LA NOTA. Nel Paese dei magistrati “aumma aumma”, un Tar si occupa dei rischi della criminalità autorizzata e restituisce la scorta ad Antonello Velardi
25 Giugno 2020 - 10:58
Nessuno può stupirsi di fronte a notizie come questa, dopo aver ascoltato e letto tutto quello che abbiamo ascoltato e letto sul sistema Palamara e sui magistrati raccomandati in stile “e figli so piezz e core”
Intorno al ripristino della scorta di Antonello Velardi
MARCIANISE (Gianluigi Guarino) – Cavolo, in Italia, quando pensi di aver visto tutto il peggio che il popolo “Italians” ha potuto produrre, rafforzando il marchio Dop dell’intrigo e delle oscure trame, dei poteri dello Stato deviati, ti arriva sempre in faccia un altro avvenimento che riesce ad essere finanche peggiore di quello che tu ritenevi ineguagliabile come misura del suo punto di caduta.
Siamo reduci da settimane in cui si sta consumando un altro rito dell’ipocrisia nazionale, in un Paese nel quale l’erogazione dialettica sulla cosiddetta questione morale è inversamente proporzionale alla condizione materiale della stessa.
Qualcuno fa finta anche di stupirsi, leggendo o guardando, alla Tv, ciò che è successo nella magistratura, nella quale, invece, è solo saltato il tappo dell’implosione.
Per anni e anni le toghe si sono spartite il potere con i metodi della più bieca lottizzazione, con i sistemi che di giorno sottoponevano ad occhiute indagini, il più delle volte moralistiche, e di notte, in una sorta di rito orgiastico, abbracciavano, facendone bussola per le loro carriere, ma soprattutto per il loro modo di essere, costantemente manifestato sul palcoscenico della ipocrisia più deteriore e dannosa.
L’Italia agli Italians.
L’articolo 1 della Costituzione andrebbe modificato. Perché questa Repubblica spaghettara, basata sull’aumma aumma, sulla progressione delle carriere, delle dinamiche socio-economiche, mai alimentata dalla meritocrazia ma solo dal ricorso costante alle scorciatoie della raccomandazione politica e di un assalto stabilizzato ad una diligenza da conquistare con tutti i mezzi.
Forza, qualcuno indossi il parruccone e ci dica che i moralisti siamo noi nel momento in cui diciamo che questo Paese si è determinato in quello che è attraverso uomini che corrompono e si fanno corrompere e donne che continuano ad autoconsegnarsi ad un destino di minorità, dandola chirurgicamente o anche indiscriminatamente per far carriera in politica o anche nel lavoro.
Forza, esca fuori qualcuno che voglia discutere con noi intorno a quest’ultima affermazione.
Esca fuori qualcuno che possa esprimere un’argomentazione seria, che dimostri che noi facciamo demagogia e di tutta l’erba un fascio. Esca fuori, ma a condizione che sappia almeno leggere e scrivere.
In questo crogiuolo melmoso, non ci si può certo stupire nel momento in cui l’istituto della scorta, assegnata ad un cittadino o ad una cittadina allo scopo di proteggere la sua incolumità, diventi sostanzialmente un fatto che appartiene alla potestà di un Tar.
Solo in Italia può succedere, infatti, che un organismo giudiziario che decide sulla legittimità degli atti amministrativi possa occuparsi anche di questioni strettamente inerenti all’ordine pubblico, alla criminalità, alla protezione fisica dei cittadini, che non può non essere un fatto esclusivamente devoluto all’attività, all’esperienza e alla potestà di organi di polizia, che ovviamente incrociano il loro contrappeso nel potere definitorio di alti dirigenti dello Stato, che essendo prefetti, dovrebbero avere la capacità per comprendere se esistono o meno le ragioni per spendere una vagonata di quattrini allo scopo di proteggere l’incolumità di questo o di quel cittadino.
Si dirà: queste sono le leggi e se non ti piacciono attaccati al tram.
E infatti, non a caso l’abbiamo presa alla lontana, non a caso abbiamo costruito questo nostro articolo partendo da un approccio sistemico, da ragionamenti di ordine generale.
Il buonsenso, la logica, disciplina a mio avviso sovraordinata o ogni altra, suggerirebbe di confermare ai Tar, e conseguentemente al Consiglio di Stato, tutte le sue prerogative, isolando però alcune materie in cui il Tribunale Amministrativo, nel momento in cui ravvisa l’esistenza di un vizio che rende il dato atto amministrativo non perfettamente legittimo, di dare alla pubblica amministrazione, in questo caso al Ministero degli Interni, un tempo limitato di 15 giorni/un mese, per ripristinare e aggiustare l’errore compiuto che, attenzione, non riguarda il merito della decisione, che poi il Tar decide in seguito, spesso a molti mesi di distanza, ma la struttura procedurale della stessa.
Può una struttura procedurale che è quanto di più freddo, grigio e burocratico ci sia, essere determinante in una storia in cui il Ministero degli Interni, dunque i vertici di tutte le forze dell’ordine, Polizia, Guardia di Finanza, Carabinieri, hanno affermato in scienza e coscienza e dall’alto delle loro competenze specifiche, che un soggetto può fare a meno di una scorta che lo ha accompagnato per qualche anno?
Per logica, no.
Nella dottrina Italians, invece, sì. E così, non volendoci far mancare proprio nulla, oggi leggiamo la notizia che il Tar della Campania, dove operano anche magistrati della provincia di Caserta, ha accolto l’istanza presentata da Antonello Velardi affinché siano sospesi gli effetti della decisione con la quale la Prefettura di Caserta, cioè il governo della nazione, ha deciso che il signor Anonymous, quel simpaticissimo profilo fake di Facebook che elargiva minacce all’allora sindaco di Marcianise, salvo poi scomparire in un batter d’occhio a scorta assegnata, non rappresentava più una minaccia tale da giustificare altre spese ingentissime che, aggiungiamo noi, si andavano a sommare a quelle che le casse pubbliche, nel caso di specie quelle del Comune di Marcianise, hanno dovuto fronteggiare per pagare più di 200mila euro di permessi presi da Velardi dal suo posto di lavoro a “Il Mattino”, dove era rimasto a tempo pieno (si fa per dire) nonostante fosse stato eletto sindaco di Marcianise, realizzando così un’operazione perfetta per la sua posizione economica, per quella de “Il Mattino”, che si scaricava di buona parte dell’onere di pagargli lo stipendio, pagato invece da quei coglioni di marcianisani che l’hanno pure votato nel 2016.
Quanti dei giudici del Tar hanno esperienza in fatto di scorte e di rischi derivanti dall’attività della criminalità organizzata? Nessuno.
Vabbè, abbiamo visto anche questa.