LE FOTO. CAPUA. Fiat lux e d’incanto si accendono le luce nel gazebo della vice sindaca Marisa Giacobone e di Zenga. Un miracolo o un filo malandrino calato nelle fognature con il pannello solare per depistare?
13 Gennaio 2025 - 14:51
Fino a prova contraria questo non è accaduto, ma la circostanza, unita ai precedenti, consiglia prudenza. Magari un sopralluogo del vigile urbano Salvatore Rapido Ragozzino, già cognato di Franco Zenga ed estensore della relazione che ha consentito che il bar del numero due dell’amministrazione comunale della città di Capua di ricevere l’autorizzazione per occupare il marciapiede pubblico, potrebbe aiutare a capire
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CAPUA (g.g.) – Nell’estate scora un nostro articolo ha provocato un fatto. Un innegabile fatto. Scusateci la banalità ma i fatti sono fatti e le parole stanno a zero. Un bel giorno abbiamo scritto la notizia di un inquietante e anche pericoloso filo che pendeva da un albero sulla riviera Volturno e per via aerea si poggiava allo stabile dove si trova il bar Giacobone, attività di famiglia della vice sindaca Marisa Giacobone di cui la stessa insieme alla madre e alla sorella di cui è socia
Due giorni dopo quel filo scomparve. Non avemmo il tempo, perciò, di avere la prova matematica che quel filo trasportasse corrente elettrica utilizzabile per l’attività dell’ormai famosissimo gazebo che il bar Giacobone, ha insediato con tanto di attrezzature, arredi utili per la somministrazione e complementi di arredo, sul marciapiede pubblico, ossia di proprietà, in quota parte, di ogni cittadino capuano.
Se quel filo fu rimosso è perché il nostro articolo convinse, evidentemente, la vice sindaca Marisa Giacobone e il suo pacatissimo marito, Carmine Zenga, che quell’attrezzo fosse assolutamente illegale. La cosa ci fece piacere e riconoscemmo ai coniugi, alla sorella della vice sindaca, e alla madre di entrambe l’atto di resipiscenza e di riconoscimento sostanziale di un grave errore effettuato
Due o tra sere fa, però, il gazebo, chiuso da teloni trasparenti di materiale plastico, installati per ripararli dal freddo si è improvvisamente illuminato. Miracolo?
Lampadine che si accendono senza un’erogazione di energia? Un generatore di corrente installato da qualche parte in zona? Oppure ancora un’installazione repentina di qualche pannello ad energia solare, di questi tempi energizzerebbe ben poco visto che il solo è diventato un optional e quando c’è, più di 10 -11° non li sviluppa mai? Se si è trattato di un miracolo e allora sia fiat lux, ci troveremmo di fronte a quelli che sono definiti dalla dottrina cristiana gli imperscrutabili disegni del divino che può anche premiare i peccatori perché su di loro ha dei disegni esattamente sovrapponibili a quelli che il papà del perdono aveva sul suo figliol prodigo e che facevano incazzare l’altro fratello, quello buono e obbediente che non capiva affatto perché bisognasse macellare addirittura un vitello grasso per il ritorno a casa del peccatore. Magari la voce sindaca Giacobone non ha notizia ufficialmente e trasforma il suo bar e il suo gazebo in un santuario, e allora altro che soldi quel locale diventerebbe una nuova San Giovanni Rotondo e una nuova Pietrelcina
Per quanto riguarda il generatore ci siamo mossi felpatamente nei pressi e non ne abbiamo trovato traccia anche perché, se un generatore ci fosse stato da questo sarebbe dovuto partire un filo a meno che non sia uscita qualche diavoleria della domotica che con un impulso wi-fi rechi l’energia dal generatore alla lampadina. Difficile che questo sia accaduto. E veniamo all’energia solare. Dopo la serata di venerdì e di sabato a cui si riferiscono le nostre foto, ieri, è comparso un pannellino su uno dei lati del tetto del Gazebo. Al che viene da chiedersi: ammesso e non concesso che il pannellino abbia cominciato a funzionare ieri, domenica, il gazebo com’è stato illuminato venerdì e sabato? C’è un’ultima ipotesi che tendiamo a scartare con la formula che comunque evoca un dubbio cioè “fino a prova contraria”. Mettiamo che, nottetempo, qualcuno abbia fatto attraversare, da un filo di corrente, il tratto stradale che va dal bar Giacobone al gazebo installato, ripetiamo, sul marciapiede pubblico, calando il filo nella rete fognaria magari conscendo di questa l’andamento attraverso una planimetria, arrivata con un secondo miracolo e dunque sollevata dallo Spirito Santo da uno scaffale o da una cartella informatica dell’archivio dell’ufficio tecnico comunale o magari, sempre lo Spirito Santo, dall’archivio digitale del servizio o acquedotto Antonio Fiore che la rete fognaria di Capua gestisce da decenni.
