LA NOTA. Il presidente della Provincia Colombiano ci sfida a candidarci e ad andare in Procura. Non prenderemmo neanche lo 0,1% dei voti. E ai magistrati offriamo spunti ogni giorno
18 Luglio 2025 - 18:26

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Non si capisce per quale motivo uno che si è insediato da dieci giorni si agiti dinanzi ai nostri articoli come se stesse lì da anni e anni. Con calma, con gentilezza e spirito costruttivo gli parliamo della nostra auto da 7mila euro e del milione di euro dei motori a disposizione dei suoi figli. E ancora una volta lo invitiamo a un dialogo costruttivo non sui fatti nostri, ma sul rispetto delle leggi che alla Provincia si sono messi per anni sotto i piedi
CASERTA (g.g.) – CasertaCe sta continuando a fare ciò che ha iniziato diversi anni orsono. Analizza e legge centinaia di atti di governo, anche dell’amministrazione provinciale, e formula delle valutazioni. Questo giornale non ha la verità in tasca, però riteniamo che i nostri articoli siano sempre e comunque fondati su una ragion d’essere attivata da fatti documentali.
Se il 90% delle gare di appalti, degli affidamenti, sono ad appannaggio di imprese dell’agro Aversano, di Casal di Principe, Casapesenna, San Cipriano, Villa di Briano, Trentola, San Marcellino, Frignano (e un po’ di meno Parete perché lì ci pensa l’Ato dei Rifiuti del suo ex collega Gino Pellegrino, così come abbiamo scritto nei giorni scorsi (CLICCA E LEGGI) a ristorare le ambizioni di quelle partite IVA), cosa dovremmo dire? Che è tutto normale?
Se poi nella buona parte di questi affidamenti scoviamo connessi per parentela, per affinità, per relazioni pregresse a soggetti implicati in indagini di camorra, se la frequenza di tali aggiudicazioni cresce sempre di più, diventa espressione gratuita, eccessiva, demagogica affermare che se non sei un parente, un affine, un connesso a soggetti del clan dei Casalesi hai molte meno possibilità di lavorare come fornitore d’opera, con corrispettivi spesso milionari, dell’amministrazione provinciale di Caserta?
Di articoli simili ne avremo scritti cento, forse duecento. Nelle ultime due settimane registriamo un atteggiamento sorprendente da parte del nuovo presidente della Provincia, nonché sindaco di San Marcellino, Anacleto Colombiano, il quale si dimostra nervosissimo e impulsivo di fronte ai nostri articoli invece di sorridere serenamente anche alla dea fortuna (?) che gli ha consentito di guidare un Comune che negli ultimi due censimenti attesta la cifra dei suoi residenti a 14.900 e qualcosa, con la conseguenza che ha potuto candidarsi alla presidenza della Provincia, con la prospettiva di mantenere anche nel 2026 (quando ci saranno le comunali a San Marcellino, che vincerà ovviamente a mani basse) la conditio sine qua non della sua posizione di sindaco, dato che per i Comuni sotto i 15 mila abitanti non c’è vincolo dei due mandati.
Se un giornale scrive degli articoli, validi o meno che siano, rispetto alla linea di condotta di un ente locale, il sindaco, o nel caso di specie il presidente della Provincia appena insediato li guarda, li legge, li analizza e li fa anche strumento per verificare se ciò che scrive il giornale in questione sia vero, in parte vero, falso o in parte falso.
Dopodiché, ossia dopo aver condotto una ricognizione storica sui suoi predecessori, dice la sua, formulando una premessa del tipo: io negli anni scorsi non guidavo la Provincia e quindi rispondo di ciò che avviene dal mio insediamento. Però, a guardar bene i decreti degli anni scorsi, mi pare che CasertaCe abbia scritto un cumulo di sciocchezze.
Dopo aver asserito ciò, un presidente della Provincia non afflitto da riserve mentali spiega per filo e per segno, compiendo uno sforzo speculare a quello compiuto dal giornale (magari vanamente) nella scomposizione sillaba per sillaba degli atti amministrativi, per quali motivi gli articoli e le tesi di CasertaCe siano pieni di fandonie.
Presidente Colombiano, le sembra un discorso illogico questo? Lei al contrario si infervora, si agita e affida a Facebook il suo pensiero di improvvisato avvocato difensore di quello che è stato, visto e considerato che per l’esiguità del tempo che ha connotato l’assunzione della sua potestà, non può ancora parlare seriamente del presente né può presentare quei risultati che gli inglesi chiamano di due diligence, che le possano consentire di affermare qualcosa sul passato.
