L’EDITORIALE. Gli ultimi casi: Infrastrutture di Casapesenna alla Provincia e i Bretto ad Aversa. Mai tante imprese uscite dal cappello di Zagaria, Sandokan e compagnia avevano dominato il sistema degli appalti pubblici nel casertano

8 Ottobre 2023 - 13:25

Ne abbiamo scelti tre, i più recenti, ma nell’ultimo anno, consultando il nostro archivio, ne troverete decine e decine. Queste cose andrebbero raccontate al neo procuratore di Napoli Gratteri, a cuii (naturalmente) questo articolo non sarà fatto leggere

di Gianluigi Guarino

Ci piacerebbe aprire un dibattito sereno, finanche docile per quel che ci riguarda, con le istituzioni della nostra provincia e con i nostri lettori perché, magari, da questo andremmo ad acquisire degli elementi che ci convincano che tutto ‘sto casino che stiamo facendo sugli appalti dell’amministrazione provinciale di Caserta (ma non solo) sia frutto realmente di un’antipatia personale che ci rende, dunque, dei pessimi giornalisti, da noi nutrita nei confronti di Giorgio Magliocca, di Marcello De Rosa, di Giovanni Zannini, di Alfonso Golia, di Franco Biondi, di Carlo Marino eccetera.

Perché può anche darsi che sia così, ma riteniamo di avere quantomeno il diritto che qualcuno ce lo spieghi, ce lo dimostri.

Ce lo dimostri che cento-centocinquanta affidamenti, finiti negli ultimi mesi nelle mani di imprese dell’agro aversano – la maggior parte delle quali concentrate nei comuni di Casapesenna, cioè quello del consigliere provinciale delegato alla viabilità e sindaco, Marcello De Rosa, ma anche di quelli San Cipriano, di Casal di Principe – non

significhino proprio nulla e che questa sia comunque una dinamica che si dipana in un contesto di trasparenza.

Siamo disposti a fare mea culpa, a cospargerci la testa di cenere, ad ammettere che queste vicende non siano nemmeno degne di menzione.

Ma prima di operare questa svolta, abbiamo il diritto che qualcuno vada a dimostrarci perché non meritino neppure un confronto in contraddittorio affidamenti da centinaia e centinaia di migliaia euro i quali, messi insieme, significano milioni e milioni di euro, assegnati dall’amministrazione provinciale all’impresa del cugino di Fabio Oreste Luongo, considerato (non da noi, dalla Dda) un esponente di spicco del clan dei Casalesi; un affidamento a Gino e Francesco Martino, presenti nell’ordinanza Medea e da noi “visitati” a suo tempo nella richiesta di applicazione di misure cautelari, poi respinta dalla Camera dei Deputati, nei confronti di Carlo Sarro, titolari di un’impresa, la Infrastrutture srl, reduce da un’interdittiva antimafia e da un lungo periodo di applicazione dell’istituto del “controllo giudiziario”, consistente nel dover riferire e dar conto al tribunale su ogni attività societaria e imprenditoriale, nel rispetto della legge antimafia del 2011.

Ci devono dimostrare che è tutto normale e anche perché nulla ci azzecchi il fatto che l’esplosione di questi affidamenti, questa concentrazione territoriale senza precedenti non abbia alcuna connessione con la legge di riforma del codice degli Appalti, ultimo anello di una catena inaugurata dai decreti anticovid, pandemia che ha fatto il male di tanti, ma anche il bene di certe imprese, di certi dirigenti degli uffici tecnici, di certi rup, di certi professionisti e di certi politici.

Parliamo di una riforma che ha trasformato – nel nostro territorio – questi affidamenti in una vera e propria barzelletta, con le solite 10/15 ditte invitate che, poi, sono sempre le stesse, e con epiloghi rappresentati immancabilmente o da micro ribassi nell’ordine dello zerovirgola, uno o due percento, oppure da macroribassi del 38%, come nell’ultimo caso (CLICCA E LEGGI) e in altri citati da questo giornale negli ultimi due anni.