Sempre fino a prova contraria, al riguardo, rappresenta solo una coincidenza quello che è un dato di fatto e cioè la sostituzione di alcune mattonelle del marciapiede e la riparazione di uno dei paletti che insistono nella zona con apposita risistemazione di una delle fioriere di cui il bar Giacobone è proprietario. Ma noi riteniamo veramente impossibile questa ipotesi perché la Giacobone e suo marito Carmine Zenga hanno dimostrato di avere una concezione della legge un po’ fru fru, un po’ relativizzata, ma non sono certo degli scemi. Magari non conoscono precisamente le norme come le conosciamo noi ma sanno bene che calare dei fili elettrici al di sotto della rete stradale pubblica integra una lunga serie di risvolti, di conseguenze amministrative e penali.
Violazioni amministrative:
1) art. 25, comma 1, del CDS – €. 866 (attraversamento abusivo mediante cavo elettrico nel sottosuolo della sede stradale);
2) art. 21, comma 1, del CDS – €. 866 (esecuzione di opere abusive sulla sede stradale);
3) art. 15 del DM 37/2008 – da €. 100 a euro 1000 con riferimento all’entità e complessità dell’impianto, al grado di pericolosità ed alle altre circostanze obiettive e soggettive della violazione (impianto non a norma);
4) art. 20 CDS – €. 173 (occupazione abusiva del suolo pubblico con il cavo);
E ora passiamo al diritto penale:
1) artt. 633 e 639 bis c.p. (invasione di suolo pubblico mediante attraversamento col cavo) punibile con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 103 euro a 1.032 euro.
2) art. 635, comma 2, cod. pen. (danneggiamento cordolo e basolato del marciapiede); punibile con la reclusione da sei mesi a tre anni(
3) art. 44, comma 2 bis, del DPR 380/01 (esecuzione di lavori di impianto tecnologico in assenza di autorizzazione);
4) art. 433 cod. pen. (comportamento idoneo a creare una condizione di pericolo derivante da tale impianto) punibile con la reclusione da uno a cinque anni.
Ora, è vero che i coniugi Giacobone Zenga hanno nella loro testa un codice della strada tutto particolare visto che continuano a violare, come abbiamo scritto e dimostrato in decine e decine di pezzi giornalistici, l’articolo 20 comma 3 n. 3 che li obbligherebbe a non occupare più del 50 % della superficie del marciapiede, e che prevede l’occupazione solo in adiacenza di fabbricato, circostanza non resa chiara da un’autorizzazione del SUAP, scritta malissimo come pure segnalato più volte. Carmine Zenga è pur sempre sotto processo per minacce finalizzate a impedire che un vigile urbano svolgesse un pubblico servizio ossia quello di controllare la regolarità delle attrezzature del bar di famiglia e non crediamo sia tanto pazzo di aver tentato la strada del filo sotterraneo dopo aver provato, invano, quella del filo aereo.
Comunque, senza girarci troppo intorno ulteriormente, l’autorizzazione per l’utilizzo di quel marciapiede fu frutto di una relazione stesa dal vigile urbano Salvatore Rapido Ragozzino, già cognato di Francesco Zenga, fratello di Carmine e dunque cognato della vice sindaca. Per cui il neo comandante Felice Mollo dovrebbe inviare proprio Rapido Ragozzino, magari accompagnandolo di persona, sul posto per capire se sia successo o meno qualcosa di strano nelle fogne prospicienti al bar Giacobone.
Vabbè vedremo cosa succede