Le regole del Tfr: breve storia della liquidazione

17 Marzo 2020 - 10:02

Quando parliamo di TFR, ovvero di ‘Trattamento di fine rapporto’, stiamo facendo riferimento a quella che nel linguaggio comune viene definita ‘liquidazione’ o ‘buonuscita’. Si tratta di una somma di denaro che viene corrisposta al lavoratore nel momento stesso in cui cessa – per qualsiasi motivo, dal licenziamento alle dimissioni – il suo rapporto di lavoro. Parte della retribuzione spettante al lavoratore, nel corso degli anni, viene accantonata con l’obiettivo di essere erogata poi completamente quando si chiude il rapporto.

Il concetto di TFR è stato concepito quasi cento anni fa, quando nell’aprile del 1927 i suoi contorni si iniziarono a delineare grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che stabiliva (per la prima volta) come il lavoratore maturasse il diritto a ottenere, in caso di licenziamento senza sua colpa, un’indennità direttamente proporzionata con gli anni di servizio e dovuta anche in caso di morte. Nel maggio del 1982 la precedente disciplina è stata oggetto di riforma. L’indennità di anzianità a fine rapporto venne sostituita proprio dal TFR: fino a quel momento si faceva il calcolo in base al prodotto dell’importo dell’ultima retribuzione mensile per gli anni di servizio prestati. Venne inoltre istituito presso l’Inps un Fondo di garanzia nazionale, proprio a tutela di questo strumento, al quale possono rivolgersi i lavoratori nel caso in cui le relative imprese vengano dichiarate fallite o insolventi.

Come
si calcola e in cosa consiste

Alla disciplina relativa al TFR sono assoggettati i lavoratori che operano sia nell’ambito del settore privato che in quello pubblico, limitatamente a quelle specifiche categorie che rientrino nel ‘pubblico impiego contrattualizzato’ assunti dal 2001 in poi. Con una precisazione che sarà utile fare, in merito alla possibilità per il lavoratore di fare richiesta per la cessione del quinto dello stipendio: generalmente la presenza del TFR viene indicata ed è necessaria come garanzia per il prestito. Non bisogna dimenticare che, però, anche in sua assenza è possibile ottenere la cessione del quinto e lo spiega nel dettaglio questa guida

di Cessionedelquintofacile.com.

Come può non esserci il TFR? Ad esempio perché è già stato richiesto un anticipo sulla liquidazione (servono almeno 8 anni di servizio) oppure perché si sceglie di impiegarlo in relazione ad altri debiti. Nel caso in cui si sia stati assunti da un tempo ridotto, il TFR potrebbe infine non essere sufficientemente ampio. Per capire come si calcola il TFR occorre fare mente locale sul fatto che – in genere – la retribuzione base per il relativo calcolo è composta da una lunga serie di elementi retributivi la cui natura è normale, tipica e ripetitiva nel rapporto di lavoro, provvigioni, premi e partecipazioni, aumenti periodici di anzianità, superminimi, maggiorazione turni e così via. Quanto al conteggio del Tfr, esso avviene sommando per ogni anno lavorativo una quota che è pari alla retribuzione, dovuta per l’anno, divisa per 13.5.

Facciamo infine una distinzione tra concetti spesso confusi: retribuzione differita e retribuzione corrente. La prima – esattamente come la seconda – viene a maturare ciascun mese, però diversamente da quella corrente viene corrisposta successivamente. Un esempio classico è proprio la liquidazione: ogni mese viene fatto un accantonamento, ma è solo alla fine del rapporto di lavoro che viene riconosciuta.