E allora, presidente, ci spiega perché si sbatte in questo modo? Una spiegazione ci deve essere. Forse perché si ritiene parte integrante di una squadra, di una cultura, di una mentalità ispirata da un vero e proprio caposcuola che di nome fa Giovanni e di cognome fa Zannini. E per questo, oltre a svolgere il ruolo di presidente ricopre anche quello di avvocato di fiducia di quel metodo, assumendo la posizione di scudo a corpo morto delle esperienze del passato, delle centinaia e centinaia di appalti aggiudicati solo a ditte dell’agro aversano, di aggiudicazioni a imprese connesse a soggetti del clan dei Casalesi, dell’abominio metodologico con cui sono stati effettuati i concorsi e le assunzioni conseguenti a quel vero e proprio tourbillon quasi circense di nani, ballerine, “figli di”, “nipoti di”, raccomandati di quinta e sesta specie, di recuperati tramite la graduatoria degli idonei e attraverso le provvidenziali convenzioni stipulate tra i comuni zanniniani e la provincia o tra i comuni zanniniani tra loro.
E’ l’unica spiegazione del perché un presidente insediatosi da dieci giorni si metta a scrivere commenti su Facebook come quelli che ha scritto.
Lei ci invita a rivolgerci all’autorità giudiziaria se siamo venuti a conoscenza di fatti criminali. Ma noi siamo giornalisti professionisti. Con la denuncia pubblica di certi fenomeni assolviamo pienamente alla nostra funzione. Il buon giornalista cerca, studia, trova e scrive. La magistratura – se ritiene – legge e – sempre se ritiene – si muove qualora abbia realizzato che in uno o più articoli di giornale siano presenti fatti da approfondire in modo da appurare se esistano nel loro corpo delle notitiae criminis.
A nostro avviso, noi abbiamo scritto un numero di articoli contenenti decine e decine di notizie di reato. Spesso la magistratura si è mossa, ma quando non l’ha fatto non è che ci ha convocati quali persone informate sui fatti, perché i magistrati sanno bene che un giornalista professionista è obbligato al segreto professionale.
Evidentemente questa dimensione classica, manualistica, scontata, anche banale, tra il giornalismo d’inchiesta e un’eventuale azione della magistratura non è molto chiara davanti ai suoi occhi. Ora glielo abbiamo spiegato. E siccome in questa prima fase noi le perdoniamo tutto, anche le corbellerie più evidenti, ci mettiamo una pietra sopra.
Seconda questione che conferma la sua scarsa conoscenza della funzione giornalistica. A sua parziale attenuante le va riconosciuto che lei, essendo un politico casertano, la ignora, forse per mentalità, perché a Caserta, anche per colpa della nostra categoria, chi scrive in un giornale viene considerato dai politici un accattone, poco più o poco meno, che può essere tacitato e controllato molto facilmente.
Lei è anche un uomo di popolo, Colombiano – suo padre ha conosciuto il lavoro duro della terra – e sicuramente conosce bene l’antico proverbio napoletano comandare è meglio che fottere. Ecco, noi la invitiamo a riflettere su questo adagio, ma sul serio. A noi piace comandare e non fottere che, poi, può essere una parola adattabile alla sfera sessuale così come a quella economica.
A noi piace comandare in un piccolo perimetro di legalità che puntiamo ad allargare sempre di più. Se il sottoscritto, come già le ho segnalato nel precedente articolo – quando lei se n’è uscito in maniera piuttosto singolare parlando delle mie residenze all’Hotel Plaza per tre notti a settimana (violando clamorosamente la privacy, ciononostante guadagnando la mia indulgenza e il mio perdono) manco fossimo all’Excelsior o al Marina Bay di Singapore – utilizza un’auto usata e pagata 7mila euro, non è perché gli manca l’intelligenza per avere i mezzi sufficienti per acquistarne una migliore, ma perché comandare è meglio che fottere.
E per comandare, nel senso di un comando morale, etico, per come lo intendiamo noi, bisogna essere credibili, essere sobri, bisogna rinunciare a molto, sin da giovani, all’obiettivo dell’arricchimento materiale, per sposare la via del sacrificio, ad esempio non trattare sponsorizzazioni con il 95% di imprenditori che operano in Campania e nel Casertano.
Perché con tutto il rispetto per lei, Colombiano, e per i suoi figili, che saranno sicuramente dei bravi ragazzi, non è che al sottoscritto – e questo può chiederlo al suo compare Zannini – mancasse la materia grigia per mettersi anche lui, alla stregua dei suoi bravi ragazzi, dentro una Lamborghini Hurricane, un’Audi RS6 Performance da 180 mila euro in su, o in una Mercedes GLS 63S AMG da 190 mila euro, prezzo minimo.