Andrebbe, poi, valutata la vita successiva di questi affidamenti, impiantando un periscopio allo scopo di controllare 24 ore su 24, e senza distrarsi soprattutto a Natale, Capodanno e Ferragosto, quante varianti in corso d’opera saranno approvato e se queste andranno a coprire in tutto o in parte il macro ribasso che ha consentito di aggiudicarsi i lavori.

Abbiamo formulato solo due esempi di tantissimi relativi alla dinamica procedurale dell’amministrazione provinciale dove, ormai, è diventata un personaggio mitologico la signora Anna Corvino, ottantenne, da Casal di Principe, amministratrice unica della gettonatissima Società cooperativa Impregroup, con sede a Lago Patria. Una signora attempata di cui, solo per carità di (Lago) Patria, non andiamo a controllare la biografia delle sue esperienze – si fa per dire – vissute nel settore dell’Edilizia.

E allora ditelo, urlatelo pure, ma dovete prima dimostrarlo che tutto quello che scriviamo e affermiamo scaturisca da un un astio personale nei confronti dei signori Alfonso Golia, sindaco di Aversa, del suo vicesindaco, Marco Villano, dell’ottimo Giovanni Innocenti, di Francesco Sagliocco e di suo padre, Luciano, dell’altro fine facitore degli uffici tecnici, l’ingegnere Raffaele Serpico.

Sì, siamo pronti a chiedere scusa a tutti, finanche al signor Emilio Chianese di Trentola Ducenta, suocero e organico all’immobile in cui abita il sindaco Golia. A quel signor Chianese indagato, inquisito per reati di camorra.

Siamo pronti a recarci in pellegrinaggio verso la residenza di San Cipriano dei fratelli Antonio e Livio Bretto, diretti congiunti di Immacolata Bretto, prima moglie di Antonio Bardellino, mica pizza e fichi, e chiamati in causa da diversi pentiti, in primis da Nicola Schiavone.

Ce lo dovete dimostrare che si sia svolta in una condizione di specchiata trasparenza la gara con base d’asta da due milioni di euro, aggiudicata poi a 1.6 milione, lievitati poi a un milione e otto (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO), alla IBI, impresa della famiglia Bretto, che oggi, 6 ottobre, è una srl con capitale sociale di 12 mila euro, con il socio unico  Giuliano Di Fuccia, futuro genero di Livio Bretto, che ricopre anche la carica di amministratore unico, e un solo dipendente che CasertaCE (e non diciamo per scherzo) ne ha di più.

Noi siamo pronti, ingegnere Serpico, siamo pronti ad inginocchiarci, magari sui ceci e finanche su schegge di vetro appuntito, al cospetto della seggiola rossa che il sindaco Golia vuole attivare nei colloqui di prossimità dentro e attorno la palazzine popolari di rione San Lorenzo per la campagna elettorale.

Mai. Neanche ai tempi della dittatura di Francesco Schiavone, Antonio Iovine e Michele Zagaria si era vista una tale concentrazione di affidamenti a ditte dell’agro Aversano. Mai. E se questo fosse successo, si sarebbe scatenato il finimondo.

Mai, caro neoprocuratore di Napoli, Nicola Gratteri (ma sappiamo che questo articolo non glielo faranno leggere mai), quel mondo degli assegni cambiati, del riciclaggio di danaro sporco, dei tanti articolo 648 bis contestati e poi sfumati, aveva avuto un tale potere nell’economia di Caserta.

Queste imprese hanno i soldi che hanno portato con sé da quel tempo in cui il mercato, le sue regole, la sua concorrenza venivano manipolate con le modalità che tutti conosciamo. Ditte che oggi possono contare, grazie a quel portato, su un improprio vantaggio competitivo che consente loro di aggiudicarsi a mani basse ogni procedura di affidamento, con il “gentile contributo” ad adiuvandum della riforma del codice degli Appalti realizzata dal governo che ritiene, forse, di amministrare la Svizzera o la Svezia.