visione moderna, effettivamente emancipata, che, se è veramente tale, non può non considerare la camorra il tripudio dell’anti cultura, dell’ignoranza; non può non considerare la camorra una struttura di identità e di visione trogloditiche dell’esistenza umana.
Di giovani laureati, divenuti poi anche professionisti, ce ne sono stati. Ma, rarissimamente, o addirittura mai, la formazione culturale è diventata benzina, propellente per il cervello, al punto da capire che una vita merita di essere vissuta e spesa nel momento in cui le conquiste professionali ed economiche si connettono a uno sforzo di intelligenza, di applicazione, di assorbimento cognitivo che ti possano permettere di affermare che, siccome io valgo, allora ho successo, guadagno e, in definitiva, vivo. Noi non ricordiamo un comizio di questo genere. Le parole sono state nette e non sfumate. Eliana Diana non si è, infatti, limitata a rimandare a memoria alcune formulette che, al di là della loro configurazione lessicale, sono tanto sfumate da non valere una cippa. La Diana ha parlato di esperienze testimoniali. Ha detto di aver scelto di andare a studiare a Capua, perché a San Cipriano, finanche le occupazioni scolastiche venivano gestite strumentalmente da soggetti violenti, che alla fine avevano sfasciato mobili, suppellettili, banchi, seminando distruzione materiale e allo stesso tempo morale.
Eliana Diana ha la percezione che qualcosa sia effettivamente cambiato a Casal di Principe. E, francamente, per come si è raccontata e, anche in minima parte, per come l’abbiamo conosciuta in passato, tendiamo a fidarci più di lei o di giovani che, come racconta, la pensano come lei, che dei soliti banditori dell’anticamorrismo militante i quali, come amiamo scrivere spessissimo noi di CasertaCe, hanno fatto dell’anticamorra, dell’antimafia, il più grande indotto della camorra.
Non dobbiamo e non vogliamo essere noi quelli che distribuiscono pagelle di legalità, una parola talmente usata e talmente abusata da provocarci quasi un rigurgito di nausea, nel momento in cui siamo costretti a riversarla, anche per una sola volta, in un qualsiasi nostro articolo. Però, l’intervento di Eliana Diana è notevole e costituisce, ribadiamo, una novità su cui si potrebbe cominciare a costruire realmente qualcosina. Difficile, infatti, pensare che l’esposizione esplicita dei concetti che la candidata ha utilizzato nel suo comizio, possa considerarsi la riproposizione di un copione già noto, ossia di una abile, scaltra, luciferina forma di propaganda che nasconde una seconda faccia, una seconda modalità programmatica che considera la presentazione, o meglio, la rappresentazione pubblica di se stessi, un teatrino, una finzione scenica rispetto alle prassi costituenti il modo con cui realmente si vive e ci si comporta.
Altro non aggiungiamo, perché non vogliamo né esagerare nella critica nei confronti di Vincenzo Martino, né trasformare l’elogio di Eliana Diana in esagerazione agiografica.
Ci accontentiamo di aver riempito due nostre personalissime didascalie, provando a semplificare certi concetti e certi ragionamenti che portiamo avanti da anni e che oggi, come normalmente dovrebbe accadere, vanno comunque adattati alla funzione tempo che, di per sé, non è certo statica e inamovibile.