Se a vent’anni mi fossi messo di buzzo buono a coltivare queste ambizioni, ci sarei riuscito. Ho fatto una scelta differente rispetto alla sua che oggi, a circa dieci anni di distanza dall’avvento di Giovanni Zannini alla carica di consigliere regionale, le permette – buon per lei – di possedere una flotta automobilistica da quasi un milione di euro e, se ci mettiamo anche la barca, andiamo pure molto al di là.
Queste osservazioni non sono slegate dal concetto da lei espresso sul primato del popolo sovrano quale essenza della democrazia. Lei ci invita e mi invita, infatti, a candidarci, a misurarci. Ma come il sottoscritto non ha alcuna speranza, avendo compiuto quella scelta a monte che non gli consentirà mai di girare anche un solo giorno con una qualsiasi delle auto dei suoi figli, così non ha qui a Caserta alcuna speranza di raccogliere un consenso elettorale superiore alle 0,0000 periodico.
Ciò non perché questo giornale non sia apprezzato da tantissimi casertani, bensì perché la cultura, la mentalità, quella spinta che induce lei e la sua famiglia a mostrare il segno del proprio potere e successo economico in quelle supercar, crea un blocco sociale anomalo rispetto alle dinamiche di altri luoghi in cui il problema del bisogno delle famiglie, delle difficoltà professionali, sono affrontati in maniera diversa rispetto a come si fa qui a Caserta e da voi nell’agro Aversano.
Il messaggio è chiaro. Per avere successo, per contare bisogna far crescere il proprio conto in banca. Per cui il messaggio è chiaro: se siete con me, se siete con Zannini, con Gino Pellegrino, con Pasquale Di Biasio, insomma, ci siamo capiti, con tutta la compagnia, se ad ogni elezione vi genuflettete, andate a votare e poi la sera fate penitenza leggendo 5/6 articoli di CasertaCe, allora c’è qualche possibilità che vostro figlio, vostro genero, vostra moglie, la commarella potranno avere qualche incarico. Altrimenti sciò, andatevene al Nord a fare la fame.
Per cui, anche seguendo il suo ragionamento un po’ folcloristico sulla competizione elettorale che dovrebbe sostituire l’altra funzione democratica, quella della libera informazione, io e noi di CasertaCe non abbiamo alcuna speranza di varcare neppure la soglia dello 0,1%.
Ora, ritornando seri, la invitiamo ancora una volta ad accettare il confronto, ma sui contenuti dei nostri articoli. Ad esempio, abbiamo formulato un appello affinché la sua amministrazione provinciale rispetti la legge e le norme sulla trasparenza degli atti amministrativi – CLICCA E LEGGI. Dal sito della Provincia ci accorgiamo che si avvicina il momento della prima aggiudicazione definitiva di un appalto sotto la sua presidenza.
Ecco. Questo è il banco di prova, ma non per far piacere a noi di CasertaCe, bensì per dimostrare, pubblicando tutti gli atti di una gara, indicando sempre (non solo qualche volta) la società che un consorzio indica quale realizzatrice delle opere assegnate per appalto, una linea di discontinuità rispetto al passato.
Anzi, se proprio vuole stupirci con effetti speciali, si uniformi totalmente alla legge e renda pubblici atti amministrativi quando, molto ma molto spesso, aggiungiamo noi, certi lavori vengono affidati in subappalto. Ma non è una sfida tra lei e noi. È semplicemente il primo passo dei tanti da fare verso la ricostituzione di uno Stato di diritto che all’amministrazione provinciale, ma anche all’ex Consorzio Idrico e in tanti altri enti e Comuni, viene umiliato ogni giorno.
Confronto. Noi non abbiamo nulla contro di lei. Ma se lei, al contrario, ne fa sempre un fatto personale, distraendo la gente che legge i suoi commenti, vuol dire che l’obiettivo è quello di distogliere l’attenzione, sul nocciolo vero, sul fulcro reale costituito dal rispetto delle leggi di cui alla Provincia si è fatto e si fa ancora strage, come ha anche iniziato a dimostrare la magistratura inquirente.
Avendola conosciuto attraverso le parole di questi commenti, ma anche tramite il modo in cui gestisce San Marcellino, non siamo molto ottimisti. Però, presidente Colombiano, nessuno potrà dire che non abbiamo provato a discutere civilmente con lei.
Ma non dei cacchi nostri, delle nostre necessità, come lei è abituato a fare con i suoi interlocutori, ma del bene pubblico, del valore del diritto inteso quale unico cemento di una convivenza democratica.
Perché solo l’affermazione del diritto può inaugurare un cammino, che comunque sarebbe molto lungo, che possa portare al cambiamento del cervello dei cittadini di questa provincia, di cui anche il governatore Vincenzo De Luca ha una precisa immagine, nel momento in cui sta ragionando proprio in queste ore se nominare o meno un veterinario alla guida dell’ASL di Caserta.