LA NOTA. Reggia di Caserta, la cappella palatina non è un centro congressi. Per quanto riguarda l’apertura dell’ultimo dell’anno…

22 Dicembre 2019 - 16:25

Caserta – (pasman) Speriamo che alla Reggia davvero non scherzino con il fuoco – viene da dire -, come farebbe pensare l’ennesimo principio di incendio delle scorse settimane e dopo il caso del settembre 2015, quando le fiamme si sprigionarono da un cavo elettrico del cantiere allestito per il lavori di sistemazione della facciata esterna del palazzo. Senza contare, ovviamente, il rogo del sottotetto del 4 novembre del 1998, che avrebbe potuto essere esiziale per il capolavoro vanvitelliano.

Anche questa volta si è sottilizzato sul fatto che l’episodio sia avvenuto in locali in uso ad una ditta terza, come se questo potesse fare la differenza. Ma il fuoco è fuoco e si propaga senza distinzioni, una volta che si è appiccato. E quindi ripetiamo la domanda che chiunque si fa: in che modo è garantita la sicurezza del monumento dal rischio di disastri del genere, anche considerata la relativa e preoccupante frequenza di infortuni di tale natura.

In foto, qui e in basso, alcuni momenti relativi al principio d’incendio alla Reggia verificatosi lo scorso 11 dicembre.

Dispiace per il direttore, Tiziana Maffei, che – per quanto abbiamo potuto studiarla, ci appare  dotata almeno di quel buon senso che da quelle parti latita da tempo – si trova a dover classicamente fare buon viso a cattivo gioco, avendo capito di avere tra le mani un apparato ed una organizzazione museale praticamente fallimentari.

E il nuovo corso che ha parzialmente impresso agli eventi c.d. in conto terzi, quelli cioè di natura più che ibrida i quali vengono ospitati nel Palazzo Reale, dopo la deriva avutasi con Felicori (il quale, a modo di un impresario teatrale, lo aveva trasformato – Borbone o non Borbone – in luogo per cerimonie e festeggiamenti) non può che farci piacere.

E capiamo che, avendoli ereditati dalla passata gestione, non abbia potuto sistemare diversamente che nella Cappella Palatina – la quale, peraltro, ci risulta concessa a titolo gratuito, salvo le spese vive – l’edizione di quest’anno della manifestazione “Maestri alla Reggia”. E anche riconosciamo che sia riuscita a negare il vestibolo, lo scalone d’onore e gli appartamenti reali alle solite manifestazioni di moda e commerciali, relegandoli nell’ala che una volta era di appannaggio della scuola della pubblicazione amministrazione. Benché sarebbe da discutere del fatto che anche tale uso non è proprio irrilevante ai fini della salvaguardia degli ambienti storici, in quanto, anche se indirettamente, devono essere impegnati con le operazioni di allestimento e le collocazioni necessarie dei locali concessi in uso.

Ma già la scelta di ospitare, sempre nella Cappella Palatina, un ciclo di incontri, del tutto nuovo, dal tema Il racconto della giustizia”,  organizzato dall’Associazione “Astrea Sentimenti di Giustizia”, sodalizio composto da magistrati e giuristi con sede a Napoli, e da Confindustria Caserta, in collaborazione con il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e la Fondazione Banco di Napoli, ci sembra, per la nostra sensibilità neppure poi tanto acuta, del tutto immotivata o comunque opinabile, riguardando un bene museale, monumentale, che non si comprende perché debba essere ridotto ad un uso tanto disparato. Senza considerare che la Cappella è persino luogo di culto consacrato – ma anche qui speriamo che si riveda tale attribuzione – in cui si è celebrata Messa, e che ciò – se questo ha un senso – dovrebbe escluderne ancor più un utilizzo buono per ogni stagione e peraltro senza un parametro credibile, che non sia la supposta influenza sociale del promotore di turno. E, come già abbiamo fatto altre volte, ci chiediamo che cosa spinga gli esponenti dell’establishment locale a voler ambire irragionevolmente alla Reggia – che dovrebbero per primi, per i loro ruoli, voler tutelare – e a non scegliere altri posti od altri ambienti più rispondenti alla natura delle proprie iniziative, che non dovrebbero aver bisogno di ostentazioni di sorta.

