L’EDITORIALE. A Casal di Principe il 2 settembre le ruspe abbatteranno la casa abusiva di un “vinto”. Forza, tribuno Renato Natale, dia un senso al primato della politica

5 Agosto 2021 - 19:30

La nostra riflessione prende spunto da una lettera accorata, scrittaci da Aniello Stabile, uno dei 6mila cittadini che vivono in case abusive in quello che è stato il regno incontrastato del clan dei Casalesi. Le ragioni indiscutibili e inemendabili della funzione giudiziaria e l’esigenza, spesso tradita, di un contrappeso da realizzare con azioni di governo del territorio

 

 

CASAL DI PRINCIPE  (gianluigi guarino) Aniello Stabile è uno dei tanti cittadini di Casal di Principe che abita da molti anni in una casa abusiva. In questi casi è sempre difficile costruire l’impalcatura di una ragione che possa prevalere su un’altra ragione. Ed è difficile anche quando sarebbe apparentemente agevole individuare nella legge, nella necessità del suo rispetto intransigente, nel suo primato di strumento di regolamentazione sociale che prevale su ogni ragione individuale. Perché una cosa è scrivere questo concetto in un articolo, in un libro; un conto è pronunciare queste parole in un convegno, altra cosa è manifestarle di fronte a chi soccombe al cospetto della legge. Guardate, chi sta bene con la tasca, chi ha i soldi non avrà certo il problema di affrontare la prova di ricostruire una propria residenza materiale dopo che lo Stato e il suo ordinamento avranno ricostituito le norme violate. Il problema riguarda le persone con pochi mezzi. Per carità, nessun tipo di approccio pauperistico o comunisteggiante. La cosa va ragionata in maniera più seria: questi sono i nuovi vinti. E’ letteratura, è un nuovo racconto che va a riesumare a più di un secolo di distanza i quadri oleografici, ma maledettamente efficaci, di “Mastro Don Gesualdo” e delle altre opere di Giovanni Verga. Per cui, se la Procura della Repubblica non può fare altro rispetto a quello che ha deciso, procedendo all’abbattimento e dunque ad una ricostituzione di un sistema che non può premiare l’abuso, è assolutamente necessario e doveroso che altri poteri dello Stato riescano a trovare, mai come in questo caso agendo da contrappeso istituzionale, un modo per riconoscere la ragione di Aniello Stabile e della sua famiglia. Da un lato, dunque, la magistratura deve applicare le leggi, senza se e senza ma, dall’altro la politica quando si esprime attraverso la funzione esecutiva, legislativa, consultiva, di indirizzo deve trovare una casa a Stabile e alla sua famiglia. Ma lo deve fare oggi, perché il 2 settembre le ruspe arriveranno a cancellare giustamente l’abuso. Ma questa persona di Casal di Principe che nella lettera scrittaci racconta la sua storia originale, per certi versi sorprendente, quella di un vinto in terra di camorra, dove l’economia sommersa ha saputo anche diffondere il privilegio della ricchezza, tra chi camorrista non è mai stato, questa persona non può andare a dormire con sua moglie e con i suoi figli dentro a un’automobile. Sappiamo bene, perché ne abbiamo anche scritto in passato, che il sindaco Renato Natale si sta adoperando per cercare delle soluzioni. Ma il 2 settembre si avvicina e la possibilità di utilizzare dei vani all’interno di un bene confiscato diventa una chimera, almeno in una proiezione di breve termine.

Noi seguiremo la vicenda degli abbattimenti di Casal di Principe partendo dalla posizione che abbiamo sviluppato in questa riflessione. Quando quelle case in cui abitano, stando al racconto di Stabile, circa 6mila cittadini, venivano edificate nel disprezzo delle leggi, un molto più giovane Renato Natale a cavallo della sua bicicletta osservata e spesse volte denunciava. La stessa persona, una volta indossata la fascia di sindaco, ha dovuto necessariamente affrontare il nodo della complessità, la questione degli equilibri tra ragioni confliggenti rispetto alle quali, ripetiamo, è difficile, spesso penoso stabilire quella prevalente sull’onda dell’antico detto latino, coniato da un popolo che duemila anni fa aveva capito molto di più di quanto noi abbiamo capito in questa epoca “dura lex, sed lex”.

Il potere giudiziario non può fare cose diverse da quelle che sono scritte nella nostra Costituzione. Non lo può fare, né in eccedenza, così come è successo per lunghi anni quando molte toghe hanno interpretato politicamente la loro funzione, invadendo il campo dei poteri esecutivo e legislativo, ma neppure in deficienza, mettendo davanti una matrice compassionevole che ugualmente non appartiene all’impianto costituzionale della funzione giudiziaria. A quella deve badare la politica e forse oggi Renato Natale si accorge che la politica, se la si vuol fare seriamente e con spirito costruttivo, è roba ben diversa da quella retorica e comiziale che comodamente ha interpretato per anni e anni. A lui il compito di trovare nei contenuti della funzione esecutiva, così come questa è prevista dalla Costituzione, il modo per aiutare Aniello Stabile, la sua famiglia e tutti quelli che dopo vent’anni si vedranno abbattuta la loro abitazione su cui comunque hanno speso tantissimi soldi.

Forza, tribuno Renato Natale. Ora lei ha la possibilità di dimostrare di essere un vero uomo di governo e di dare anche un senso al cosiddetto “primato della politica” che significa una cosa molto semplice: è la politica, al di fuori delle funzioni tecniche di tipo costituzionale a dover realizzare la sintesi tra le medesime e la corretta, attenta, avveduta lettura nel racconto delle vite dei propri concittadini avendo sempre davanti l’obiettivo di eliminare dalle stesse i patimenti più gravi e di migliorarne il livello.

Qui sotto il testo integrale della lettera scrittaci da Aniello Stabile e che contiene la dichiarazione anche di Franco Zippo, referente per Caserta del Coordinamento dei Comitati a Difesa del Diritto alla Casa della regione Campania.

“Aniello Stabile, classe 1985, sposato con figli a carico. Non ha una qualifica né un lavoro: mantiene la famiglia con quel poco che gli arriva dallo Stato. Dal 2 settembre 2021 non avrà nemmeno più una casa: la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha emanato un ordine di demolizione per l’immobile che con sacrifici ha lentamente rifinito. Il sindaco di Casal di Principe Renato Natale non riuscirà a trovare un alloggio alternativo per Aniello e la sua famiglia. Aniello ha vissuto tutta l’infanzia con papà Tommaso, mamma Angelina ed i tre fratelli in uno scantinato nel palazzo della nonna “Dormivamo tutti in una stanza, il bagno era nel cortile. C’erano pochi soldi ma tanto amore: mamma e papà non ci hanno mai fatto mancare nulla” ci racconta Aniello “Nel 2000 la nonna è morta e gli zii ci hanno cacciati di casa, mamma e papà hanno deciso di investire i pochi risparmi che avevamo in un terreno alla periferia di Casal di Principe: papà voleva che darci un tetto sicuro dove metter su famiglia, senza la paura di essere cacciati di casa da un giorno all’altro. E poi… Io e Rita ci siamo sposati nel 2015, dopo 8 anni di fidanzamento” continua con l’amore negli occhi Aniello “Dopo poco è arrivato il piccolo Tommaso: gli abbiamo dato il nome di mio padre perché speriamo che diventi un uomo tutto d’un pezzo, come il nonno”. Pochi mesi fa arriva l’ordine di sgombero: Aniello non lavora, ha due figli piccoli e non sa dove andare. Si rivolge al sindaco Renato Natale: l’amministrazione stanzia i fondi per rendere abitabile un bene confiscato alla camorra ma ci vuole qualche mese per terminare i lavori. Il giudice non vuole aspettare, non sente ragioni: il 2 settembre le ruspe arriveranno a Casal di Principe e demoliranno casa Stabile, sbattendo per strada due famiglie con 4 minori a carico”. “Il sindaco sta provando ad aiutare le famiglie Stabile, conosce la loro situazione economica e la fragilità che vivono.” ci dice Fabio Zippo Cipriano, referente per Caserta del Coordinamento dei Comitati a Difesa del Diritto alla Casa della regione Campania “Ma il tempo stringe e se il governo Draghi non interverrà immediatamente per fermare le ruspe, altri 200 nuclei familiari finiranno per strada solo a Casal di Principe: dove metteremo questo esercito di senza tetto?”