E qui, se ci è lecito, gentile direttore, le chiediamo: questo nuovo ciclo di incontri non poteva essere ospitato altrove che non fossero la Cappella Palatina, il Teatro di Corte o le stanze degli appartamenti reali ?

Per venire al resto, sappiamo che la Maffei sta preparando per il prossimo anno il nuovo organigramma del museo, che sconta notoriamente il grave problema dell’organico, tale sia perché esso si ridurrà a causa di un’ondata di pensionamenti e sia per la incongruità delle figure professionali in forza, frutto di assunzioni spurie e di carriere interne aselettive. Intanto, avocati direttamente a sé il settore della valorizzazione mettendo in qualche modo in disparte Vincenzo Mazzarella che storicamente lo curava e quello della comunicazione, li segue per il tramite di due giovani funzionari. Anche l’ufficio del bilancio pare che le dia qualche grattacapo siccome seguito da un semplice assistente amministrativo.

Nella foto, in primo piano il funzionario Vincenzo Mazzarella, che mostra una qual certa confidenza con le opere d’arte della Reggia.

Sul piano delle iniziative culturali, poi, l’impressione è che siamo ancora al piccolo cabotaggio, come dimostra il cartellone delle iniziative per il periodo natalizio. Tranne che le celebrazioni di un qualche rilievo per i 250 anni dall’inaugurazione del Teatro di Corte ed oltre agli eventi già promossi da alcune realtà territoriali ospiti, sembra che ci sia poco di più. Ma, d’altro canto, le capacità, al momento,  sono  quelle che, ad esempio, a luglio scorso si pensava, in occasione della festa patronale di Caserta, di esporre la statua di S. Anna in uno dei cortili della Reggia, come azione di valorizzazione del monumento.

Un esempio del Kitsch che si è sperimentato alla Reggia a causa della domanda di turistificazione a cui non si è saputo sottrarre il monumento.

Per i riflessi sull’indotto cittadino,   la decisione, a seguito delle proteste che vi sono state da parte degli operatori turistici,  con la quale il direttore Maffei ha riconsiderato la chiusura della Reggia dell’ultimo dell’anno è senz’altro importante. Ne sarà permessa la visita, almeno per la mattina. Saranno contenti gli esercenti economici  direttamente interessati, ma il segnale non è incoraggiante, ove significhi un cedimento a quel fenomeno della turistificazione che sta interessando da tempo il patrimonio artistico nazionale, che, per alcune visioni, deve fare in primo luogo business.

Infine, anche se non è il nostro mestiere, ci sia permessa un’idea  non proprio peregrina per il futuro che si prepara. La Reggia è museo di rilevanza tale che può, anzi deve, aspirare a tenere finalmente una mostra internazionale di vasto ed amplissimo rilievo, del respiro di quelle storiche che si tennero al Museo di Capodimonte su Caravaggio e prima ancora sul Settecento napoletano. E su quale argomento se non sul presepio napoletano, posto che il Re Carlo III ne aveva una predilezione tutta particolare ed amava egli stesso collocare i pastori e costruire le scene.

Gli spazi ci sono, l’impresa scientifica e logistica è ardua, ma l’obiettivo dovrebbe essere quello di portare a Caserta tutto il mondo ad ammirare una mostra antologica sui capolavori, sui gioielli, sulla scuola  della nostra arte presepiale.

E dire che non si sarebbe che secondi, poiché il museo nazionale di Monaco di Baviera vanta una raccolta permanente di presepi che abbraccia due secoli di storia, la cui sezione più importante è, ça va sans dire, quella del presepe napoletano.

Non è un caso, se, notoriamente, tra i maggiori latinisti si annoverino i tedeschi, per questa loro propensione alla cultura in tutte le sue espressioni.

Che possa essere la volta buona ?